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Lunedì 8 Luglio 2002 - Libertà

Mosaik: angeli e diavoli

Favolosa notte degli spiriti nel castello a Santimento di Rottofreno. Virtuosismi e magie del mondo musicale

Quella che per due ore buone, l'altra sera, ha rapito nel suo cerchio magico le persone che hanno gremito il bellissimo parco del castello di Santimento di Rottofreno è stata una vera notte degli spiriti. Spiriti, fantasmi, angeli e demoni della più nomade provenienza sembravano davvero ravvivare le note che sgorgavano sotto le dita dei quattro musicisti del Mosaik Group, protagonisti dell'esibizione davvero memorabile che, al castello messo cortesemente a disposizione dalla famiglia Villa, ha chiuso "Val Tidone Etnica", il filone del Val Tidone Festival (promosso, sotto la direzione artistica di Livio Bollani, dal Comune di Pianello col patrocinio di Regione, Provincia, Libertà, e dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano in collaborazione con un ampio bacino di altri Comuni in cui Rottofreno costituisce una "new entry") dedicato alle musiche popolari di tutto il mondo. E il mondo, in un certo senso, è grande a malapena per il raggio dell'ispirazione del fantastico gruppo guidato dal violinista Maurizio Dehò (qui spalleggiato da Gian Pietro Marazza alla fisarmonica, Luca Garlaschelli al contrabbasso e Luigi Maione alla chitarra), che ha fatto anche da simpatico Cicerone per un viaggio musicale che ha condensato centinaia di milioni di chilometri quadrati e migliaia di anni in due ore e in un luogo solo. Nel menu entrava musica classica riveduta e corretta (una rilettura febbrile, sbilenca e coloratissima della "Danse Macabre" di Camille Saint-Saëns) ma il piatto forte era il klezmer, la musica tradizionale degli Ebrei della Diaspora, che dallo shtetl (il tradizionale ghetto-villaggio ebraico dell'Europa Orientale) ha impollinato tutto il mondo e che tre infedeli "goyim" mangiasalami come Dehò, Garlaschelli e Marazza hanno appreso alla corte del cabarettista ebreo Moni Ovadia. Musica estatica e onomatopeica, visionaria e fiabesca come i violinisti di Chagall, che il Mosik Group, fra virtuosismi e trascinanti sfrenatezze porta in giro per il mondo. Così "Tirelle ltasaposarvice" (in yiddisch, più o meno, "Il ritmo del macellaio serbo") cede il passo al tango di una magnifica "Milonga de ternura" (Astor Piazzolla). Dagli Ebrei si passa a un altro popolo errante perseguitato: brani tradizionali e originali come "Valverde", "Oi tate" e "Lisa la cavalla" danno la mano a "Kazano" e "Umbrarom", alla storia (pubblicata da molti giornali nel maggio scorso) dei sei musicisti Rom della Romania brutalizzati a Milano da un quartetto di poliziotti e controllori della metropolitana che sfasciarono loro gli strumenti, alla Francia che negli anni Trenta si popola dei "manouches", magnifici musicisti zingari il più celebre dei quali è Django Reinhardt, l'immenso chitarrista zingaro che il Mosaik Group omaggia "Minor swing". "Saltarello della memoria" esplora addirittura le trasformazioni ritmiche che la musica popolare di Puglia e Lucania conosce con l'emigrazione degli italiani in Venezuela e Paraguay. Lo spirito nomade continua con "Viaggi eccentrici" e col lirismo svagato e avventuroso di "Viandante" fino al bis con una "Taverna" davvero ribollente d'allegria. Ma il momento più grande è l'apoteosi klezmer di "Finken di mekotonim aheim" (Riportando a casa i consuoceri): una melodia di immensa malinconia che solo il genio ebraico poteva concepire come per un matrimonio.

Alfredo Tenni

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