Martedì 29 Marzo 2005 - Libertà
Verdi per l'onore e per la patria
Lirica al Municipale - Oggi alle 15.30 l'anteprima della "Battaglia di Legnano", regia di Ambrosini. Con Servile, Pellegrino e Casanova, Fogliani dirige la Toscanini
"La battaglia di Legnano" di Giuseppe Verdi, oggi in anteprima per studenti e anziani alle 15.30, sarà rappresentata al Municipale in "prima" giovedì alle 20.30 per il turno A di abbonamento, con repliche domenica 3 aprile alle 15.30 (fuori abbonamento) e martedì 5 aprile alle 20.30, per il turno B di abbonamento. Si tratta di un riallestimento dell'opera che andò in scena nel '99. La rappresentazione, proposta nell'ambito della stagione della Fondazione Toscanini, schiera una compagnia di canto di notevole caratura.
In scena: il tenore Francisco Casanova (Arrigo, guerriero veronese), il baritono Roberto Servile (Rolando, duce milanese), il soprano Katia Pellegrino (Lida, sua moglie), il soprano Giovanna Beretta (Imelda, ancella di Lida), il basso Riccardo Zanellato (Federico Barbarossa), il basso Roberto Tagliavini (Primo console), il basso Tuncay Kurtoglu (Secondo console), il basso Carlo Di Cristoforo (Podestà di Como), il baritono Pietro Terranova (Marcovaldo, prigioniero alemanno), il tenore Giovanni Maini (Araldo). Alla guida dell'Orchestra Toscanini il maestro Antonino Fogliani, mentre Corrado Casati dirige il Coro del Municipale. La regia è del piacentino Flavio Ambrosini, scene e costumi di Carlo Savi, luci Fiammetta Baldiserri.
Con questo riallestimento torna al Municipale un'opera verdiana di rarissima rappresentazione (povera è anche la sua tradizione discografica e scenica in epoca moderna) che, già nel '99 si affermò per lo sforzo produttivo e per l'originalità della scelta del titolo, come un evento destinato a fare parlare a lungo di sé la comunità dei melomani piacentini.
Sarà interessante fare un confronto tra queste due Battaglie piacentine (qualche cantante è ancora nel cast: Servile e Zanellato, per esempio), il cui rapido avvicendarsi è, probabilmente, un evento più unico che raro sulle scene liriche internazionali.
Per il momento, conta soprattutto chiarire un punto: perché la Battaglia, che si vale di un libretto di Salvatore Cammarano (il poeta napoletano che aveva firmato i versi di Lucia di Lammermoor per Donizetti e che, per Verdi, firmerà quelli del Trovatore) ispirato, molto liberamente, alla tragedia "La bataille de Toulouse" di Joseph Méry, e che andò in scena per la prima volta il 27 gennaio 1849 al Teatro Argentina di Roma, non è mai entrata stabilmente in repertorio? E' forse un lavoro imperfetto, non riuscito, da ascriversi nel numero di quelle che il grande critico Massimo Mila chiamava "opere verdiane avariate"?
La risposta, secondo molti critici e storici della musica, è "no": pur penalizzata dall'assenza di arie o cori "di successo" e dal fatto che gli elementi drammatici individuali (i personaggi sono caratterizzati molto finemente) sono giustapposti in modo un po' meccanico alle grandi scene d'insieme, La battaglia di Legnano è frutto del genio di un maestro di drammaturgia musicale sulle scene da 10 anni e prossimo alla piena maturazione della propria personalità creatrice (Rigoletto arriverà di lì a due anni, Traviata e Trovatore , di lì a quattro). Nella Battaglia, Verdi mette largamente a frutto le esperienze delle sue migliori opere precedenti: il respiro da "kolossal" è quello di Nabucco e Attila, ma la drammaticità della scrittura vocale e strumentale è quella, del tutto nuova, inaugurata con la sconvolgente novità di Macbeth.
In più, il compositore inizia a spargere qui i semi di quelle armonizzazioni sofisticate e di quella sensualità orchestrale di tipo "francese" che Verdi aveva iniziato ad assorbire nel suo soggiorno parigino. Va ricordato che lo stesso Verdi credeva in quest'opera al punto di tentarne, senza fortuna, un rifacimento negli anni '50 con la collaborazione di Leone Emanuele Bardare).
E allora perché la Battaglia non si è mai affermata stabilmente sulle scene? L'unica ragione plausibile sta nella sua natura di "instant-opera" fortemente legata agli eventi politici del tempo: questa "tragedia lirica" ispirata alla vittoriosa lotta dei Comuni dell'Italia Settentrionale contro l'impero di Germania (un evento storico che, prima di essere riletto, in questi ultimi anni, in chiave "federalista", era sacro al patriottismo italiano del Risorgimento) fu infatti scritta e rappresentata sull'onda dell'emozione per le Cinque Giornate di Milano e per la Prima Guerra di Indipendenza (tanto che la Storia vi viene manipolata senza riguardo, al punto di immaginarsi un Barbarossa ucciso a Legnano).
E anche la più memorabile delle rappresentazioni moderne, quella che inaugurò la stagione '61-'62 della Scala (diretta da Gianandrea Gavazzeni con un cast stellare: Franco Corelli, Antonietta Stella, Ettore Bastianini), era legata, a suo modo, a un'occasione "risorgimentale": il centenario dell'Unità d'Italia. Ecco la trama dell'opera.
Atto primo:
Egli vive!
L'azione si svolge a Milano, nel 1176. Arrigo e Rolando, guerrieri della Lega Lombarda, si ritrovano per difendere la città dal Barbarossa. Rolando è accompagnato dalla moglie Lida, in passato amante di Arrigo. Lida è folle di gioia nel rivedere, accanto al marito, l'amato di un tempo: lo aveva creduto morto e solo per questo aveva sposato Rolando. La gioia e la commozione di Lida, però, si trasformano in dolore quando Arrigo, rimasto solo con lei, rifiuta ogni spiegazione e la accusa di averlo tradito.
Atto secondo:
Barbarossa
Rolando e Arrigo, ambasciatori della Lega a Como, tentano inutilmente di convincere i cittadini comaschi a unirsi a loro. L'imperatore di Germania Federico I, detto Barbarossa, tratta con disprezzo gli ambasciatori e promette alla Lega una spaventosa vendetta militare, se le città lombarde non si pentiranno della loro ribellione e non si sottometteranno a lui. Gli ambasciatori non replicano alle minacce di Barbarossa: sarà guerra, e sarà il campo di battaglia a far valere le ragioni dei contendenti.
Atto terzo:
L'infamia
Marcovaldo, un prigioniero germanico che insidia Lida, intercetta una lettera di quest'ultima ad Arrigo, in cui la donna, in nome dell'antico amore, chiede al guerriero di non unirsi ai Cavalieri della Morte e di vivere per affetto verso la madre. Marcovaldo consegna la lettera a Rolando, che accusa di tradimento la moglie e l'amico e lascia la stanza chiudendo la porta a chiave. Arrigo, rimasto prigioniero, decide di evitare l'infamia della diserzione: fugge, saltando dalla finestra, per andarsi a unire ai soldati di Verona, Brescia, Novara, Piacenza e Milano che si accingono a battersi contro le truppe imperiali a Legnano.
Atto quarto:
Morire per la patria!
Il popolo dei Comuni ribelli esulta: la battaglia di Legnano si è conclusa con il trionfo della Lega e con la disfatta dell'Impero; lo stesso Barbarossa è caduto sul campo, colpito a morte da Arrigo. Ma anche Arrigo è stato ferito in un modo che non lascia speranza: l'eroe, morente, viene portato a braccia davanti agli altri guerrieri, scortato da un gruppo di guerrieri guidati da Rolando. Ed è proprio all'amico di un tempo che Arrigo, in punto di morte, si rivolge, giurandogli che Lida è innocente e supplicandolo di poter riavere la sua stima. Colpito dagli accenti di sincerità di Rolando e commosso dalle preghiere della moglie, Rolando porge la mano all'amico, che spira baciando il Carroccio, il simbolo dei Comuni della Lega.
Alfredo Tenni