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Mercoledì 23 Marzo 2005 - Libertà

"Voglio un Verdi d'atmosfera"

Municipale - Parla Fogliani, che dirigerà la Toscanini nella "Battaglia di Legnano". "Sono giovane, ringrazio Gelmetti e Zedda"

Stanno entrando nel vivo le prove della Battaglia di Legnano, l'opera di Verdi che costituisce il nuovo appuntamento della stagione lirica piacentina del Municipale proposta dalla Fondazione Toscanini per il Bicentenario del nostro teatro con la regia di Flavio Ambrosini.
Si tratta, come noto, di una riedizione del lavoro verdiano che andò in scena alcuni anni fa con un trio d'eccezione composto da Roberto Servile, Fiorenza Cedolins, e Alberto Cupido, oltre al basso Riccardo Zanellato e al soprano piacentino Giovanna Beretta.
Nell'attuale edizione sono rimasti nel ruolo dell'eroico Rolando il baritono Servile, in quello di Barbarossa il basso Zanellato e in quello di Imelda al Beretta.
Con loro nel nuovo cast ci sono Katia Pellegrino che affronta per la prima volta il ruolo di Lida, il tenore Francisco Casanova e poi Roberto Tagliavini, Carlo Di Cristoforo, Tuncay Kurtoglu, Pietro Terranova e l'altro piacentino Giovanni
Maini.
Il giovane maestro Antonino Fogliani è chiamato invece a dirigere l'Orchestra della "Toscanini" per questo lavoro su libretto di Salvatore Cammarano che sarà in scena in anteprima martedì 29 marzo ( ore 20.30), giovedì 31 marzo ( ore 20.30, turno A di abbonamento), con repliche domenica 3 aprile (ore 15,30 fuori abbonamento) e martedì 5 aprile (ore 20,30 turno B).
Messinese, Fogliani ha studiato a Bologna e a Milano e si è perfezionato all'Accademia Chigiana. "La mia idea, fin da ragazzino - ricorda il giovane direttore - era di dedicarmi alla composizione, diventare compositore. In casa doveva aleggiare un clima favorevole allo studio della musica. Mio padre era tenore nel Coro del Duomo di Messina, in casa c'era un pianoforte, non ho mai saputo come e perché fosse lì. Quando mio padre mi sollecitò a studiare musica io gli chiesi di comprarmi un violino; più del pianoforte avrei studiato volentieri il violino".
Dalla composizione alla direzione d'orchestra è un ripensamento o un passaggio obbligato?
"Comporre - dice Fogliani con un sospiro -, richiede tempo, concentrazione, silenzio intorno, e anche una grande cultura musicale. Saper dirigere la musica scritta da altri è importante e d'obbligo. Non ho fatto scelte, seguo il mio corso".
Nemmeno arrivare a dirigere dev'essere facile con i tempi che corrono.
"Infatti bisogna trovare l'occasione, chi ti concede tanta fiducia da affidarti un complesso musicale, ancor più un'orchestra addirittura? Ti chiedono esperienza, titoli, corsi di perfezionamento con autorevoli maestri direttori. E' buffo, per fare esperienza bisogna dirigere e per accedere al perfezionamento avere esperienza. Sono riuscito a rompere la catena infilandomi in un corso a Riva del Garda, ma decisivo fu l'incontro con il maestro Gelmetti. Vennero le prime esperienze di direzione a Chieti, a Siena, vinsi il Premio Marinoni a Sanremo e il maestro Alberto Zedda mi chiamò al Festival Rossini di Pesaro".
Di seguito il debutto all'Opera di Roma, debutto decisivo che ha segnalato il maestro Fogliani tra i giovani emergenti. Quindi alla Scala è stato chiamato nel "Progetto Giovani" e all'Opera Comique a Parigi.
Un debutto dietro l'altro. Venti opere a costituire un primo repertorio.
"Ogni volta che mi accingo a studiare un'opera nuova per me - confessa il maestro Antonino Fogliani -, cerco di pormi dalla parte del compositore per capire le intime ragioni di ogni soluzione musicale. Per questo sono così rispettoso dello spartito e non mi piace operare tagli. Mi è capitato di dirigere Giovanna d'Arco in Francia, a Reims, opera di Verdi precedente la Battaglia, appartenente al periodo più faticoso del maestro di Busseto. E' stata una sorpresa continua, per dire che ogni lavoro musicale più o meno riuscito, come l'opera Giovanna d'Arco, contiene sempre preziosità importanti da valorizzare. Così in questa Battaglia colgo un'attenzione, una cura di rilievo nel rendere le atmosfere. Verdi va al cuore dello spettatore e usa per farlo anche mezzi d'effetto, consapevolmente. Oggi possiamo anche sorriderne, però alla fine questi effetti ancora funzionano. E poi, si sa, la musica non è una scienza esatta".

Gian Carlo Andreoli

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