Giovedì 17 Ottobre 2002 - Libertà
"Grazie alla Olivero questa opera mi è entrata nel cuore"
Amici della lirica. Parla il noto mezzosoprano che nella "Lecouvreur" sarà la Bouillon al Nicolini. Io, Moretto, principessa per l'Adriana
"Adriana Lecouvreur è un'opera che su di me ha esercitato un imprinting fondamentale. Oltre che di Adriana Lazzarini e di Paolo Vaglieri sono stata allieva del grande soprano Magda Olivero, l'Adriana più famosa di tutti i tempi. E la mia prima registrazione discografica fu una sintesi della parte della principessa di Bouillon preparata sotto la guida della stessa Olivero che mi insegnò a cesellare le sfumature di ogni parola".
E' la prima cosa che Marta Moretto, il bravissimo mezzosoprano che canterà la parte della Bouillon nell'Adriana Lecouvreur di Ferdinando Cilea che sarà eseguita in forma di oratorio sabato 19 alle 20.30 - a ingresso gratuito - nella Sala Grande del Conservatorio Nicolini, ci racconta a proposito del suo approccio a quest'opera. Organizzata dagli Amici della Lirica (che in questo modo festeggiano i primi 40 anni del proprio sodalizio e, contestualmente, i 100 anni dal debutto di questa pietra miliare del teatro musicale del Novecento italiano) col sostegno della Fondazione di Piacenza e Vigevano e la collaborazione del Conservatorio, questa esecuzione di Adriana vedrà protagonista Cristina Mantese, uno dei più raffinati soprani italiani, accanto a nomi celebri come il tenore Kristian Johannsson (Maurizio) e il baritono Adriano Ariostini (Michonnet). Roberto Gianola dirigerà l'Orchestra Lirico-Sinfonica e il Coro della Provincia di Lecco, mentre il Conservatorio Nicolini metterà a disposizione, per i ruoli secondari, alcuni dei migliori allievi delle proprie tre classi di canto. Non c'è dubbio che per gli appassionati piacentini la presenza della Moretto rappresenti uno dei più grossi atouts di questa Adriana. Questa eccellente cantante veneta (nata a Padova, vive oggi a Verona) è infatti amatissima dai melomani della nostra provincia (a Castell'Arquato è stata insignita, con la Mantese, del Premio Illica 2001) fin dalla sua memorabile prova come Ortruda nel Lohengrin andato in scena al Municipale tre stagioni fa. "Metto quel Lohengrin piacentino tra le cose di cui sono più orgogliosa" dice oggi lei. Quali sono le altre? "I capolavori insoliti, non inflazionati, che ho avuto la possibilità di interpretare: come Il ratto di Lucrezia di Benjamin Britten e Ascesa e caduta della città di Mahagonny di Kurt Weill, che mi ha fatto divertire un mondo". E fra i ruoli di repertorio più tradizionali, qual è il tuo preferito? "Ho ormai un certo bagaglio di ruoli verdiani, Azucena soprattutto. Tra poco inizierò a interpretare anche Eboli nel Don Carlo: l'unica grande parte verdiana finora mancata al mio repertorio, che da qualche tempo ho iniziato a sentire particolarmente giusta per me. Mi piace molto anche la principessa di Bouillon dell'Adriana: un carattere forte,come i personaggi di noi mezzosoprani sono anche troppo spesso" ride la cantante. La scrittura vocale della Bouillon, però, è irta di difficoltà. "E' vero: il duetto col soprano, in particolare, è terribile. Il fatto è che, mentre un Verdi scriveva con una profonda conoscenza del canto e delle risorse dei cantanti, Cilea, come molti altri compositori della sua epoca, componeva opere splendide ma quasi indifferenti ai problemi di tecnica vocale: Adriana costringe gli interpreti a cantare "impiccati", come si
dice in gergo, in una tensione continua, quasi insostenibile. Questo, beninteso, non toglie nulla alla bellezza di un'opera assolutamente unica". Unica perché? "Adriana Lecouvreur viene spesso ascritta alla stagione del Verismo, forse perché il suo grande promotore fu Edoardo Sonzogno, l'editore che lanciò la Giovane Scuola. Ma in realtà quest'opera non ha nulla a che spartire col Verismo, se non la plasticità teatrale di certe frasi quasi parlate: l'atmosfera di Adriana è di un'eleganza aristocratica e fuori dal tempo, patetica e gentile. Riesco ad accostarla solo a certe opere dell'Ottocento francese, a Massenet per esempio".
Oliviero Marchesi