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Mercoledì 30 Ottobre 2002 - Libertà

Illica, quando parola fa rima con musica

All'Auditorium della Fondazione il primo di tre incontri. Scarpetta: "Definì il decadentismo un corruttore della semplicità". Omaggio al letterato piacentino che legò la sua arte al melodramma

Successo all'Auditorium di via S.Eufemia per la bella iniziativa di Tampa Lirica in collaborazione con Fondazione di Piacenza e Vigevano e Regione Emilia Romagna, di rendere omaggio a Luigi Illica, letterato piacentino che legò la sua vicenda artistica al melodramma verista. Carlo Fontanella, presidente dell'Associazione filolirica, ha brevemente presentato il programma previsto in tre incontri, sottolineando l'impegno del sodalizio a ricordare gli artisti legati alla terra piacentina. Luigi Illica, nato a Castell'Arquato nel 1857, come ha ricordato il relatore Umberto Scarpetta, ebbe una giovinezza piuttosto movimentata, con studi discontinui accanto a esperienze di marinaio. A Milano fu tra i protagonisti della scapigliatura, giornalista per il Corriere della Sera, commediografo ("L'eredità del Felis" in dialetto milanese), fondatore di una rivista radicale a Bologna sotto l'ala di Carducci, infine librettista a tempo pieno a partire dal 1889 con la prima collaborazione per "Nozze Istriane", con il musicista Antonio Smareglia. Umberto Scarpetta, musicologo e docente al Conservatorio di Milano e all'Università Cattolica ha messo bene in evidenza il continuo rincorrersi peri l primato tra parola e musica. Nel '600 e '700, era la poesia a farla da padrona, ispirazione per il musicista. Con l'affermarsi del melodramma verista, la parola dovette piegarsi alle esigenze sceniche, quindi della musica che rendeva la situazione. Se ancora Felice Romani, ha ricordato il relatore, poteva trovare in Bellini un'affinità di espressione lirico-romantica, ben altro dovette affrontare Francesco Maria Piave con Giuseppe Verdi, che componeva già in funzione della messa in scena, anticipando il lavoro del regista. Illica si è adeguato alla nuova situazione avvalendosi dell'esperienza di commediografo, attento ad anticipare nelle corpose "didascalie" i movimenti dei personaggi, le situazioni, le ambientazioni storiche. Verità e logica sono i due punti fermi della creazione melodrammatica. "Dare alla musica la più completa efficacia della parola" scrive Illica a Ricordi, dopo aver lavorato a "Manon", a conferma di una sua concezione del teatro musicale, dove la parola e la musica devono divenire unica forza espressiva per conferire verità alle situazioni, alle passione dei personaggi. Così si troverà in disaccordo con il sopravvenire del "decadentismo" di marca D'Annunziana, definito da Illica "corruttore della semplicità". Al Nostro va riconosciuta una notevole intuizione drammaturgica ad interpretare i desideri dei compositori, di Puccini, in particolare, che ancor più di Verdi, condizionava il librettista alle sue esigenze compositive. Con Alfredo Catalani (1892), per "Wally" Illica ebbe buon gioco nel creare "effusioni elegiache", tanto da ottenere l'apprezzamento di Giuseppe Giacosa, fine letterato, con cui si troverà a collaborare. Nel 1896 è ancora successo con Umberto Giordano per "Andrea Chenier". Nel '98, Illica inizia la collaborazione con Pietro Mascagni. "Iris" e poi "Le maschere" con un lancio produttivo straordinario voluto dall'editore Sonzogno. L'opera debuttò nel 1901 in ben sette teatri contemporaneamente, senza però incontrare il successo sperato. Ancora con Mascagni nella leggenda drammatica "Isabeau" (1911), che ebbe fortuna in Argentina, meno da noi. L'opera fu composta in pochi mesi a Castell'Arquato in casa di Illica in stretta collaborazione fra musicista e librettista. Con Puccini la collaborazione fu più faticosa. Lo stesso Giacosa se ne lamentava con l'editore Ricordi per "l'ingrata fatica" di adeguare le parole alla musica. "Manon" ha ricordato Umberto Scarpetta, andò in stampa senza le firme dei librettisti, tanti erano quelli che vi avevano messo mano: i Leoncavallo, lo stesso Ricordi, Mario Praga, Domenico Oliva e sicuramente Luigi Illica e Giuseppe Giacosa. Per "Boheme", Puccini utilizzò composizioni precedenti. "Il valzer di Musetta" era un brano scritto per pianoforte e successivamente orchestrato. Le lettere di Illica a Ricordi testimoniano il modo di lavorare di Puccini. Ai collaboratori imponeva esemplificazioni, filastrocche senza senso da volgere in versi secondo la musica già composta. A Puccini Illica scriveva raccomandando il libretto come traccia, lasciando alla musica di trovare la forma. "Boheme", "Tosca", "Madama Butterfly" sono successi che ancora durano a conferma di un'intesa faticosamente e felicemente trovata. Giovanna Beretta (soprano), Fulvio Massa (baritono), accompagnati al pianoforte dal maestro Nelio Pavesi, hanno ripercorso brani celebri dalle opere citate. L'arietta di "Tartaglia" (Le Maschere), in cui è facile riscontrare il gioco di corrispondenza tra musica e parola, il "Valzer di Musetta", quindi l'abile sovrapposizione delle trame di "Scarpia" sulle note del "Te deum" in "Tosca". "Manon" per Giovanna Beretta e l'accorato addio di Wally, in contrasto con la cupa riflessione di "Gerard" in "Chenier". Prossimo appuntamento mercoledì 13 novembre con il maestro Francesco Bussi e con le voci Olga Orlova, Luca Bodini e Valentino Salvini.

Gian Carlo Andreoli

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