Fondazione di Piacenza e Vigevano Stampa
  Rassegna Stampa
spazio
  Comunicati Stampa
spazio
  Eventi Auditorium Piacenza
spazio
  Eventi Auditorium Vigevano
spazio
  Comunicazione
spazio

 
Home Page     Rassegna Stampa   


Sabato 26 Gennaio 2002 - Libertà

Gerberto, da monaco a Papa

"Un vero genio". Presentato il libro sull'abate di Bobbio

Un folto pubblico ha preso parte, all'Auditorium della Fondazione, alla presentazione del libro "Gerberto d'Aurillac da Abate di Bobbio a Papa dell'Anno 1000". Il coordinatore di "Archivum", Mario Pampanin, ha ringraziato i convenuti e le autorità presenti: il prefetto Domenico Gorgoglione, il vescovo Luciano Monari, il sindaco di Bobbio Roberto Pasquali e Alessandro Lunati, della Fondazione. Un grazie che è andato anche a tutti gli autori del volume: Pierre Riché, Flavio Nuvolone, Uta Lindgren, Giuseppe Ligato, Giuseppe Motta, Fabrizio Crivello, Michel Huglo, Menso Folkerts, Pierre Racine, Maria Pia Andreolli Panzarasa, Andrea Piazza, Marco Mostert, Giovanni Spinelli, Iò zsef Torok, Marianne Saghy, Roman Michalowski, Giancarlo Andenna, Bertrand Fauvarque, Anna Segagni Malacart, Jean-Pierre Caillet, Dominique Alibert, Giuseppe De Spirito, Huguette Taviani-Carozzi, Massimo Oldoni. Relatori Pierre Racine, don Giorgio Picasso e lo stesso Flavio G. Nuvolone. Il volume inquadra tematiche nuove sulla figura ed il ruolo culturale, scientifico e religioso di Gerberto: ovvero tutto ciò che non è stato detto di lui dal suo primo e più entusiasta scopritore, monsignor Michele Tosi, che nell'ormai lontano 1981 aveva dovuto faticare non poco per convincere i futuri membri del "Gerberti Symposium" dell'importanza dell'argomento. E in effetti la levatura culturale e morale di questo monaco di Aurillac, primo francese a salire sulla Cattedra di Pietro e per di più destinato ad essere il "Papa dell'anno 1000", saranno tali da appassionare, in breve tempo, gli studiosi. Come Uta Lindgren, che prende in esame la personalità di Gerberto ponendo l'accento sul fatto che egli sia stato sicuramente un personaggio-chiave di una nuova éra, piuttosto che un "rappresentante di un'epoca oscura". "Le testimonianze dei suoi contemporanei - riferisce infatti Lindgren - parlano di un'erudizione vastissima di questo Maestro, ma sarà il monaco Richer de Saint Remi, suo discepolo alla Schola di Reims, a fornire di lui il maggior numero di notizie. E tuttavia saranno le sue lettere a farci capire che egli possedette la lingua latina alla perfezione, rifacendosi continuamente ai classici latini. Ma sarà Cicerone ad essere al centro del suo personale interesse, tanto da far richiesta per ben tre volte delle copie di quest'autore al suo allievo Costantino". "Lettere dalle quali si desume la sua somma competenza nelle arti del trivium: la sua grammatica fu pari al suo genio retorico che sembra aver completato ad Aurillac e poi in Catalogna, mentre per la dialettica ebbe un'inclinazione naturale, tanto che, quando giunse a Roma nell'anno 972, conquistò subito la benevolenza dei Grandi del suo tempo. La stessa cosa si può dire sotto il profilo del quadrivium, poiché fu il primo, forse dopo Boezio, ad essere in grado di insegnare tutte e quattro le arti: l'aritmetica, la geometria, la musica e l'astronomia". E riguardo a quest'ultima disciplina Gerberto ebbe davvero un "debole"; a lui è attribuita, secondo la Lindgren, l'invenzione di parecchi strumenti, quali la sfera armillare, mentre veniva insegnando il calcolo su di un nuovo tipo di "abacus", del quale descrisse l'uso nel trattato "Regulae de numerorum abaci rationibus". Un abaco riportante i valori da 1 a 9, probabilmente adoperando le cifre dette "indiane o ghobares". Un sistema di computo forse acquisito nel contatto con gli studiosi arabi in terra ispanica, al quale aggiunse un trattato relativo alle zone climatiche entro certi paralleli riportati su di un globo terrestre, un trattato di utilizzazione dell'astrolabio, regole per l'utilizzo di un calendario cristiano-mussulmano, oltre a quelli relativi all'architettura e alla musica, verso la quale Gerberto si dedicò con passione e giunse a progettare un organo funzionante a vapore. Giuseppe Ligato, invece, mostra come nella raccolta epistolare di Gerberto d'Aurillac si trovi anche il "famoso appello in favore di Gerusalemme": si tratta di un testo che inizia, scrive Ligato "con una salutatio da parte della stessa Città Santa e nella quale si rivolge alla Chiesa universale per rammentarle le proprie responsabilità" verso una Gerusalemme afflitta dalle persecuzioni. In ultima analisi, "una richiesta d'aiuto esclusivamente finanziario attribuita a Silvestro II° richiamandosi alle "eredità delle teorie apocalittiche" circolanti negli ambienti millenaristi del suo tempo" Giuseppe Motta, docente all'Università Cattolica di Milano, è autore invece del capitolo "Monaci e Abati dall'epistolario gerbertiano". "Nonostante il suo breve abbaziato a Bobbio, dal 981 al 983 - scrive - Gerberto si impegnò in una forte attività monastica, che lo vide legato particolarmente, in forma epistolare, a Maiolo, santo abate di Cluny. Legame che egli continuerà a nutrire anche dopo il suo addio alla città sul Trebbia, dove aveva vissuto e sofferto per l'ingerenza dei tiranni del luogo". E una volta rientrato a Reims, tra il gennaio ed il febbraio 984, scriverà ai monaci di Bobbio per far chiarezza sulle vicende delle sue dimissioni, rimproverando quei monaci che hanno abbandonato il pastore per sottostare al tiranno, mettendoli in guardia sui pericoli che la situazione può provocare. Ma la vera novità del libro dedicato a Gerberto è lo studio di Flavio G. Nuvolone, il quale prende in esame la figura di questa mente poliedrica nella doppia veste di Monaco-Maestro e di Papa. Un'analisi accurata di un personaggio di primo piano, sul finire del primo millennio dopo la nascita di Cristo, visto attraverso gli occhi di Ademaro di Chabannes.

Irene Malacalza

Torna all'elenco | Versione stampabile

spazio
spazio spazio spazio
spazio spazio spazio