Lunedì 24 Giugno 2002 - Libertà
"Rigoletto, sentimenti e debolezze umane"
Farnese - Sergio Bologna: è il mio personaggio preferito. Santodirocco: la mia Gilda, coraggio e passione dell'amore adulto. Parlano gli interpreti dell'opera che sarà in scena domani e giovedì
"Nell'opera lirica è finita l'era della creatività e dell'invenzione, anche per quanto riguarda l'apporto dell'interprete. Tutti i grandi interpreti sono vissuti nel '900 e oggi non ci si può più nemmeno aspettare una qualche "renaissance" di un repertorio dimenticato. Quello che oggi dobbiamo e possiamo fare è accostarci "archeologicamente" all'opera lirica, cercando di evocare con la massima fedeltà possibile gli effetti e le emozioni voluti dagli autori. Può sembrare poco e invece è tanto: si tratta di salvaguardare e trasmettere alle prossime generazioni un patrimonio artistico straordinario. L'opera è un museo, nel senso buono e vitale del termine". Diciamo la verità: è raro sentire discorsi sorretti da una così agguerrita armatura concettuale in bocca a cantanti lirici, più usi, in genere, a frequentare gli spartiti di canto che Hegel, Foucault e Mario Praz. Ma così parlò Sergio Bologna, il baritono carrarese protagonista del Rigoletto di Verdi che andrà in scena domani sera alle 21.30 (con replica giovedì 27 alla stessa ora) nella cornice del cortile Palazzo Farnese. L'opera inaugurerà quel Farnese Musica Festival (organizzato dal Municipale e dal Comune col sostegno della Fondazione di Piacenza e Vigevano e la direzione artistica di Paolo Bosisio) che offrirà al Municipale la sua prima, regolare, "stagione estiva". Questo "Rigoletto", che vedrà il direttore d'orchestra Claudio Micheli alla guida dell'Orchestra Filarmonica Italiana e Luigi Canestro alla guida del Coro Tamagno di Torino (la regia è di Carlo Romanini, la scenografia di Silvia Alemani, le coreografie di Aleksandr Sokolov) impiega nella compagnia di canto, accanto a Bologna, Roberto Bencivenga (Duca di Mantova), Nunzia Santodirocco (Gilda), Maria Rosaria Abate (Maddalena e Contessa di Ceprano), Alessandro Verducci (Sparafucile), Gianfranco Zuccarino (Monterone), Valentino Salvini (Marullo), Antonio Pannunzio (Borsa), Guido Pasella (Ceprano) e Barbara Grazzini (Paggio). Il protagonista Bologna ha debuttato sulle scene liriche nel 1990 nei panni di Figaro in un Barbiere di Siviglia al Teatro Nazionale di Roma: prima tappa di una carriera che l'ha portato ad assommare 25 ruoli lavorando in prestigiosi teatri nazionali e stranieri (il Colòn di Buenos Aires) con importanti direttori (Daniele Callegari, Gustav Kuhn). Fatta salva la sua concezione "museale" dell'esecuzione operistica, come descriverebbe il personaggio di Rigoletto? "E' una parte certamente impegnativa, sia per la scrittura di Verdi sia per la tradizione interpretativa che vi si è depositata. Tra i grandi Rigoletti del passato i miei preferiti, da Giuseppe De Luca a Carlo Galeffi, non vanno oltre gli anni Quaranta. Un'eccezione, per quanto riguarda il lato scenico, è l'impressionante Tito Gobbi". Con Jago e il Tonio dei "Pagliacci", un personaggio modernissimo che va rivalutato, Rigoletto è il mio personaggio preferito: una summa dei sentimenti e delle debolezze umane". Nunzia Santodirocco, foggiana di Ascoli Sariano, ma romana d'adozione, è stata l'ultima allieva della grande Gianna Pederzini. Specializzata nel repertorio barocco (ha inciso per Musicaimmagine l'integrale degli oratori di Carissimi) si descrive come "un soprano lirico-leggero che da qualche anno ha trovato nella Traviata la sua opera d'elezione. Quella di Gilda è una splendida parte purtroppo involgarita da una cattiva tradizione di soprani-coccodè. Lei come si misura col personaggio? "Evitando senz'altro gli effetti-coccodè - sorride lei - La mia Gilda non è una bambina: è una donna innamorata capace di tutto il coraggio e le passioni dell'amore adulto. Il ratto e lo stupro di Gilda nel secondo atto costituiscono il trauma che fa di lei, di colpo, una donna adulta: la sua vocalità, da quel momento, cambia. E quando io canto Gilda, a partire da quel momento cambio il colore della mia voce, rendendolo più scuro".
Oliviero Marchesi