Mercoledì 27 Novembre 2002 - Libertà
Illica, il furore della scrittura
Tampa Lirica - Cataldo e tre belle voci in Fondazione per il ciclo sull'Arquatese: un successo. Con Puccini aiutò il rinnovamento del libretto
Si è felicemente concluso, all'Auditorium di via Sant'Eufemia, il ciclo di conferenze - concerto Luigi Illica e il melodramma verista, organizzato dalla Tampa Lirica, in collaborazione con Fondazione di Piacenza e Vigevano e con la Regione. L'ultima serata era dedicata al rapporto tra Illica e Puccini, soprrattutto attraverso l'analisi della Bohème. Il maestro Glauco Cataldo, prima di affrontare il capolavoro pucciniano ha voluto ricordare al folto pubblico di appassionati, la tradizione tutta italiana del melodramma, riconoscendo a Ottavio Rinuccini il primato di librettista d'opera a servizio della musica (1594). Con i musicisti collaboravano autentici poeti, in accademie artistiche d'ambiente cortigiano. Quando l'opera divenne veramente popolare e la gestione dell'organizzazione degli spettacoli venne affidata ad impresari privati, con l'apertura di nuovi teatri, fu necessario poter disporre di un vasto repertorio che doveva essere rinnovato continuamente (al proposito Cataldo ha citato il caso di Rossini, tenuto rinchiuso dall'impresario Barbaja, perché gli finisse quanto prima Il barbiere. "Felice Romani e Arrigo Boito - ha detto il compositore piacentino - possono essere tenuti fra i più grandi librettisti, legati ad una concezione letteraria del testo, più che teatrale. Ben diverso il caso di Illica che ebbe una gioventù piuttosto movimentata, che non lasciava di certo presagire i buoni esiti successivi". Rimasto orfano di madre, il ragazzo fu mandato a studiare al liceo piacentino, ma le troppe assenze ingiustificate, costrinsero il genitore, di professione notaio, ad affidare l'indisciplinato Luigi a una scuola privata di Cremona. Luigi lasciò la scuola e scappò a Genova dove trovò un ingaggio come mozzo. Trascorse quattro anni navigando, divenendo anche soldato nella guerra russo - turca. Rientrato in patria, a Milano trovò l'ambiente che gli si confaceva e divenne scrittore per il teatro di prosa. Scrisse in milanese L'eredità del Felis, quindi, cogliendo l'occasione che gli si presentava, divenne librettista d'opera. "Illica - ha detto Cataldo - era un poeta sovrabbondante, di getto, minuzioso nelle didascalie, scritte come vere e proprie note di regia". Giulio Ricordi, per contenere tanta esuberanza, conoscendo altresì la sensibilità di Puccini, pensò di mettere a fianco di Illica uno scrittore di teatro di notevole esperienza, baciato dal successo, Giuseppe Giocosa. La convivenza dei due librettisti non fu facile, tanto che lo stesso Giocosa se ne lamentò con Ricordi: "Vi confesso che fare e rifare, limare, per smagrire.. se non fosse per l'amicizia che mi lega a Voi e a Puccini.. avrei abbandonato da un pezzo". "Puccini - ha detto ancora il maestro passando al pianoforte per evidenziare le tante innovazioni musicali presenti nello spartito di Bohème, si trova a lavorare in un momento critico, di passaggio. Da più parti si avverte la necessità di rinnovare il melodramma, per evitarne la morte certa. Puccini guarda verso il futuro e non esita a stupire i critici, i musicisti, andando contro le regole. Citando ricordi personali (la madre era cantante lirica), Glauco Cataldo ha ricordato d'aver sentito gli stessi maestri di canto sconsigliare di interpretare Puccini, perché "rovinava la voce". Ad Illica va riconosciuto altrettanto merito: aver intuito e aderito al rinnovamento anche del libretto. Scrivendo a Ricordi, nel 1907, affermava: "Il verso nel libretto è moda sorpassata .. la parola ha valore, la parola che dice il sentimento, gli stati d'animo.. tutto il resto è blague". La Boheme - ha sottolineato ancora il maestro piacentino - ha due motivi portanti, il freddo, (la povertà) però vinto dalla giovinezza e dalla malattia. Per rendere le atmosfere occorrevano poche parole, ma assoluta novità di modulazione, di cadenze, accordi felpati. Illica, con maestrìa prepara la scena, la descrive nei dettagli, per dar risalto alla psicologia dei personaggi. Puccini si affida alla lezione di Beethoven (Nona sinfonia, evocata al piano), all'invenzione wagneriana del leit - motiv, come farà successivamente Debussy, sei anni dopo, prendendo dallo stesso Puccini. Dalla teoria alla pratica scenica. Il tenore Stefano Montanari si è presentato: Sono un poeta, che cosa faccio? Scrivo". Accompagnato al pianoforte da Patrizia Bernelich. Rossella Redoglia, a sua volta ha proposto: Mi chiamano Mimì, ma il mio nome è Lucia... Quindi, in duetto. Non in programma, ma accolta da calorosi applausi Akiko Koga ( soprano), già vincitrice della prima borsa di studio "Poggi", a interpretare Musetta. Ancora dal terzo atto: Donde lieta uscì al tuo grido d'amore con Rossella Redoglia, in perfetta aderenza al personaggio, e ancora in duetto e poi nel finale tragico che si conclude con il grido, tipico della concezione verista del melodramma : "Mimì, Mimì". Rosssella Redoglia, ben nota al pubblico piacentino, ha terminato le recite al Massimo di Palermo in Racconti di Hoffmann , dopo essere stata al Cairo in Aida. Sarà ancora a Piacenza nel concerto di Natale con l'Orchestra Filarmonica Italiana. Stefano Montanari, altro volto noto ai piacentini, sarà nel cast del prossimo concerto al Conservatorio (10 dicembre) a chiusura delle celebrazioni in onore di Luigi Illica che avrà come ospite il baritono Roberto Servile.
Gian Carlo Andreoli