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Giovedì 8 Giugno 2000 - Il Giorno

Dopo vent'anni torna il teatrino della Filo

PIACENZA — Tra breve il bando gara per la gestione di teatro "Santa Franca", aprirà le prime prospettive sulla prossima stagione. Dall'asseganazione dipenderà il futuro della struttura che riapre i battenti dopo una chiusura durata vent' anni, per entrare a far parte del cuore (culturale-promozionale) della città. L'Assessorato alla Cultura ha recentemente reso noto il proposito di dar vita ad un percorso congiunto tra i musei, nel tentativo di creare un turismo culturale verso la città. Poco importa se il "Santa Franca" non è direttamente coinvolto, il punto E' che, operati i vari, necessari, restauri, si vuole puntare sulla promozione della città, attraverso i luoghi che ne sono l'immagine.
Il piccolo teatro in questo quadro sarà certamente investito di una serie di responsabilità.
Si tratterà di un momento cruciale, sia perchè‚ l'ex-teatro della Filo aprirà al pubblico, dopo un lungo periodo di restauro (probabilmente intorno ad Ottobre-Novembre), con locali ed arredi rinnovati, sia perchè‚ gli verrà passata la staffetta dal "Municipale", chiuso a sua volta per interventi di ripristino.
A rendere ancora più delicato il passaggio, c'è il fatto che ad occuparsi degli aspetti amministrativi ed artistici E' sempre stata la società Filodrammatica. La società fondata nel 1825 aveva sede nel Palazzo dei Mercanti (concessole in dono da un regio decreto di Maria Luigia d'Austria), che venne adibito a rappresentazioni teatrali. Più tardi il Comune propose uno scambio di domicili e la Filo si spostò nell' ex convento di Santa Franca, anche in quel caso la struttura venne modificata da una serie di lavori, pagati in gran parte dalla società stessa. Di là in poi tutto scorre inalterato fino al 1980, quando, una serie di incendi in importanti teatri italiani porta all'emissione di una legge che rende inagibile la vecchia struttura. Salvo decisi interventi di restauro.
"Io già allora - ricorda l' odierno presidente Davide Cetti - seguivo le vicende del progetto di restauro, che immancabilmente andava a picco dopo la fatidica frase: "Il Comune non ha soldi!". L'insensibilità degli amministratori fece aumentare il costo degli interventi, fino alla cifra pagata attualmente che si aggira intorno ai due miliardi e mezzo".
"Certo, non che la cittadinanza ci abbia dimostrato molto sostegno nel momento in cui ci siamo trovati in difficoltà. Ed è strano, alla luce dellla tradzione della Filo".
Cetti spiega che l' impegno della Filodrammatica per ottenere finanziamenti non si è mai fermato: "Abbiamo bussato a varie porte fino a quando, nel '93-'94, sono riuscito a stipulare un' accordo con la Cariplo: la transazione naufragò ma lo stesso progetto venne accettato dalla Fondazione".
"Il patto- continua il presidente- non lascia dubbi sulla futura collaborazione gestionale (Filo, Comune, Fondazione). Nasce una convenzione che ha il difetto di non essere immediatamente esecutiva... Infatti la giunta cambia e il progetto viene ritenuto passibile di modifiche".
Il rischio a quel punto era che la Fondazione abbandonasse i suoi propositi, così, Cetti decide di snellire i tempi, lasciando il Comune beneficiario dell' intervento di cui lui stesso aveva creato i presupposti. Firma però una convenzione che assicura alla Filodrammatica la sede di sempre: "Qualcuno, a quel punto temeva, addirittura, potessimo vantare diritti di proprietà sul Palazzo dei Mercanti o sul teatro di via San Siro!"
"A proposito del teatro - sorride - è divertente la storia del nome. Oggi, infatti, il Comune lo chiama "Santa Franca" per via dell'ex-convento in cui è sorto, la Fondazione, invece, trova più appropriato "Teatro dei Filodrammatici"; noi vorremmo continuasse ad essere ricordato come "Teatro della Filo"".
Qui si apre il dilemma sulla gestione che potrebbe, se non oculatamente assegnata, creare inefficienza nella struttura: "Il privato che si troverà ad amministrare il teatro, andrà incontro ad una serie di difficoltà economiche: ci sono solo trecento posti, a fronte di un biglietto che, al massimo, potrà arrivare a trentamila lire. Quindi, visto che le spese supereranno facilmente i guadagni, il rischio è che precipiti la qualità delle rappresentazioni".
Per ciò a pesare sull' assegnazione potrebbe essere la capacità di trovare finanziamenti, di coniugare piccoli costi ad una qualità accettabile: "Fare teatro e guadagnare è difficile! Questo rischio imprenditoriale il Comune, giustamente, non se lo prende. Così, credo scegliere il miglior gestore, corrisponda a decidere chi è il candidato con maggior "progettualità". Il teatro "Gico Vita" è un' esempio lampante, con soli duecento posti a sedere, è riuscito a fare della "progettualità" una carta vincente".
"Noi vogliamo si dedichi ancora spazio alle compagnie piacentine - aggiunge - a parte questo, chiunque sia il gestore, l' importante è che Piacenza torni ad avere il suo teatro".
Cetti muove anche qualche perplessità riguardo alcuni aspetti del riammodernamento: "Ho visto le sale appena restaurate, sono davvero belle, ma è mia opinione che si possano creare degli intoppi. Il servizio cattering dovrà entrare dalla porta principale e attraversare la platea per montare e smontare le scene, questo ridurrà di molto i tempi a disposizione. Bisogna, poi, pensare che la via è stretta ci sono persone che vanno e vengono, insomma non è certo fatta per gli spostamenti veloci. E' impensabile che la gente arrivi a teatro e trovi due camioncini fermi all' ingresso".
"Inoltre - conclude - il cattering sostituirebbe il servizio bar. Già di per se è una lacuna, ma, se rapportata all' ubicazione del teatro, si fà un limite vero e proprio. La zona, infatti, è tanto bella quanto poco funzionale da diversi punti di vista".
"Per ovviare a questa mancanza avevamo proposto di riaprire un semplice collegamento al teatro, mettendo a disposizione le nostre stanze. Ma ci siamo visti rifiutare l'offerta, altrimenti si sarebbe incappati in ulteriori ritardi".
Nelle foto, due aspetti del teatro.

Natasha Barbieri

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