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Venerdì 15 Febbraio 2002 - Libertà

Quel grande attore chiamato Nure

Il torrente protagonista di un film. Stasera presentazione. Parla il regista

Stasera alle 20,30 verrà presentato, all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, in via Sant'Eufemia 12. Interpreti: Daniela Battini, Silvia Bersani, Alessandro Draghi. Fotografia: Carmine Anaclerio, Carlo Baldrighi, Sante Benedetti, Massimo Delforno, Santiago Fernandez. Sarà don Angelo Busi a illustrare contenuti e finalità del film (112 minuti), che è prodotto da Teleponte.
"Nure - afferma il regista Dino Maucci - è un torrente che scorre integralmente nel territorio piacentino. Dire che scorre come ogni altro corso d'acqua in un proprio letto non è preciso, scorre nel significato più ampio della parola, come scorre la vita, come scorre il tempo cronologico, come scorre il tempo meteorologico, come scorrono le parole. Nure non ha un letto, passa dappertutto, vive nelle persone e nelle cose e si trasforma e si immedesima in quello che vuole lui, in quello che vogliamo noi. Ha forse le sembianze di una solitaria principessa, irraggiungibile. Qualcuno dice d'averla vista nel suo castello passeggiare con una violinista e un gatto vestito come lei. Qualcuno giura d'averla scorta in altri luoghi. Vive in un castello itinerante, ma forse è lo stesso visto da prospettive diverse, da personaggi diversi". Dino Maucci è come un Nure in piena, ci sommerge di pensieri e astrazioni che tendono a straripare dalle pagine del nostro bloc-notes e allora incanaliamo il colloquio negli argini di un'intervista. Dino Maucci, chi è costui? "Piacentino di Ferriere, designer. Da alcuni anni mi dedico all'analisi della percezione visiva come strumento che induce al ragionamento e all'intuizione, la capacità di cogliere l'essenziale, la sintesi, l'astrazione e il completamento, l'immaginario. Mi occupo di cinema dal 1997; ho iniziato come aiuto regista di Gian Vittorio Baldi ("Le italiane e l'amore" 1962, "Fuoco"! 1969, "L'ultimo giorno di scuola…" 1975), con lui è stato realizzato il film "Il temporale" girato in Bosnia e in Italia nel 1999". Come è nata l'idea "Nure"? "Anno 1998, durante l'ennesimo viaggio in auto lungo la ex statale 654, fondo stradale reso viscido dal gelo, curve pericolose, banchine cedevoli, uscita bambini dalle scuole, attraversamento animali, costretto ad una velocità di 23 chilometri all'ora, ho avuto modo di pensare. Questo per quanto riguarda l'idea iniziale. Il film però, nato sperimentale, doveva diventare per me veicolo per la ricerca di nuovi linguaggi, attraverso la distruzione dell'inquadratura e dei percorsi narrativi". In altre parole? "Quando l'occhio umano vede un oggetto, lo vede dotato di tante relazioni con il contesto, dove è collocato, quale è la sua direzione (se si può muovere), ecc. Questo è quanto avviene naturalmente. L'inquadratura canonica, mette a disposizione gli ingredienti necessari alla comprensione in un solo riquadro, invitando determinate deduzioni. Questo è un limite alla libertà di pensiero". E quando ti si presentò la necessità di trovare collaboratori, come hai fatto? "Innanzitutto, il progetto "Nure" ebbe il tempo di maturare, era una entità alla quale dare forma, il momento giusto arrivò nel giugno scorso quando grazie a Carlo Gaudenzi conobbi don Angelo Busi e Teleponte. Scoprii una realtà, a pochi passi da casa mia, ideale per far crescere questo progetto: le persone giuste, il clima giusto, l'anima giusta. Tutti mossi da genuino desiderio di creazione, attori compresi. Questa ricerca mi ha fatto scoprire veri e propri talenti, alcuni inconsapevoli, alcuni soffocati, altri sottovalutati". Ci sono stati momenti di difficoltà? "E' normale durante la lavorazione di un film. Succede di dubitare del percorso. Esiste sempre però una carta geografica". Sarebbe? "Una specie di contratto virtuale che hai stipulato con l'altro te stesso, un tipo con un carattere pessimo, uno che ti richiama sull'entusiasmo iniziale, che ti fa provare le stesse emozioni per le quali hai voluto intraprendere questa strada, uno che sulla sua strada ha incontrato i samaritani di Teleponte". Perché hai scelto il cinema sperimentale? "Il cinema tradizionale non ha ancora raggiunto una maturità dimostrativa, continua ormai da troppo tempo a raccontare storie, il linguaggio non si è evoluto di molto rispetto alle origini, è ancora troppo giovane in ritardo. Si tratta ancora di teatro filmato nella maggior parte dei casi, l'inquadratura contiene sempre tutti gli ingredienti narrativi e l'estetica viene di frequente stuprata da effetti che non arricchiscono affatto il significato espressivo; questo vuol dire solo rendere spettacolo, dare emozioni attraverso anfetamine filmiche. Il cinema va reinventato. Per fare questo occorre portare avanti proposte per un nuovo linguaggio, ricerche di una nuova valenza estetica, un nuovo carattere per questo importante strumento comunicativo. "Nure" è un film laboratorio, un "meta-film", il contenuto è l'estetica e la volontà di perseguire un nuovo linguaggio attraverso la forma è il carattere essenziale del lungometraggio. Elemento portante in questa struttura è la distruzione dell'inquadratura, che è un vero limite alla libertà cinematografica. In "Nure" l'inquadratura è solo il limite fisico dell'immagine, ma non il limite espressivo, emozionale, sensoriale. L'illusione viene data dall'intuizione".

Renato Passerini

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