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Domenica 28 Luglio 2002 - La Voce Nuova di Piacenza

Ottima l'interpretazione della Marrocu nel ruolo della protagonista dell'opera di Puccini Una Tosca coinvolgente

Uno scenario di grande suggestione, una musica coinvolgente e trascinante, dalle sottolineature ora sensuali ora austere ed interpreti di alta classe: non poteva che essere un successo pieno per questa Tosca che chiude la stagione lirica estiva di Vigoleno. Il fascino della Roma papalina, la messa a fuoco di ipocrisie e bigottismo, il miscuglio di verità storiche e di "fiction", il succedersi continuo di sviluppi traumatici non potevano lasciare indifferente Giacomo Puccini e, di fatto, tutti questi elementi li ripropose nell'opera. Tra gli artisti che hanno interpretato Tosca a Vigoleno è emersa su tutti Paoletta Marrocu, che ha fatto di questo ruolo uno dei suoi cavalli di battaglia. Convincente tanto nella vocalità quanto nella presenza scenica, laMarrocu oggi è una delle più belle realtà sopranili della lirica italiana. Accanto a lei il corretto Cavaradossi di Carlo Ventre e lo Scarpia recitato magistralmente da Antonio Salvadori, infastidito da qualche problemino alla gola. Professionalmente corretti anche il tenore cagliaritano Gianluca Floris (Spoletta), Alberto Mirino (un carceriere) e l'Angelotti di Cesare Lana, un po' foffo scenicamente. L'unica nota negativa va rimarcata per Stefanes Koroneos, che interpretava il Sagrestano, con un volume di voce piuttosto limitato, specie nelle note basse. Accettabile la regia di Mietta Corli, anche se l'uso continuo di proiezioni video sui muri del castello alla lunga tende a distrarre l'attenzione dello spettatore. Magistrale, invece, la direzione del maestro Günter Neuhold, a capo dell'orchestra della Fondazione Toscanini, come pure buona è stata la prova del coro diretto da Corrado Casati. I colpi di scena nel pentagramma di Tosca non mancano certamente, concretizzati in quelle che si possono anche chiamare modulazioni d'atmosfera, delle quali ricordiamo le più icastiche: nel primo atto la voce di Tosca, dietro le quinte, interrompe il concitato dialogo di Mario con Angelotti, rivoluzionario fuggito dalla prigione di Castel Sant'Angelo: l'apparizione terribile di Scarpia sottolineata dall'orchestra con uno specifico motivo (il tema di Scarpia, musicalmente impiantato sul cosiddetto diabolus in musica, a quel tempo condannato da tutti i musicologi ortodossi) pone fine ai chiassosi festeggiamenti dei cantori e degli allievi per la presunta vittoria del generale Melas a Marengo, contro Napoleone.
Il secondo atto, poi, è tutto un susseguirsi di contrasti musicali mozzafiato, dai quali sono sottolineate le fulminee metamorfosi dell'azione scenica, tra le quali è esemplare il grido di vittoria lanciato da Mario dopo aver inteso la notizia, questa volta vera, della sconfitta di Melas, riferita al suo capo dal costernato Sciarrone. Altre impennate anche nel terzo atto, con una delicatissima melodia per clarinetto che introduce la celebre E lucean le stelle, con gli archi che alla fine riprendono il motivo iniziale con una virata di grande respiro. La scintillante spirale musicale che accompagna l'ingresso di Tosca, che conclude bruscamente con un Do acuto il racconto concitato della tentata seduzione da parte di Scarpia e dell'uccisione di questi (Io quella lama gli piantai nel cor) e così via, in un crescendo di emozioni fino al suicidio finale della protagonista. E' da ricordare in questo terzo atto, il malinconico canto del pastorello, "figurina" appartenente a quella galleria di personaggi che Puccini amava disseminare nelle sue opere: Parpignol nella Bohème, il Lampionaio nella Manon Lescaut, i due innamorati nel Tabarro, una voce lontana nella Rondine e via dicendo.
Infine, alcune considerazioni di carattere generale: urgono parcheggi a Vigoleno, altrimenti la sorte della stagione lirica estiva in questo delizioso borgo sarà fatalmente segnata e sarebbe un vero peccato, anche per lo sviluppo turistico del luogo.

Corrado Ambiveri

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