Sabato 12 Marzo 2005 - Libertà
Dostoevskij, genio incompreso da Proust
L'autore della "Recherche" ammirava ma con riluttanza il grande scrittore russo
Perché Marcel Proust, che ammirava profondamente Dostoevskij (come dimostra il fatto che il nome dello scrittore russo compare in molti luoghi della "Recherche"), declina l'invito a scrivere un articolo sull'autore dei "Karamazov" definendolo troppo complicato? Perché uno scrittore come Proust, del quale sono note le straordinarie capacità critiche dichiara la propria difficoltà nel comprendere fino in fondo Dostoevskij?
A cosa è dovuta questa strana riluttanza? A questa domanda ha voluto rispondere la professoressa Eleonora Sparvoli nella conferenza dal titolo "Proust lettore di Dostoevskij", che si è tenuta ieri pomeriggio all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano. Docente di Letteratura francese all'Università Statale di Milano, la Sparvoli studia da diversi anni l'opera di Marcel Proust, sulla quale ha pubblicato due saggi. Nell'ambito di questi studi, l'interrogativo posto nella conferenza di ieri ha inteso indagare i motivi per cui Proust non comprese o non volle comprendere fino in fondo il genio di Dostoevskij, ovvero di uno degli autori che, per sua stessa ammissione, egli amò di più. Così, partendo dalla famosa frase con la quale Proust afferma che "lo scrittore deve essere come l'angelo della morte: esplorando l'abisso deve portare la luce", la studiosa ha spiegato ieri come la presenza "sovversiva" di Dostoevskij, in una Francia in cui i romanzieri, fedeli al culto della chiarezza, vogliono spiegare tutto, esplora profondità dell'animo umano che restano insondabili. La mentalità europea, e quella francese in particolare, ha detto la Sparvoli, era poco abituata alla figura di uno scrittore come Dostoesvskij, all'umiltà russa contrapposta allo spirito eroico dei francesi e, soprattutto, al fatto che per Dostoevskij il rapporto tra vita e letteratura, così importante per i francesi, non avesse nessun significato. Per Proust era essenziale proteggere l'assoluto dell'arte dalle "casualità profananti" dell'esistenza reale, della vita quotidiana, mentre Dostoevskij non pensò mai che il proprio forte attaccamento alla vita potesse costituire un ostacolo per l'arte. Dostoevskij aveva in sé il sacro furore della scrittura, che era un tutt'uno con il suo amore per la vita: egli amava l'arte e la vita allo stesso modo. Per Proust, invece, la sola vita pienamente degna di essere vissuta era la letteratura. Per l'autore della Recherche la vita reale, oscura e menzognera, trovava il suo unico senso nell'opera d'arte. Per questo e per altri punti di vista sull'arte e sulla vita sui quali Proust si sentiva distante da Dostoevskij, possiamo dire che il grande romanziere francese subì fortemente il fascino del grande scrittore russo, non riuscendo mai a liberarsi della sua presenza, senza però poterla mai accogliere. Perché là dove si è spinto Dostoevskij, nelle profondità insondabili esplorate dalla sua scrittura, l'angelo delle tenebre non può portare alcun chiarore.