Venerdì 1 Aprile 2005 - Libertà
"Ci manca il gusto del rischio"
L'ex amministratore delegato della Fiat e presidente della Rcs ieri sera alla Fondazione di Piacenza e Vigevano. Cesare Romiti parla dell'economia italiana
Ventesimo appuntamento ieri sera di "Testimoni del Tempo", la serie di incontri promossa dall'assessorato alla Cultura del Comune in collaborazione con la Fondazione di Piacenza e Vigevano, con uno dei maggiori esponenti della storia economica italiana: Cesare Romiti, venuto a incontrare il pubblico piacentino per parlare de "L'Italia nell'economia globale".
Presentata da Eugenio Gazzola, curatore degli incontri, come un avvenimento particolarmente sentito dagli organizzatori della rassegna per l'eccezionalità dell'ospite, la serata è stata presieduta dal neo presidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano, Giacomo Marazzi, e introdotta dall'assessore alla cultura del Comune, Alberto Squeri, che ha ricordato al folto pubblico presente la profonda esperienza, la grande capacità professionale e la poderosa cultura dell'ospite di ieri, nonché la sua assoluta indipendenza da ogni condizionamento.
Al termine dell'introduzione di Squeri, Romiti ha quindi preso la parola, prima di lasciare spazio alle domande dei presenti, per una breve ma incisiva relazione sulla situazione dell'economia italiana, partendo dall'elencazione di sei cifre: nel 2004, ha detto Romiti, l'economia mondiale è cresciuta in media del 5 %: la Cina ha registrato un progresso del 9,5 %, l'India del 7,8 %, gli Stati Uniti del 3,9 %, l'Unione Europea del 2,2 % e l'Italia dell'1,1-1,2 %. Questo significa che l'Italia cresce veramente poco, assai meno di tanti alti paesi industrializzati dell'Unione Europea, così come di quelli in via di sviluppo. Ora, ha detto Romiti, di fronte a una situazione di questo tipo, succede che in Italia invece di andare alla radice del problema e cercarne le cause per risolverlo, non si fa altro che intavolare grandi discussioni, sui giornali e nelle sedi politiche, limitandosi a cercare di capire se siamo di fronte a una fase di declino dell'economia italiana.
La questione fondamentale, ha detto quindi Romiti, è la globalizzazione. Oggi, ha spiegato l'ospite, viviamo in un mondo completamente diverso da quello di dieci anni fa, un mondo in cui i confini nazionali sono scomparsi e che per questa ragione spaventa e confonde. Se l'economia, che prima era del Comune, poi della Provincia, quindi della Regione e infine dello Stato, aveva una qualche autorità politica che fissava le regole, oggi, si è chiesto Romiti, chi detta le regole? Qual è l'istituzione che le fa rispettare e punisce le violazioni? Dal punto di vista economico esiste un'unica istituzione che riesce a dettare delle norme di comportamento e che dovrebbe dettare delle sanzioni, che è la World Trade Organization, ma nella sensazione della gente e degli operatori questo non basta. Com'è possibile, per esempio, competere con i costi di produzione di paesi di dimensioni enormi, come la Cina e l'India, i cui tenori di vita e le cui regole non hanno nulla a che vedere con gli standard del mondo occidentale? Di fronte a una tale sperequazione, si prospetta l'assoluta necessità di portare questi paesi a un grado di regolamentazione al loro interno che si avvicini agli standard occidentali, ma si tratta di un processo lungo, che richiederà molti anni, non facili.
D'altro canto, ha aggiunto Romiti a proposito della scarsa competitività dell'economia del nostro paese, gli italiani, con la loro pretesa di essere protetti in tutto, dimostrano che è venuto loro meno il gusto del rischio, lo sprone che spinge a trovare le soluzioni dei problemi e a vincere le avversità. Quello sforzo, quella tensione morale che ci ha caratterizzato negli anni del "miracolo italiano" e che la qualità della vita di oggi ci ha tolto. Bisogna recuperare quella nostra caratteristica, ha detto Romiti. Bisogna riabituare la gente a comprendere che la vita è bella non soltanto quando va tutto bene, ma anche e soprattutto quando ci si trova di fronte alla necessità di affrontare dei problemi e di risolverli.
CATERINA CARAVAGGI