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Mercoledì 20 Novembre 2002 - Libertà

Quando Caruso era il re dei dischi incisi su cera

Le voci storiche del '900: curiosità e ascolti rari nel primo incontro con Gualerzi e Landini in Fondazione

"La conoscenza della storia del canto, anche attraverso le registrazioni più antiche, è essenziale per chi voglia comprendere davvero l'opera lirica". Con questo stringato preambolo, i critici musicali Giorgio Gualerzi e Giancarlo Landini (verosimilmente le due persone meglio in grado in tutta Italia, per dottrina e brillantezza d'esposizione, di fare da guida nel mare magnum delle "voci antiche") hanno aperto l'altra sera nell'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano la prima conferenza del ciclo Le voci storiche del Novecento, organizzato dagli Amici della Lirica. Un viaggio nel tempo appassionante, rivelatore per i neofiti ma ricco di spunti istruttivi anche per gli esperti. Questa prima "lezione" - nutrita di ascolti tratti da incisioni a volte rarissime - ha coperto, con un cosmopolitismo davvero inedito per il pubblico lirico di casa nostra, l'età pionieristica del disco acustico inciso su cera dal 1900 al 1925. Amor ti vieta da Fedora, incisa nel 1902 da un Enrico Caruso giovane e ancora "tenore di grazia", rivela la nuova naturalezza espressiva introdotta dal Verismo (l'estremizzazione di questo stile, con note basse enfatizzate e acuti "scoperti" di viscerale presa teatrale, l'ascolteremo con l'Aria della piovra di Mascagni eseguita nel 1905 dal soprano Emma Carelli). Lo stile di canto romantico dei grandi divi ottocenteschi, in Italia, viene in gran parte dissolto da questa "rivoluzione". I "tenori eroici" dell'Ottocento, come Francesco Tamagno e Giovan Battista de Negri, avevano centri sottili e acuti sfavillanti e timbratissimi (il contrario del nostro attuale concetto di "tenore drammatico") oltre a un'arte da "fini dicitori" prossima al teatro di prosa; e impressiona il confronto fra Mattia Battistini, splendido esempio di tradizionale baritono romantico di timbro chiaro e acuto facile (per essere antagonista amoroso del tenore) e lo strapotente Titta Ruffo, che inventa il baritono "scuro" e drammatico che detterà legge nel Novecento. Il canto romantico, cacciato dall'Italia, sopravvive in altre scuole nazionali. Come in Russia (dove una tradizione di grandi maestri italiani crea una sorta di "enclave romantica" documentata dalle interpolazioni belcantistiche al testo musicale operate da virtuosi come il basso Lev Sibiriakov). O nel culto del "bello ideale" proprio del canto francese: ecco gli acuti copertissimi, un'oscura registrazione "live" del leggendario Jean De Retszké (archetipo del tenore "grand - seigneur"), la vocalità "mostruosa" del grand - opéra fotografata nell'abbagliante Sicilienne di "Robert le Diable" cantata dal tenore Jean Escalaïs, il baritono Victor Maurel che sunteggia splendidamente l'arte transalpina del "canto di parola". Interessantissimo l'excursus sui "soprani di coloratura" in cui forse sopravvive, tramandato dall'insegnamento, l'antico stile degli evirati: a "divine" come Adelina Patti e Nellie Melba si aggiunge l'incredibile Trovatore di Irene Abendroth (che offre a Landini il destro per difendere la funzione "retorica" di una certa esecuzione degli abbellimenti). Anche il canto wagneriano, prima di indurirsi nello Sprechgesang che Cosima Wagner imporrà a Bayreuth, aveva molti tratti tradizionalmente romantici (ne è riprova la voce di Hermann Winckelmann, primo protagonista del Parsifal). La serata è durata più dell'ultimo atto di un'opera wagneriana, ma non ha registrato flessioni nell'attenzione di un pubblico ipnotizzato. Alla fine, prima di congedare i presenti con uno dei documenti sonori più impressionanti dell'intera storia del canto (lo stordente, michelangiolesco duello vocale Caruso - Ruffo in Sì, pel cielo dall' Otello di Verdi conservatoci da un'incisione Victor del 9 gennaio 1914), Landini fa un commento illuminante e, per chi scrive, in tutto condivisibile: "Adesso sentiremo una registrazione che seppellisce tutte quelle che abbiamo ascoltato fino ad ora. Devo dire, comunque, che per il mondo canoro "seppellito" da Caruso io provo rimpianto".

o. m.

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