Giovedì 22 Novembre 2001 - Libertà
E spunta un Verdi da salotto
Contessa Maffei, romanticismo e risorgimento. Glauco Cataldo col soprano Quagliata, cultura e canto, serata da applausi
Il centenario di Giuseppe Verdi è particolarmente benvenuto, come tutte le ricorrenze celebrative dedicate a un grande artista, quando offre occasione di recuperare e divulgare composizioni di alto pregio e di rara esecuzione. E' successo nell'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, con la seconda conferenza-concerto del ciclo "Il Romanticismo di Giuseppe Verdi", organizzato dalla Tampa Lirica in collaborazione con la Fondazione stessa e con la Regione e presentato da Carla Fontanelli, presidente della Tampa. Il salotto della contessa Maffei era il titolo di questo doppio appuntamento: prima una conferenza del compositore concittadino Glauco Cataldo sulla "scena" letteraria, musicale e politica che a Milano, negli anni Quaranta dell'Ottocento, faceva capo alla contessa Clara Maffei ("madrina" dei patrioti filoitaliani e grande amica di Verdi); poi otto romanze da salotto scritte da Verdi ed eseguite dal soprano piacentino Paola Quagliata. Il maestro Cataldo, con la magnetica arte affabulatoria che gli uditori delle sue conferenze ben conoscono, ha trasformato il suo discorso su Clara Maffei in un excursus colto e stimolante su secoli di cultura femminile nei "salons" (nulla a che vedere con la loro parodia mondana nei "salotti" novecenteschi), in cui prendevano forma squisite conversazioni e venivano ispirate immortali opere d'arte: da Caterina Cornaro a Cristina di Belgioioso, Cataldo ha illustrato una galleria di suffragette ante litteram, donne intelligenti, colte e spregiudicate, capaci di azione intellettuale e politica in tempi che alle donne precludevano l'una e l'altra. Il breve concerto, accompagnato al pianoforte dal bravissimo Vito Lombardi, conferma come Paola Quagliata sia un'artista in continua crescita, forte di una limpidezza stilistica non comune, oltre che di notevoli risorse di interprete: briosa e vivace in Lo spazzacamino (romanza composta nel 1845 da un Verdi trentaduenne su versi del poeta Maggiori) e dolcemente languida in La seduzione, testo del poeta Balestra musicato nel 1839. Un omaggio all'erudito Andrea Maffei, marito benpensante e filoaustriaco della contessa Clara (nonché autore del libretto di quei Masnadieri che, fra le opere del giovane Verdi, sono certo quella che conosce la versificazione più intrigante) arriva con Il tramonto del 1845: un vero Lied, cantato con autentica intensità lirica. Perduta ho la pace, che risale addirittura al 1838, è una preziosissima testimonianza del periodo pre-operistico di un artista già grande: il testo è preso addirittura a Goethe e la Quagliata fa ben risaltare il lirico patetismo della melodia.
Con un balzo in avanti di 30 anni, Stornello ci porta al periodo fra Don Carlo e Aida: agli antipodi del pathos regale e tragico di quelle opere è però questa canzone maliziosa e frizzante in cui la Quagliata dà il meglio di sé. Il soprano torna a pizzicare le proprie corde più liriche in Deh, pietosa, o addolorata (altra lirica su testo di Goethe datata 1838), mentre il degno congedo finale arriva con due brani del 1845: il bellissimo Ad una stella (versi di Maffei) e La zingara (Maggiori). Gli applausi sono caldi e arriva anche un bis, con l'unico brano operistico della serata: una bellissima resa, frizzante e mercuriale, di Saper vorreste dal Ballo in maschera. Un bel concerto a cui si appone bene, come epigrafe, una frase pronunciata da Cataldo in un magico discorso di mezz'ora prima, in cui l'anziano compositore parlava della "presenza" degli amati Bellini e Cimarosa nella sua vita: "L'artista è transeunte, ma la sua opera è immanente. Una vera opera d'arte è eterna e se noi riusciamo a entrare nel suo mondo spirituale, l'artista ci parla a distanza di secolo: ci sono onde che ci legano al passato".
Oliviero Marchesi