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Lunedì 16 Dicembre 2002 - Libertà

L'Ottocento dei fratelli Induno

La conferenza di Lucia Pini ha chiuso alla Ricci Oddi "Leggere l'arte"

Si è concluso alla Galleria Ricci Oddi il ciclo di conferenze "Leggere l'arte" iniziativa che ha incontrato un crescente successo di pubblico e che potrà essere ripresa nella prossima primavera. Sempre con il sostegno della Fondazione di Piacenza e Vigevano, sarà anche possibile disporre, ha auspicato il presidente Lino Gallarati, della pubblicazione dei contributi dei vari studiosi avvicendatisi negli incontri. Lucia Pini, come ha precisato Stefano Fugazza nella presentazione, è studiosa particolarmente interessata alla pittura dell'Ottocento lombardo ed è conservatrice del museo Valsecchi di Milano. Ha collaborato con Sergio Rebora alla realizzazione della mostra recente "Gli Induno" a Rancate, dov'era esposto il quadro "La partenza del coscritto" della collezione Ricci Oddi, pervenuto nel '26, per donazione dei cugini del mecenate piacentino Casali Marazzani. La Pini ha premesso, per arrivare a collocare giustamente l'opera di Gerolamo Induno, una sintesi del sistema delle arti, secondo una gerarchia di valori d'origine cinquecentesca, successivamente affidata alle Accademie, fino a tutto l'Ottocento. Al vertice era posto il soggetto storico o religioso per celebrare grandi personaggi, quindi il ritratto e il paesaggio. La "natura morta" e il quadro di genere, accanto a una letteratura a più grande tiratura, trovarono nell'Ottocento dignità artistica grazie al contributo critico di Carlo Tenca, tra i più accesi sostenitori di una pittura che osava celebrare fatti di vita comune, capace di toccare i sentimenti e trasmettere contenuti morali e civili: Patria e Risorgimento. I fratelli Induno si distinsero in questo genere di pittura. Domenico (1815), più anziano di 10 anni del fratello, si impegnò con quadri epici, racconti articolati e dettagliati, come "Pace di Villafranca" (1860 - '62) in cui è esplicita l'indignazione popolare per il tradimento francese. Girolamo Induno fu pittore ma anche combattente, impegnato nelle giornate di Milano, costretto a riparare in Svizzera, poi di nuovo in con i garibaldini in difesa di Roma e quindi in Crimea. Dei campi di battaglia aveva esperienza diretta. Nel quadro "La partenza del coscritto", la Pini ha letto il desiderio del pittore di mettere in primo piano i sentimenti condivisi, lasciando sul fondo gli eventi storici. Dal microcosmo domestico viene la consapevolezza di partecipare a un grande evento di libertà e progresso. La passione garibaldina di Girolamo Induno traspare da piccoli dettagli, la sempre presente immagine del Condottiero, citata nella piccola riproduzione o nel piccolo gesso, nei vari quadri citati dalla studiosa tra cui Triste presentimento, a testimonianza di una cura particolare nella ricostruzione d'ambiente che sarà poi ripresa dal cinema e dal teatro.

Gian Carlo Andreoli

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