Lunedì 18 Aprile 2005 - Libertà
Anziani ammalati circondati d'amore
Esperienza positiva
Le malattie che affliggono il genere umano sono ormai numerose. Ogni giorno, o quasi, ne viene scoperta una nuova… il grande dramma, però, è che per molte di esse non vi è ancora
la cura adatta per poterle guarire, nonostante che la ricerca sia più che attiva in tutti i Paesi civili e passi da gigante siano stati fatti da un secolo a questa parte. Una delle più gravi è sicuramente l'Alzheimer.
Male oscuro che, forse da secoli, colpisce la mente umana, ma che negli ultimi cinquant'anni ha avuto un'accelerazione molto preoccupante.
Il ricercatore che ne descrisse le principali caratteristiche fu il neurologo tedesco Alois Alzheimer (da cui prese il nome) tra il 1907 e il 1911, creando così una prima base per ulteriori approfondimenti. Finora però i progressi sono stati purtroppo ben pochi. Quel supercomputer che è il nostro cervello ha ancora molti lati oscuri, e anch'esso è preda di numerosi virus, non informatici ma biologici, difficili da eliminare. Uno di questi è quello che dà il via alla grave malattia dell'Alzheimer, il cui sintomo cardine è la progressiva perdita (più o meno lenta) della memoria e di tutte le funzioni del sistema nervoso, quindi della capacità di svolgere quelle attività indispensabili nella vita di tutti i giorni, sia relazionali che di sopravvivenza, fino a diventare totalmente dipendenti dall'assistenza altrui. E' una malattia degenerativa, progressiva, irreversibile, non infettiva, per ora non guaribile e può essere di lunga durata perché la massa corporea non viene intaccata. Per ora l'unica terapia è l'assistenza. Il numero delle persone colpite è in forte aumento e nessun'altra malattia coinvolge così drammaticamente il nucleo famigliare. Solo chi è passato attraverso quest'amara esperienza può capire coloro che ancora la stanno vivendo. Nei primi tempi l'angosciosa incredulità, l'incapacità di capirne le ragioni, il rifiuto ad accettare una simile situazione e la grande speranza di aiutare i nostri cari ci portano alla ricerca affannosa di rimedi: visite specialistiche, esami medici di vario tipo, vitamine e chissà quant'altro ancora… poi l'amara realtà: non ci rimane altro che accettare e organizzarci per la migliore assistenza possibile. E qui comincia il vero e proprio Calvario, perché il carico finanziario, affettivo, psicologico e di fatica fisica è altissimo, per cui chi deve accudire l'ammalato da solo senza alcun aiuto, né dai famigliari né tanto meno dalle istituzioni, rischia non poco anche la sua stessa salute.
Fino a vent'anni fa l'informazione era pressoché assente e di sostegno alla famiglia non se ne parlava proprio. Le famiglie colpite (erano meno di oggi) subivano un tal contraccolpo che le portava a tenere il loro dramma entro le pareti domestiche, quasi fosse una colpa. A chi ci si poteva rivolgere per un sostegno, almeno morale? Non certo alle Istituzioni Pubbliche che sono sempre le ultime a farsi carico (come sarebbe giusto e doveroso che fosse) dei problemi che affliggono i loro cittadini-contribuenti. Ecco allora che qualche privato armato di coraggio, di profondo spirito di solidarietà e di amore del prossimo si attiva per trovare i modi più consoni che diano una mano a chi sta sperimentando le stesse pene attraverso le quali lui è già passato.
Nel 1988 nasce a Milano la prima Associazione Alzheimer Italia, con il fine primario di creare un punto di riferimento per le famiglie affinché queste non si sentissero completamente sole lungo un così arduo cammino. Nata da un gruppo di famiglie, autofinanziata, senza alcun scopo di lucro, trova l'adesione solidale di medici, neurologi e operatori socio-sanitari che con le loro peculiarità permettono di partire con buone prospettive per il futuro. Un giovane portalettere di Alseno che aveva
avuto la mamma colpita da questa pesante malattia, appena ne viene a conoscenza (1990-91) si mette in moto per avere tutte le informazioni possibili, poi, senza indugiare troppo sui ma e sui se, con uno sparuto gruppo di volontari crea anche a Piacenza un punto di riferimento dell'Associazione Alzheimer Italia. Da solo, senza un soldo, senza appoggi politici o di qualsiasi altro genere, spinto solo da un concreto spirito di solidarietà e abnegazione, con impegno costante e amore per il prossimo, Andrea Gelati (questo è il nome del fondatore) riesce a portare l'associazione di Piacenza ad essere membro della federazione Europa nel 1993 e di quella mondiale nel 1994, anno in cui si celebrò la prima giornata mondiale dell'ADI (Alzheimer's Disease International). Dall'apertura della prima sede (che può essere definita a buon diritto povera di tutto!) ad oggi sono trascorsi dieci anni. Raccontarne la storia richiederebbe tempo e pagine. Per non dilungarmi troppo mi limito ad un breve elenco degli scopi principali perseguiti: aiuto alle famiglie sotto vari profili; sensibilizzazione e chiamata in causa degli enti pubblici per la tutela dei diritti; corsi di formazione e preparazione per l'assistenza all'ammalato; promozione e ricerca sulle cause e per un'adeguata assistenza; creazione di centri diurni con attività riabilitative; creazione di comunità protette temporanee di sollievo e di comunità protette definitive, e altro ancora. Un detto popolare predica: "Non bisogna stancarsi di battere il chiodo se si vuole ottenere qualche risultato"… di chiodi Andrea ne ha battuti parecchi con perspicacia e pervicacia, e i buoni risultati non sono mancati. Il più gratificante in assoluto è l'apertura del nuovo "Centro Alzheimer della Madonnina di Caorso". Anche questa è una bella storia che merita di essere raccontata, almeno nella sua essenzialità. Il tutto è dovuto all'incontro, quasi casuale, di un sacerdote con un carisma fortemente evangelico e un direttore con una lunga esperienza manageriale (prima in un'azienda privata, poi in un'altra casa protetta) dotato di una forte carica di solidarietà umana e animato dal desiderio di mettere al servizio dei più deboli le capacità maturate dalle esperienze passate. Nel solco di una Comunità Parrocchiale che l'ha voluta far nascere (posa della prima pietra 1958), far crescere e renderla sempre più adeguata ai bisogni del tempo, alla Madonnina non si sono mai abbandonati due principi basilari: l'umanità e il senso cristiano della vita, secondo il dettame evangelico… ama il prossimo tuo come te stesso… ancor più perentorio quando il prossimo appartiene ad una categoria socialmente debolissima. Tutti gli anziani, per quella legge naturale del tempo che passa e che per ora nessuno riesce a fermare, si trovano a vivere la fascia più debole della loro vita. Se poi le malattie ne aggravano il peso e arriva la non autosufficienza ecco che, inevitabilmente, scatta il bisogno di un'assistenza che almeno ne alleggerisca le sofferenze. "Circondateli di amore e non lasciateli soli" ha detto il nostro Papa Giovanni Paolo II. Ed era un Papa che di sofferenza se ne intendeva. Proprio partendo da questi presupposti, in questa struttura è in atto, da tempo, una programmazione finalizzata a rendere gli assistenti altamente qualificati sia sul piano della professionalità che su quello dell'amore e del rispetto per tutti gli ospiti affidati alle loro cure. La convivenza quotidiana con le realtà patologiche degli anziani, l'attenta, amorevole osservazione del declino, in alcuni di essi, delle loro facoltà mentali e i dati allarmanti che arrivano da ogni parte del mondo sulla malattia di Alzheimer hanno fatto capire ai dirigenti della "Madonnina" che non c'era più tempo da perdere e che bisognava dare una risposta adeguata agli ammalati ed alle loro famiglie. Sei anni fa Don Riccardo Alessandrini, presidente, il Dott. Gian Carlo Mami, direttore, e la D.ssa Ornella Calamari, amministratrice, prendendo il coraggio a sei mani, invocando la protezione della Madonnina e fiduciosi che gli aiuti sarebbero arrivati, decidono di dare l'avvio ad un progetto di ristrutturazione del vecchio edificio ed in appoggio la costruzione di uno nuovo dove ospitare gli ammalati di Alzheimer. La protezione della Madonna non è mancata, la collaborazione di tutto il personale neppure e neanche gli aiuti esterni. L'idea era troppo concretamente buona e la conseguenza non poteva essere che quella di suscitare entusiasmo e solidale partecipazione. Due anni di progettazione, quattro anni di duro lavoro e tanta passione in tutti coloro che, per una ragione o per un'altra, si sono trovati coinvolti nella realizzazione di questa opera umanitaria, hanno dato, alla fine, buoni frutti ed il Nuovo Centro Alzheimer è stato recentemente aperto per dare finalmente un servizio a chi si trova a dover affrontare una malattia tanto difficile da gestire. E' certamente un centro all'avanguardia sotto tutti i profili: cura fisica, benessere psichico e ambiente stimolante. Tutto è stato studiato nei minimi particolari da un equipe di esperti di alto livello, in collaborazione con gli operatori interni, affinché gli ospiti potessero sentirsi come a casa loro, magari con qualche comodità in più. Il nuovo edificio, con la sua struttura a braccia aperte e architettonicamente in armonia con la parte già esistente pare voglia invitare ad una visita per far conoscere a più gente possibile i suoi ambienti interni e soprattutto come ci vivono coloro che vi abitano, cioè gli ammalati. Un insieme armonioso di spazi, luci, colori, suoni, tinte calde e tenui, forme arrotondate degli arredi e assenza di ostacoli creano ambienti rilassanti dove da subito si avverte che ospiti e personale vivono in una particolare simbiosi di affetto, perché ogni ammalato riceve le cure psicofisiche secondo una regola consolidata: l'ospite, la sua dignità, i suoi bisogni e il suo benessere. E' risaputo che quasi tutti gli ultra ottantacinquenni di oggi provengono dalla campagna e che i ricordi lontani non sono del tutto cancellati neppure nella mente di chi è colpito dall'Alzheimer. Ecco che l'isola plurisensoriale (riproduzione in scala di ambienti campagnoli) dà una mano per rinverdire qualche emozione del tempo che fu, in una sorta di ginnastica mentale. Anche l'ampio giardino che circonda la casa è costruito secondo i più moderni criteri per la terapia della motricità senza alcun pericolo, non solo, ma anche con la possibilità di allungarsi nell'orto confinante. Naturalmente tutto avviene sotto l'occhio vigile del personale. Posso non citare la Pet Therapy? No di certo. Whisky un bastardino, bello, furbo e affettuoso quanto mai, se ne offenderebbe troppo, lui che da anni, con coniglietti e canarini, si prodiga per rendere meno monotona la vita della comunità e che non risparmia mai una scodinzolata ai suoi amati ospiti, non me lo perdonerebbe mai. Descrivere i numerosi ambienti e la loro funzionalità terapeutica sarebbe un po' troppo lunga, non mi resta che dire a tutti coloro i quali possono essere interessati a saperne di più che saranno ben accolti per una visita sul posto. Io l'ho fatta e ne sono uscita ammirata e commossa, perché finalmente chi non ha alcuna possibilità di accudire i propri cari in famiglia (e credo siano la maggioranza) ha almeno la tranquillità di vederli curati, come Dio comanda, con amore e professionalità. La nota dolente: gli inevitabili alti costi che si sono dovuti affrontare per realizzare un'opera di così alta portata. Non sarà un albergo da cinque stelle, ma neppure da molte di meno. Nonostante che la Fondazione della Cassa di Risparmio, la Regione, il Comune di Caorso e la Provincia abbiano dato il loro generoso contributo, resta tuttavia un consistente mutuo da estinguere. Ma la fiducia nel … Dio vede e Dio provvede… è inutile dirlo, è proprio totale. Purtroppo anche le rette non possono essere basse per l'alto numero di personale qualificato occorrente per l'assistenza. A questo punto, per tutti coloro che non sono in grado di sopportarne la spesa, lo Stato, o chi per esso, ha l'obbligo di intervenire con una propria integrazione. Spero che questo mio scritto possa servire, per qualche chiarimento in più, per tutti coloro che sfortunatamente si trovano, o venissero a trovarsi in futuro, nelle condizioni che ho illustrato.