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Mercoledì 29 Gennaio 2003 - La Voce Nuova di Piacenza

"MONTANELLI? Era un uomo libero"

Elegante e provocatorio, epigrammatico e capace di delineare fatti e personaggi con stringente e ironica evidenza, nella breve perfezione d'un articolo o nella più distesa chiarezza di divulgatore storico. Chi fu davvero Indro Montanelli? Ne ha parlato ieri sera Marcello Staglieno all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano dove ha presentato il suo libro "Montanelli. Una vita controcorrente". E' emerso che Montanelli fu un Principe del giornalismo, con riconoscimenti e successi che mai nessuno ottenne, pur tra discussioni e polemiche che si protraggono a tutt'oggi, per il suo coraggio nell'affrontare in modo eterodosso, come "eretico della destra italiana", sia la quotidianità sia i temi più controversi della Storia. Soprattutto del Novecento: di cui resta, insieme, appassionato testimone e protagonista. In quest'accurata biografia - frutto di una trentennale consuetudine e della conoscenza degli scritti montanelliani e di quanti l'intervistarono e conobbero -, anche attraverso precisi riferimenti testuali e una fiorita aneddotica, Marcello Staglieno ripercorre ogni vicenda pubblica e privata del grande giornalista e scrittore. Anno dopo anno, anzi quasi giorno dopo giorno, da queste pagine emerge altresì come l'anarco-conservatore post-risorgimentale Montanelli - frondeur da fascista e poi da antifascista - seppe valutare, misurandosi non di rado con essi, i protagonisti del giornalismo, della cultura e della politica (da Giolitti a Mussolini, da De Gasperi a Berlusconi) del suo secolo, sino all'alba del Terzo Millennio. All'insegna ogni volta di una profonda passione per la verità, mai disgiunta dal disinteresse personale e dal gusto tutto - toscano di porsi controcorrente. Lo fu sempre: dall'"Universale" di Berto Ricci al "Borghese" di Leo Longanesi, dagli eccellenti reportage (nel conflitto etiopico e nella guerra civile spagnola, nei cento giorni della Finlandia e nella rivolta ungherese del 1956) agli smalti beffardi degli Incontri, dall'abbandono del "Corriere della Sera" alla fondazione del "Giornale" (tra un'ostilità culminata nell'attentato brigatista nel 1977) e a quella della "Voce", sino al ritorno in via Solferino. C'è, in questo libro, "tutto" Montanelli, animato dal "pessimismo della ragione" del suo maestro Giuseppe Prezzolini ma anche dall'"ottimismo della volontà" di Piero Gobetti: i poli opposti della sua contraddittoria coerenza. Il Montanelli che, al di là di qualsiasi polemica, i lettori di ogni generazione continuano ad amare.
Marcello Staglieno, genovese, è stato uno dei fondatori de "Il Giornale" e ha scritto alcuni libri di notevole rilevanza, quali "Nino Bixio", "I ricordi di un filosofo di Nicola Abbgnano" e "Una costituzione per i prossimi trent'anni". E' stato direttore del "Secolo d'Italia". Eletto senatore per al Lega Nord, nel 1992 ha ricoperto la carica di vicepresidente del Senato.
- Cos'ha rappresentato Indro Montanelli per il giornalismo italiano?
"E' stato uno dei più grandi giornalisti del secolo. Insieme a Giovanni Spadolini, Mario Missiroli e Giovanni Ansaldo. La sua scrittura magra, lineare e limpida aveva il pregio di catturare il lettore. E' stato e sarà sempre un grande".
- I suoi epigoni...
"Non ha eredi. E' stato un grande maestro e imitarlo non serve a nulla. Sarebbe una sorta di scimmiottamento di maniera. Indro è stato unico per la sua specificità".
- Meglio come direttore o come giornalista?
"Il direttore non esclude il giornalista. Tutt'altro. Ha saputo dare a "Il Giornale" un'anima in un periodo di grandi difficoltà per certa borghesia che era stanca del "Corriere della Sera" versione Piero Ottone. Il quotidiano di via Solferino era troppo vicino ai comunisti. Per questo nacque "Il Giornale". E attorno a lui si mossero giornalisti come Biazzi Vergani, Besana, Bettiza, tutta gente che sapeva fare molto bene il mestiere dentro e fuori la redazione. Lui ha incarnato meglio di ogni latro quella voglia di indipendenza che altrove era impossibile trovare".
- E la Voce?
"Naufragò. Un vero peccato. Era un quotidiano libero, indipendente e autonomo. Non ha retto tant'è che Montanelli tornò al Corriere".
- Il rapporto tra il grande giornalista e Berlusconi?
"Non facile. Berlusconi diede a Montanelli la possibilità di andare avanti con "Il Giornale" e fino a quando il Cavaliere non entrò in politica i rapporti tra i due andarono benissimo. Una meraviglia. I problemi sorsero quando Berlusconi decise di scendere in campo. Montanelli aveva dentro di sé il senso dell'indipendenza e della libertà. Il fatto di dovere fare i conti con il proprio datore di lavoro che era al tempo stesso presidente del Consiglio gli procurò non pochi problemi di coscienza. E per questa ragione decise di andarsene. Del resto Berlusconi avanzava richieste ben precise sulla linea che avrebbe dovuto tenere il quotidiano. Paradossalmente l'avventura politica di Berlusconi incrinò un rapporto che andava avanti da tanti anni. E fu un guaio per tutti noi".
- Meglio lo scrittore o il giornalista Montanelli?
"Grandissimo in entrambi i casi. La storia d'Italia è un esempio serio e qualificato di giornalismo anglosassone. Prima di lui i libri di storia erano tediosi e noiosi. Fu il primo a coniugare il brio e la vitalità della scrittura con il rigore storico. Una rivoluzione, la sua".
- Come definirebbe Indro Montanelli?
"Un grande uomo libero e indipendente".

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