Mercoledì 23 Maggio 2001 - Libertà
E cominciò l'era nucleare
La scoperta del ragazzino con il pallino dei numeri. 2 dicembre 1942, laboratorio dell'Università di Chicago: Enrico Fermi realizza la "pila atomica"
Si susseguono le commemorazioni di Enrico Fermi, il Nobel per la Fisica che ebbe forti legami con Piacenza. Oggi, come diciamo a parte, si parlerà di lui alla Fondazione.
Enrico Fermi nacque a Roma il 29 settembre 1901, ultimo di tre figli di un funzionario delle Ferrovie dello Stato. Durante le elementari, che seguì alla Scuola Comunale di Via Rosmini, cominciò a farsi notare per le votazioni brillanti e una precoce inclinazione verso le materie scientifico-matematiche. A tredici anni il suo passatempo preferito era quello di acquistare sulle bancarelle di Campo de' Fiori e leggere tutto d'un fiato testi, anche a livello universitario e magari in latino, che fossero in grado di soddisfare la sua sete di conoscenza. A quindici anni, quando conobbe Enrico Persico, trovò finalmente un interlocutore altrettanto dotato ed intelligente per le sue interminabili discussioni in materia scientifica. Completati gli studi liceali a Roma, vince il concorso alla Scuola Normale di Pisa come alunno interno ad appena 17 anni. Quattro anni dopo conseguì la laurea in fisica teorica con il massimo dei voti, discutendo una tesi originale sulla esperienza che aveva pazientemente condotto per studiare le modalità di riflessione dei raggi X. Rientrato a Roma fece la conoscenza del famoso fisico ed educatore Orso Mario Corbino, direttore dell'Istituto Fisico dell'Università di Roma ed ordinario di fisica sperimentale. Da tempo Corbino ambiva di realizzare un cenacolo di grandi fisici teorici e sperimentali a somiglianza delle scuole, allora già famose, di Gottinga, Berlino, Parigi ed altre città europee ed americane.
Nel 1924 Fermi ebbe la possibilità di approfondire gli studi sulle statistiche molecolari ed atomiche con Ehrenfest presso l'Università di Leida e di trovare - in un campo in continua evoluzione, da quando, nel 1919, Lord Ernest Rutherford aveva operato le prime disintegrazioni di laboratorio - la strada che avrebbe dovuto percorrere. Rientrato definitivamente nella capitale, con l'appoggio di Orso Mario Corbino e la collaborazione di Franco Rasetti, suo compagno di studi a Pisa, cominciò a raccogliere intorno all'istituto di Fisica un gruppo di valenti assistenti. Ne facevano parte giovani fisici molto brillanti, come Edoardo Amaldi, Emilio Segré, futuro Premio Nobel, e Bruno Pontecorvo, oltre a Rasetti e Persico. Ben presto il Centro di fisica di via Panisperna, passato poi alla storia con il nome di Scuola di fisica romana, ebbe il potere di richiamare a Roma noti fisici stranieri, tra cui Hans Bethe, futuro Premio Nobel, l'indiano Homi Bhabha, Edward Teller, allora in Ungheria, e molti altri, per soggiorni più o meno lunghi. A Roma Fermi perfezionò la teoria sulla emissione dei raggi beta ed altri importanti lavori che, all'atto dell'istituzione della Reale Accademia d'Italia, nel 1929, gli valsero la nomina tra i primi trenta membri, accanto a Guglielmo Marconi. Fu un avvenimento di grandissimo interesse scientifico che indusse Fermi a cimentarsi nella fisica sperimentale, dopo aver dato un decisivo apporto al progresso di quella teorica. Il fisico romano si mise infatti in testa di ripetere con i neutroni l'esperimento effettuato a Parigi nel 1933 e nel corso del quale i coniugi Frédéric Joliot e lréne Curie erano riusciti a produrre la radioattività mediante l'azione di particelle alfa su un metallo leggero. Fermi intuì subito che il sistema dei due fisici francesi, opportunamente modificato con l'impiego dei neutroni, privi di carica elettrica e quindi più efficaci delle particelle alfa, avrebbe costituito un potente mezzo di indagine sull'intima costituzione della materia.
Ottenuta una sorgente di neutroni dal collega Giulio C. Trabacchi, Direttore del vicino laboratorio di fisica della Sanità, con l'aiuto di Rasetti, Amaldi e Segré Fermi si accinse all'opera nel modesto laboratorio di via Panisperna, dove sorgeva l'Istituto di Fisica, bombardando con i neutroni tutti gli elementi della scala periodica a partire da quelli più leggeri. I neutroni si dimostrarono effettivamente molto più efficaci delle particelle alfa e ben presto Fermi riuscì a indurre artificialmente la radioattività in oltre una quarantina di elementi. Ormai certo di battere la strada giusta, Fermi rivolse la sua attenzione al perfezionamento dei "proiettili" che stava adoperando, ossia dei neutroni, troppo rapidi per riuscire a "far centro" tutte le volte. Fu così che il gruppo di via Panisperna giunse alla scoperta dei cosiddetti "neutroni lenti", di gran lunga più precisi ed efficaci. Con questi nuovi "proiettili" Fermi bersagliò l'atomo di uranio ottenendo sbalorditivi risultati, che purtroppo non vennero esattamente interpretati, appunto perché l'unica spiegazione possibile, la liberazione di energia, sembrava troppo azzardata. Dato che i frammenti di fissione non si riusciva a classificarli tra gli elementi noti della scala periodica, Fermi pensò erroneamente di avere ottenuto elementi transuranici, ossia al di là dell'uranio, tra cui il cosiddetto ecarenio. In realtà Fermi ed i suoi collaboratori erano riusciti a provocare la fissione dell'uranio e la liberazione di energia, ma fu solo nel 1939 che Fritz Strassmann e Otto Hahn poterono prospettare la corretta interpretazione. La scoperta di Fermi non andò "sprecata" per questo contrattempo, dato che nel 1938 i due fisici tedeschi si servirono proprio dei "neutroni lenti". Per la sua attività nell'"identificazione di nuovi elementi della radioattività e la scoperta delle reazioni nucleari mediante neutroni lenti", il 10 novembre 1938 Fermi fu insignito del Premio Nobel per la Fisica. Aveva già deciso di lasciare l'Italia e di accettare la cattedra di fisica alla Columbia University di New York. La minacciosa atmosfera che, dopo la pubblicazione del "Manifesto della Razza" da parte del regime, si stava prospettando in Italia per gli ebrei avrebbe infatti colpito il grande scienziato negli affetti familiari, essendo la moglie Laura di origine ebraica.
Appena giunto a New York, venne informato da Niels Bohr, il famoso fisico danese, dell'esperienza condotta a Copenhagen da Lise Meitner ed O.R. Frisch. Fermi convocò allora i collaboratori del laboratorio di fisica della Columbia University ed ordinò al capogruppo Dr. John R. Dunning di ripetere l'esperimento. Mercoledì 25 gennaio, di notte, mentre Fermi era in viaggio per Washington, dove era atteso per il V Congresso di Fisica, i ricercatori diretti da Dunning riuscirono ad accertare che la fissione di un nucleo atomico d'uranio liberava un'energia di 200 milioni di elettronvolt. L'indomani mattina, 26 gennaio 1939, ottenuta la conferma da Dunning, Fermi comunicò a Washington, alla seduta inaugurale del Congresso di Fisica Teorica i risultati dell'esperimento di New York. Per sedici, diciotto e persino venti ore al giorno, Fermi si dedicò da allora in poi allo studio di quella che sarebbe stata la prima "pila" nucleare del mondo. Nel luglio del 1941, sempre alla Columbia University, Fermi con i suoi assistenti H.L. Anderson, B. Feld, G. Weil e W.H. Zinn, approntò la prima struttura reticolare di uranio e grafite, la "pila": si trattava di un cubo di 2,20 metri di lato contenente circa 7 tonnellate di ossido d'uranio sistemato in contenitori di alluminio ad intervalli regolari.
Un anno dopo, con il trasferimento dell'attività del cosiddetto "Laboratorio Metallurgico" all'Università di Chicago, sotto la direzione di Fermi e di Allison ebbe inizio nella palestra sotterranea dello stadio "Stagg Field" la realizzazione della prima vera pila nucleare (poi chiamata CP-1 da Chicago Pile N° 1). Il montaggio vero e proprio di questa che fu la nona pila sperimentale ebbe tuttavia inizio il 7 novembre 1942. Per la pila di Chicago Fermi aveva ottenuto 5.625 chili di uranio metallico puro e molte tonnellate di ossido d'uranio e di grafite purissima. Le operazioni di montaggio del reattore CP-1 vennero interrotte il 1° dicembre 1942, quando gli strumenti di controllo segnalarono l'imminenza dei risultati perseguiti. Il giorno successivo, sotto la direzione di Enrico Fermi, il reattore sviluppò la prima reazione nucleare a catena. L'energia nucleare era ormai un fatto compiuto.
Terminata la seconda guerra mondiale, Fermi riprese l'insegnamento, stavolta a Chicago, e tornò ai suoi studi e alle sue ricerche, nell'intento di chiarire i troppi punti oscuri dei "mesoni". Ma il 28 novembre 1954, mentre era più che mai impegnato nell'elaborazione dei programmi futuri, Fermi concluse la sua esistenza, stroncato dal cancro.
Claudio Renda