Martedì 5 Febbraio 2002 - Libertà
La dura strada della convivenza
La consigliera comunale di Betlemme e la fondatrice delle donne in nero all'assemblea del liceo Gioia. "L'unica soluzione la coabitazione di due stati"
Un passo indietro, dentro una storia macchiata di conflitti e del sangue di due popoli - quello palestinese e quello israeliano - per compiere un passo avanti, verso una possibile convivenza. Delle ragioni del conflitto e soprattutto della costruzione della pace in Medio Oriente hanno parlato ieri Jihan Anastas, palestinese, consigliera comunale di Betlemme, e Debby Lerman, israeliana, fondatrice e membro delle Donne in nero, intervenute a Piacenza in occasione dell'assemblea degli studenti del liceo Gioia (terze, quarte e quinte classi) che ha avuto luogo nella mattinata presso il cinema Apollo; l'incontro, organizzato nell'ambito delle commemorazioni per la "Giornata della memoria", era stato introdotto da Vittorio Anelli, presidente dell'Istituto Storico della Resistenza e da una delegazione delle Donne in nero di Piacenza le quali, insieme a Caritas, Centro missionario diocesano, La pecora nera e Coordinamento delegati Cgil-Cisl-Uil, hanno dato vita al Comitato permanente per una pace giusta fra Palestina e Israele, promotore dell'intera giornata (organizzata anche in collaborazione con il Comune di Piacenza, la Provincia e la Fondazione di Piacenza e Vigevano). Dalla Lerman, membro della Coalizione delle donne per la pace e del direttivo di Bat Shalom ("Sorella pace"), organizzazione che, insieme al Centro per le donne di Gerusalemme (palestinese) compone il Jerusalem Link, dopo la ricostruzione delle tappe dello scontro e delle devastanti ricadute dentro l'attuale panorama mediorientale, una lucida testimonianza condotta lungo la difficile e mobile linea di demarcazione che oppone vittime ad oppressori: "Questo conflitto dovrà terminare - ha sostenuto la Lerman - perché Israele, per sopravvivere, dovrà convivere con il resto del Medio Oriente. Fra un anno, fra dieci anni, non importa quando, l'unica soluzione possibile sarà la coabitazione di due Stati, quello palestinese e quello israeliano, dove Gerusalemme costituisca capitale condivisa". Ancora, dalla Lerman, il ricordo recente dei 53 militari riservisti israeliani (oggi saliti ad 150) che venerdì scorso hanno pubblicamente dichiarato di non volere più servire l'esercito se questo chiederà loro di occupare i territori palestinesi. E proprio da questi luoghi è arrivata ieri a Piacenza la voce dell'altra protagonista della giornata, Jihan Anastas, che, oltre ad essere consigliera comunale di Betlemme, è anche membro dell'Unione delle donne arabe e dell'Organizzazione delle Accademie e delle Professioni delle donne palestinesi. Una testimonianza fitta di dolorosi ricordi anche personali (la prima Intifada, i primi confronti che da pacifici hanno visto imbracciare armi e pietre, la tortuosa convivenza seguita agli accordi di Oslo) sino ad un altrettanto articolato presente: "Le città palestinesi di Cisgiordania e della fascia di Gaza - ha detto la Anastas - sono circondate da coloni, a loro volte attorniati dall'esercito che intende garantire la loro sicurezza, un'esistenza equiparabile alla prigionia. Da noi la parola pace ha ancora un valore, ma tra le nostre giovani generazioni le speranze rivolte al futuro risultano ormai tragicamente ridotte a zero".
Simona Segalini