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Giovedì 24 Luglio 2003 - L'Informatore Vigevanese

Le maschere nel balletto

Sabato scatta in castello lo Sforzesco Ballet Festival

Eccoci al nastro di partenza di Sforzesco Ballet Festival al Castello Sforzesco di Vigevano, sabato 19 luglio alle ore 21.30, con la prima delle tre serate di questa manifestazione che ospita degnamente il nostro invidiabile maniero, grazie in particolar modo alla Fondazione di Piacenza e Vigevano che ne sostiene il maggior onere economico al fine di potere agevolare il pubblico con un biglietto d’ingresso particolarmente conveniente.



Sperando di non dovere lottare più di tanto con il nemico numero uno delle serate estive, le zanzare, ci apprestiamo a seguire con grande interesse questo trittico che il direttore artistico della manifestazione, Paolo Bosisio, ha ideato per un’altra grande manifestazione italiana, l’Arlecchino d’Oro di Mantova.
La struttura di questa serata è fatta in modo da proporre tre momenti uniti dal comune denominatore della “maschera”. Ma con il termine maschera identifichiamo cose molto diverse tra loro. Nell’antica tragedia greca aveva il compito di amplificare la voce dell’attore che si esibiva in grandi spazi aperti e quello di esprimere una smorfia di dolore o un enorme sorriso, portando la sua espressione congelata anche agli spettatori più lontani dal palcoscenico. Nel settecento divenne sulle scene espressione di un personaggio che traeva spunto dalla tradizioni popolari cittadine, il dottor Balanzone, Pantalone de Bisognosi, Arlecchino, Colombina, Pulcinella, ma che avevano anche un carattere, un comportamento stereotipato, sempre uguale, anche in commedie diverse e di autori diversi. Il grandissimo Carlo Goldoni a poco a poco ne oscurò il dominio, modificandone l’azione, divenuta sempre più personale e diversa, sino a metterle in secondo piano rispetto ai personaggi della vita vera di cui raccontava le storie fantastiche o quotidiane come la smania per la villeggiatura. Quante volte abbiamo sentito parlare di teatro nel teatro a proposito od a sproposito, ma quando in un’opera viene messa in scena una compagnia di attori che rappresenta una commedia dell’arte, non ne possiamo fare a meno, e così sarà per il terzo e conclusivo momento della serata.
Il Giovane Balletto Classico di Torino diretto da Loredana Furno sarà accompagnato dall’Orchestra Lirico Sinfonica della Provincia di Brescia diretto da Claudio Micheli.

IL PROGRAMMA

Pulcinella
Balletto in un atto e tre quadri di Igor Stravinskij


L’autore: Igor Stravinskij (1882 –1971) pensava alla composizione musicale come a un processo dialettico tra due poli che nel confronto escono rinnovati così, non amando in affatto miti romantici di artista e ispirazione, non si fece scrupolo in un certo periodo della sua vita compositiva di impossessarsi di forme e linguaggi musicali preesistenti fondendoli con il proprio stile e la cultura per farne qualcosa di nuovo e di vivo nel presente.
L’opera: il Pulcinella (1920), su musiche del Settecento, inaugura la lunga stagione creativa neoclassica (1920-51), la prima di molte altre composizioni che guardano al passato, un momento molto importante nella sua carriera artistica che fino a quel momento si era mossa sul terreno della tradizione musicale russa. È successiva ai grandi capolavori come Uccello di fuoco, Petrouschka e la Sagra della primavera. Gli venne richiesta dal grande impresario Diaghilev che voleva farne un balletto su musiche di Pergolesi. Stravinskij non ne fece però solo una riorchestrazione, ma elaborò il materiale musicale tratto dal repertorio teatrale e strumentale di Pergolesi. Il Pulcinella debuttò con grande successo al Teatro dell’Opera di Parigi nel maggio del 1920 con la scenografia ed i costumi di Pablo Picasso.
Gli interpreti: i solisti di canto saranno Enrica Fabbri (soprano), Andrea Bragiotto (tenore) e Mauro Domenico Bufi (basso); per la danza Gianluca Martorella sarà Pulcinella e Jennifer Chicheportiche interpreterà Pimpinella. Coreografia di Loris Gai rimontata da Tiziana Spada; scene di Eugenio Guglielminetti, costumi di Eugenio Guglielminetti.

Arlecchinata
Intermezzo di Antonio Salieri


L’autore: Antonio Salieri (Legnago, Verona 1750 - Vienna 1825) fu un compositore molto apprezzato nella sua epoca, anche se noi oggi lo conosciamo forse più per la sua presunta rivalità con W.A. Mozart. Compositore di corte a Vienna, scrisse oltre 40 opere (tra cui anche un Falstaff) ed ebbe come allievi Liszt, Beethoven e Schubert. Sua fu l’opera commissionata per l’inaugurazione del nuovo tetro milanese nel 1772, il Teatro alla Scala.
L’opera: il genere dell’intermezzo era una consuetudine in opere serie particolarmente lunghe in quattro o cinque atti. Tra gli atti si inserivano delle scene comiche per spezzare la tensione, il più famoso intermezzo di questo genere è stato la Serva Padrona di G.B. Pergolesi che ebbe tanto successo da far dimenticare l’opera seria nella quale era stato inserito.
Gli interpreti: tenore Andrea Bragiotto (Arlecchino), basso Mauro Domenico Bufi (Brighella), soprano Francesca Fedeli (Colombina). Regia di Massimo Pezzutti; scene di Isabella Lazzaretto; costumi di Emanuela Cossar

I Pagliacci
Opera in due atti di Ruggero Leoncavallo


L’autore: Ruggero Leoncavallo (Napoli 1858, Pistoia 1919) è stato un esponente di spicco del verismo, lo stile realistico che rappresentò per gli operisti italiani del fine Ottocento la reazione al romanticismo. Dopo avere studiato a Napoli, seguì a Bologna i corsi di letteratura di Giosuè Carducci. Dopo alcuni anni di permanenza in Egitto e Francia, iniziò la sua carriera di compositore. Tra le sue opere figura anche una Boheme, meno fortunata di quella di Puccini. Fu molto colpito dalla Cavalleria di Mascagni e volle scrivere I Pagliacci, con un proprio libretto. L’opera andò in scena a Milano nel 1892 sotto la direzione di un giovanissimo Toscanini. E per moltissimi anni fu rappresentata in coppia proprio con Cavalleria. La romanza del tenore «Ridi Pagliaccio» è diventata un cavallo di battaglia di grandi interpreti a cominciare da Enrico Caruso e Titta Ruffo.

L’opera: inizia con un Prologo, una malinconica romanza affidata al baritono (il cattivo della storia) nella quale si accenna al fatto reale che ispirò l’autore: un nido di memoria in fondo all’anima. E da queste memorie prende vita la narrazione. Nedda e Canio sono una coppia di attori, ma la loro relazione è in crisi, Nedda si è innamorata di Silvio, un paesano, e l’altro attore della compagnia di girovaghi, respinto nelle sue avance, istiga in Canio un sospetto, sino a trasformare la recita finale in una atroce realtà in cui Pagliaccio (Canio) ucciderà la sua Colombina (Nedda) ed il suo amante. Ma nell’opera non c’è solo il «Ridi Pagliaccio», anche il soprano ha un’aria molto bella, «Stridono lassù», nella quale esprime tutta la sua sensualità.

Gli interpreti: solisti di canto: tenore Marco Bianchi (Canio), baritono Alfio Grasso (Tonio), soprano Enrica Fabbri (Nedda), tenore Massimo Pezzutti (Silvio). Solisti per la danza: Razvan Dumitrú, Viola Scaglione, Vicente Palomo, Raquel Rey, Sabrina Maraschin. Regia di Paolo Bosisio; coreografia di Alexandr Sokolov; scene di Isabella Lazzaretto; costumi di Emanuela Cossar

Di Martina

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