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Sabato 30 Aprile 2005 - Libertà

L'uomo che ci educò alla pace

Dalla prima pagina

Si è collegato così con una più ampia ricerca internazionale che andava prendendo il nome di "peace research" e che di lì a poco avrebbe sfondato in vari istituti universitari di area anglosassone.
All'interno di questo ampio movimento di studiosi e ricercatori Fornari ha occupato un posto peculiare giocando tutte le sue carte nell'evidenziare il ruolo, più o meno attivo, più o meno perverso, fra individuo, società e conflitti dal punto di vista di analisi del profondo. Ha tentato di scoprire scientificamente attraverso quali codici psicologici i macro conflitti anche internazionali trovano una loro spiegazione e ragione d'essere. Si è mosso nel tentativo di svelare i meccanismi più intimi della violenza, usando come strumento di indagine la teoria, da lui elaborata, dei codici affettivi.
La guerra (e la violenza) per Fornari ha infatti una fondamentale valenza affettiva che trova le sue ragioni nella Pietas, nell'amore per una causa, nella difesa dei propri affetti primari: la terra, la madre patria, il gruppo, i familiari. Da questo punto di vista l'enfasi pacifista non dovrà vertere sulla pura e semplice prescrizione della guerra e della violenza, in quanto esse risultano "santificate" dalla legittimità dei motivi del loro impiego. "Una vera epopea pacifista non può fondare il suo potere su un supplemento di bontà dell'uomo, perché l'uomo si sente buono anche quando fa la guerra, sacrificandosi per il suo paese. Il pacifismo può fondare il suo potere solo attraverso il modo simbolico di gestire l'universo diabolico" .
E' questo lo stesso concetto che Fornari tornò ad esprimere nel 1981 al convegno natalizio sulla pace presso la Cittadella di Assisi affermando che "un pacifismo facile che ignora la venerabilità e la terribilità della guerra non sarà mai capace di sconfiggerla, per cui il pacifismo deve risolvere esattamente gli stessi problemi che risolve la guerra per potersi sostituire alla guerra".
E la soluzione si situa nella capacità di trasferire sul piano simbolico la possibile distruttività del conflitto elaborandone dei meccanismi di contenimento. La ricerca per la pace troverà la sua ragione d'essere nella capacità di offrire un'elaborazione positiva degli affetti, un'elaborazione che porti a non negare gli altri per difendere i propri oggetti d'amore, quanto a cogliere negli altri le stesse fondamentali componenti riconoscibili nel proprio campo e nella propria identità. Di fronte a un pacifismo troppo spesso inteso come negazione o rimozione dei conflitti, il pensiero fornariano richiama alla necessità di "curare il conflitto", di renderlo protagonista imprescindibile nella sfera dei rapporti ma non per questo patologico. L'elaborazione positiva del conflitto passa attraverso la capacità di riappropriarsi dei codici affettivi primari, la "buona famiglia interna", come a più riprese Fornari definisce quella sorta di democrazia affettiva che apre la porta alla pace e alla nonviolenza. "L'uomo può prosperare solo in quella che è la sua costituzione genetica, come animale centrato sui legami affettivi".
Il primato dell'affettivo nell'analisi della violenza trova nell'indagine di Fornari una collocazione scientifica da cui è oggi impossibile prescindere. Tanto più che viviamo nell'epoca delle guerre civili che finiscono col trovare sempre meno spiegazioni sul piano strettamente politico e socio-economico.
Per Fornari l'educazione alla pace inizia là dove la guerra viene definita come "un delitto individuale, fantasticato individualmente e consumato collettivamente", ossia è nell'individuo che risiede sia l'origine che l'eventuale inversione di tendenza rispetto ai delitti sociali e collettivi. I codici affettivi individuali finiscono pertanto con l'incidere in modo tante volte irreversibile sulle stesse istituzioni sociali provocando distruttività o al contrario quella democrazia affettiva a più riprese auspicata da Fornari e oggi dai suoi allievi e continuatori. E' un lavoro, un'ipotesi, che va proseguito perché si tratta di una ricerca volta ad esplorare senza false misure ideologiche le possibilità della pace e gli arcaismi della guerra. Per non cadere nella semplificazione e nella retorica moralistica, il lavoro di Fornari rappresenta oggi, a 20 anni dalla sua scomparsa, una fonte di scoperte preziose per un'evoluzione sociale che, nonostante le tante contraddizioni, deve muoversi nel senso della composizione nonviolenta dei conflitti, pena il ritorno a discutere sulle stesse possibilità di sopravvivenza del genere umano.

Daniele Novara

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