Martedì 25 Febbraio 2003 - Libertà
Arbasino, sguardo ironico sull'Italia. L'esperienza condivisa con Ennio Flaiano a "Il Mondo"
Testimoni del tempo - Incontro con lo scrittore all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano. Un'occasione straordinaria: ripercorsi oltre quarant'anni di vita letteraria e di storia sociale
Oltre 40 anni di vita letteraria italiana, e di storia sociale, ripercorsi attraverso lo sguardo ironico e disincantato di Alberto Arbasino, ospite ieri sera all'auditorium della Fondazione per il ciclo "Testimoni del tempo". "Un'occasione un po' straordinaria - ha esordito il critico Eugenio Gazzola, presentando l'incontro - perché Arbasino non è solito partecipare a serate di questo tipo". Un'occasione veramente straordinaria lo è senz'altro stata per il numeroso pubblico presente in sala, perché lo scrittore e saggista, "sperimentatore letterario, polemista, commentatore un po' feroce dei costumi nazionali" non solo ha svelato -sollecitato dalle domande di Gazzola, l'autore teatrale e studioso Stefano Tommasini, l'assessore alla cultura Stefano Pareti e altri intervenuti - qualcosa della sua poliedrica personalità, ma ha anche proposto acuti ritratti di famosi protagonisti della scena culturale.
Se Tommasini ha rivelato il suo debito di riconoscenza per aver conosciuto lo scapigliato Licini grazie ad Arbasino (e Sanguineti), lo scrittore ha precisato come Carlo Dossi e compagni fossero emarginati in quegli anni dallo stesso Carlo Emilio Gadda, "come se non gli interessassero". Il lombardo Arbasino, nativo di Voghera, andava invece alla ricerca di quella che lui stesso chiamava "la Lombardia fantasma" ed individuava "costanti etniche": "A distanza di molti secoli vediamo ad esempio comparire a Como Plinio il vecchio e Paolo Giovio", due eccezionali eruditi. Tra gli autori amati dalla neoavanguardia, anche i formalisti russi, gli audaci sperimentatori attivi negli primi anni della rivoluzione, conosciuti in Italia anche grazie allo slavista Angelo Maria Ripellino. "Eppure lui, studioso intelligentissimo, di grandissima invenzione e fantasia, scopritore di un'infinità di dettagli, non amava molto - ha rivelato Arbasino - i formalisti, né Chomsky né Jakobson", (i padri dello strutturalismo, ndr). La storia consegna a volte ritratti parziali o travisati. "Ennio Flaiano è stato uno dei miei amici più cari e simpatici. Il suo dolore lo teneva per sè. Aveva una grande cultura che non gli era riconosciuta ed era trattato malissimo, anche da Fellini. Ancora oggi è però ricordato soprattutto per la sua fama di battutista, ingiusta perché marginale rispetto alla sua complessità". Flaiano ed Arbasino condivisero l'esperienza giornalistica a Il Mondo di Pannunzio. Un ambiente dove la satira e la boutade abbondavano, come ha ricordato Arbasino: "C'era chi dava soprannomi a tutti. Nenni ad esempio era "il brutto addormentato nel basco"". Gli anni Sessanta a Roma sono identificati ormai da tutti come "La dolce vita". Nel centenario della nascita di Simenon, c'è chi ha rammentato il dialogo con il romanziere belga riportato in "Parigi o cara", pubblicato nel 1960, in cui la televisione era descritta cpme lo specchio della realtà. "Simenon era giurato al Festival di Cannes, dove in quell'anno fu premiata "La dolce vita" di Fellini" - ha precisato Arbasino, ribadendo come secondo lui ancora oggi la tv rispecchi il pubblico, con tutte le conseguenze che quest'affermazione comporta. In finale, lo scrittore ha letto alcuni brani da "Rap!" da "La bella di Lodi", edito nel 1972 e recentemente ripubblicato da Adelphi. Un romanzo sociologico che racconta la Pianura Padana nel periodo di trasformazione dell'agricoltura tradizionale e di meccanizzazione industriale. "La vera protagonista è però l'autostrada del Sole" che cambia il paesaggio e insieme a questo la vita di chi vive lì attorno negli anni di quell'apparentemente inarrestabile boom economico.
Anna Anselmi