Venerdì 25 Marzo 2005 - Libertà
Il fascismo? C'era già all'epoca di Napoleone
Carrà nel suo libro ripercorre lo stato dell'ordine pubblico a Piacenza agli inizi dell'800
Gli organismi giudiziari e polizieschi e le vicende che "turbarono" l'ordine pubblico a Piacenza tra il 1806 e il 1813. Il nuovo libro di Ettore Carrà, L'ordine pubblico nel periodo napoleonico. Piacenza 1806-1814, pubblicato dall'editrice Tipleco, nuova edizione riveduta ed ampliata di uno studio edito nel 1990, affronta inquietanti ombre di anni cruciali, dei quali sono più conosciute e divulgate le conquiste civili e le positive innovazioni, arrivate anche a Parma e Piacenza ad inizio '800 con l'amministrazione francese. Ieri pomeriggio, in Fondazione, la presentazione del volume ha dunque tratteggiato un quadro composito, dove i progressi avvenuti in campo giuridico e amministrativo sono emersi accanto all'instaurarsi di uno stato repressivo. La sistematica persecuzione degli oppositori politici da Carrà è stata vista come antesignana dei regimi totalitari moderni, tra cui il fascismo. Analogie sulle quali si è soffermato Fabrizio Achilli, presidente dell'Istituto storico della Resistenza e dell'età contemporanea, evidenziando comunque anche differenze (a parte la problematicità dei parallelismi storici cui Achilli ha accennato in premessa) tra il regime napoleonico e il fascismo. Napoleone non poteva ad esempio "avvalersi degli strumenti moderni di organizzazione del consenso e degli effetti della cultura di massa, di cui può invece giovarsi il fascismo negli anni Trenta", ma sono diverse anche le condizioni che l'Imperatore dei francesi e il Duce vanno a modificare. "Il regime di Napoleone - ha ricordato Achilli - cancella un precedente sistema fortemente arretrato e penalizzante per le classi medie e basse, introducendo una "rivoluzione" che vuole conservare a beneficio soprattutto dei ceti borghesi e attraverso metodi autoritari e polizieschi. Il regime di Mussolini invece cancella libertà e diritti preesistenti nello Stato liberale". Con il codice Rocco, il sistema politico italiano diventa regime totalitario: al bando dei partiti di opposizione, fascistizzazione della stampa (il quotidiano Libertà sarà sostituito dalla Scure) e abolizione della possibilità di critica al governo e allo Stato, dopo la legge del 25 novembre 1925 e la comparsa del tribunale speciale. La polizia tradizionale fu affiancata dall'Ovra, operante sia in Italia sia all'estero, e anche "l'ordinamento amministrativo locale venne trasformato secondo un principio autoritario e centralistico". Sono questi elementi ad aver "sollecitato - ha suggerito Achilli - la memoria di Carrà, non solo studioso, ma anche antifascista e partigiano. Indubbiamente - ha proseguito il presidente dell'Isrec - troviamo nella struttura poliziesca del regime napoleonico, che Carrà studia dalla parte di chi lo subisce e nel contesto di una provincia marginale e dalla storia travagliata, un'anticipazione di quelle che saranno tendenze e strutture dei regimi polizieschi moderni". Sui cambiamenti positivi arrivati nel 1805, con l'aggregazione dell'ex Ducato di Parma e Piacenza alla Francia, come Dipartimento del Taro, è intervenuto Stefano Pronti, direttore della Biblioteca comunale di Piacenza. Tra i pilastri della rivoluzione amministrativa napoleonica: il nuovo codice, la costituzione di enti locali, l'unificazione delle strutture di assistenza socio-sanitaria, la formazione del catasto, l'istituzione dell'Ufficio del Registro e del tribunale del commercio, l'introduzione della coscrizione obbligatoria. Maggiori garanzie venivano anche dall'ordinamento del tribunale di giustizia. Istituti che furono mantenuti sostanzialmente anche dopo la Restaurazione. Pronti è inoltre tornato sul contenuto specifico del libro di Carrà (in particolare, sugli organismi polizieschi, la Guardia Nazionale, le condizioni delle carceri e i ritratti di alcuni perseguitati, sacerdoti e laici, poveri e ricchi, come i fratelli Maggi, condannati al domicilio coatto in Francia). Del percorso "organico e coerente" degli studi di Carrà ha parlato Vittorio Anelli, direttore del Bollettino Storico Piacentino, con attenzione ai molteplici contributi relativi all'età napoleonica, ma non solo, a partire dalla determinante esperienza resistenziale, sulle colline della Valluretta nel distaccamento di Monteventano. A conclusione dell'incontro, Ettore Carrà ha richiamato l'interesse su una ricorrenza storica: il bicentenario del Codice civile, adottato nel 1805 negli ex Stati parmensi e conosciuto come Codice napoleonico. "Anche se segna un regresso in rapporto alla legislazione rivoluzionaria - ha sostenuto Carrà - tuttavia conserva principi fondamentali: uguaglianza di fronte alla legge, laicità dello Stato, libertà di coscienza, libertà di lavoro". Tra le novità introdotte, anche l'istituzione del divorzio, "ma non si sa quanti piacentini decisero di avvalersene, tra il 1805 e il 1814-15".
ANNA ANSELMI