Martedì 7 Gennaio 2003 - Libertà
Alda Merini, un'anima indocile. "Sono una poetessa battagliera, una donna d'azione"
Testimoni del tempo - Intervista alla protagonista dell'incontro di giovedì sera all'auditorium della Fondazione. La vita, l'amore, i figli: ritratto di una delle figure più intense della poesia contemporanea
Giovedì prossimo sarà a Piacenza, ospite di "Testimoni del tempo", Alda Merini, una delle figure più intense della poesia contemporanea, che la critica ha collocato nell'empireo della lirica italiana dopo anni di vicissitudini dolorose e appassionate, tra cui l'amore per la poesia, i rapporti professionali e affettivi per alcune grandi figure del Novecento letterario e dieci anni di dimenticanza trascorsi in un ospedale psichiatrico. Abbiamo raggiunto telefonicamente Alda Merini nella sua abitazione milanese e le abbiamo rivolto alcune domande. Non è stato facile. "I poeti sono riservati", ci ha detto subito. "Lei vuole sapere troppo", si è lamentata un po' per scherzo e un po' sul serio nel corso dell'intervista. Alla fine, l'impressione che ne abbiamo avuto è quella di una donna forte, difficile: "Un'anima indocile", che è il titolo di una sua raccolta di poesie, è forse la definizione migliore per questa grande poetessa. Signora Merini, il titolo dell'incontro di giovedì è "La vita, l'amore". Che ruolo ha l'amore nella sua vita? "Nella mia vita? Perché proprio nella mia vita? Non è una domanda troppo personale"? Eppure parlando al telefono al pubblico che l'aspettava in piazza Duomo qui a Piacenza nella serata conclusiva della rassegna Carovane 2002, è stata lei a dire che l'amore dei lettori l'ha tenuta in vita... "E' vero. C'è una bella canzone di Gaber che dice "libertà è partecipazione". Anche l'amore lo è. Volersi bene è importante. L'amore del pubblico, l'amore dei lettori sono importanti, anche l'amor proprio, perché in fondo noi dobbiamo anche volerci bene. Ogni tanto l'amore muore nelle persone, tende a morire quando c'è la solitudine, e allora bisogna richiamarlo in vita. Ma l'amore per le cose belle, ricordo che diceva, sempre in quell'occasione, non si spegne mai... Ma, guardi, adesso sono così avvilita per la morte di Gaber che non riesco a pensare ad altro. Un uomo così semplice, amorevole. E poi nessuno sapeva che fosse malato, anzi ho saputo solo ora che aveva avuto la poliomielite e questo mi fa sentire ancora più vicino a lui. Perché come Gaber anch'io non cerco di autocommiserarmi e mi dà molto fastidio quando parlano del mio internamento in manicomio in un modo che è come se dicessero "Eh, poverina, bisogna avere un occhio di riguardo...". No, questo non lo sopporto". E la poesia? Che ruolo ha avuto e che ruolo ha nella sua vita? "Io sono nata poetessa. La poesia, l'ho sempre detto, è un fatto costituzionale, è un po' una marcia in più. Diciamo una marcetta in più... Rispondendo alla sua domanda in parole povere, e anche un po' egoistiche, potrei dire che la poesia mi ha dato molte gratificazioni e molti successi". Si riconosce nella definizione che hanno dato di lei come di una poetessa d'amore? "No, a me non sembra di essere una poetessa d'amore. Io credo di essere una poetessa battagliera, mi sento una donna d'azione. E' vero che ho vissuto nella mia vita forti sentimenti e poi di solito i poeti sono più appassionati, pretendono molto, sono assolutisti, preferiscono magari le passioni disastrose e il disastro della passione agli amori lenti. E così mi sento io, con un'intensità emotiva molto forte, e in questo ci metto anche la sessualità, poiché l'intensità del sentimento coinvolge anche il sesso. Io trovo che l'atto sessuale sia gratificante, terapeutico, necessario alla vita. Ritengo che sia un bisogno di amore anche alla mia età. In questo momento sto scrivendo un libro intitolato "L'eros degli anziani", in cui parlo proprio di questo, dell'amore e dell'innamoramento negli anziani". Lei è stata anche candidata due volte al Nobel per la letteratura. Anche questo è un grande riconoscimento. "Sì, ma credo che il premio più bello della mia vita siano stati i miei figli. Salvare i miei figli tra le brutture e le torture del manicomio è stato un grande atto di coraggio. Io e mio marito abbiamo combattuto lotte incredibili per recuperare i nostri figli, contro l'ignoranza delle assistenti sociali e dei tribunali, contro la supponenza di chi giudica...". La poesia è considerata un genere d'élite. I poeti devono essere colti? E bisogna essere colti anche per leggere poesie? Perché la poesia ha così pochi lettori? "La poesia non è per tutti. Per fare poesia ci vogliono gli strumenti adatti: prima lo studio, poi la scelta delle parole e infine il soffio che porta su... Per quanto riguarda i lettori, penso che si legga poco perché i libri costano molto, e questo è scandaloso". Un giudizio sui poeti di oggi? "Sono tutti molto bravi. E quello che mi dispiace è che sono sempre un po' invidiosa...".
Caterina Caravaggi