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Martedì 17 Dicembre 2002 - Libertà

C'erano una volta le "fiabe fiabesche": con Fulesta parole, oggetti e musica

Santa Maria della Pace - Suggestivo spettacolo di Sergio Diotti

In Santa Maria della Pace, in occasione della mostra dei burattini della famiglia Preti organizzata da PKD e Coop Eredi Guttenberg, in collaborazione con Regione, amministrazioni locali e Fondazione di Piacenza e Vigevano, si è aperto anche il ciclo di quattro spettacoli serali. A Veglia col Fulesta, recital di parole, oggetti e musiche, ha aperto la breve rassegna. Sergio Diotti, accompagnato da Pepe Medri all'organetto diatonico, ha rievocato una figura ormai scomparsa, quella del narratore di favole, un ambulante che in cambio di ospitalità e poche lire, intratteneva bambini e adulti, famiglie intere riunite nella stalla d'inverno dove si stava al caldo o sull'aia d'estate, con narrazioni tramandate a voci di padre in figlio. Sergio Diotti ha esperienza di teatro di figura, marionette e burattini. Dal 1980 si dedica alla narrazione, raccogliendo materiale quand'è possibile anche dalla viva voce dei pochi narratori rimasti, come Maria Fanti di Sant'Alberto di Ravenna. Sono 650 i testi raccolti nell'area romagnola di cui Diotti dispone per confezionare i suo spettacoli, variati ogni volta in funzione dell'uditorio. Tre foli par mil franc: così si presenta il Fulesta, annunciando la sua prestazione a poco prezzo. Teatrante povero, istintivo, il Fulesta si affida alla parola, al gesto mimico, a pochi e poveri attrezzi d'uso comune, adattati alla bisogna: un colapasta, una padella, un pupazzo per evocare le diverse situazioni. L'arte della narrazione orale ha un fascino particolare, sempre avvincente. Lascia allo spettatore il modo e il tempo nonché il piacere di impegnare la propria fantasia per calarsi nel racconto e riviverlo. Il Fulesta ha un modo di raccontare semplice, comprensibile a tutti. Spesso questi narratori erano analfabeti, però abilissimi a catturare l'attenzione, a interagire con il pubblico, sorprendendolo sempre. Così fa abilmente Sergio Diotti, porgendo "fiabe fiabesche d'una volta", citazioni, indovinelli e la storia del topolino che non trova pace o la canzone degli undici mesi, ricuperata nel lontano Medioevo. La "storia di Pierin Pipetta" è la versione romagnola di "Giovannino senza paura" citata anche da Calvino nella raccolta delle Fiabe Italiane, adattabile ogni volta al pubblico astante. Sergio Dotti non è affatto analfabeta, anzi, ricercatore attento, cita anche autori di nome, come Anton Francesco Grazzini (1503 - 84), detto il Lasca, fiorentino, fondatore dell'Accademia della Crusca, commediografo e novelliere. L'"elogio del maiale" ha infatti origini illustri, poi ripreso anche da rimatori popolari, che hanno cantato le virtù e la pazienza dell'animale così poco stimato e così prezioso all'alimentazione umana. Ogni favola, ricorda Diotti, ha lo scopo, oltre al divertimento, di insegnare i comportamenti. Così la storia di Caterina insegna a non essere golosi per non finire in pancia all'orco. In tempo di fame la favola aveva un forte connotato moralistico. Infine la favola dell'uccello grifone, raccolta presso Maria Fanti, è una storia "densa di magìa, da raccontare da ultimo prima d'andare a letto, dice Sergio Diotti, e non mettere troppa paura ai bambini, se no il padrone di casa ti tratta male". Pubblico poco numeroso, però attento e disponibile a giocare con l'attore e lasciarsi catturare dalla magia del racconto e stupirsi.

g. c.a.

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