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Sabato 15 Febbraio 2003 - La Voce Nuova di Piacenza

Quattro "Lunedì libertari"

Ciclo di conferenze all'auditorium della Fondazione

Un ciclo di quattro conferenze per ciascuno dei lunedì che vanno dal 17 febbraio al 10 marzo. Quattro appuntamenti, sempre alla stessa ora (le 18) e sempre nella stessa sala (l'Auditorium della Fondazione in via Santa Eufemia 12). Come dice la locandina del programma lo scopo è quello di conoscere il pensiero libertario, dar modo a ciascuno di confrontarsi con le idee degli "estremisti" della libertà. La conferenza d'apertura (17 febbraio) sarà tenuta da Guglielmo Piombini, un giovane ricercatore di Bologna, autore dei primi saggi in lingua italiana sulla ecologia di mercato. In libreria ha mandato di recente "La teoria liberale della lotta di classe", "La proprietà è sacra", "Il libro grigio del sindacato", tutti pubblicati dall'editrice Il Fenicottero. Piombini, nell'occasione, concentrerà la sua relazione sul tema "Le città americane, la deregolamentazione urbanistica e l'ambiente".
Il pensiero libertario poggia su alcuni postulati fondamentali. La perfezione non è di questo mondo, non è possibile e nemmeno auspicabile. L'individuo, ciascuno nella sua diversità, è l'alfa e l'omega di ogni approccio politico e sociologico. Lo Stato invece è un Moloch da tenere a bada. Anzi da ridurre quando più è possibile ai minimi termini, fino al suo superamento definitivo. Come affermò Thomas Jefferson, presidente degli Stati Uniti d'America più di due secoli fa: lo Stato che governa meglio è quello che governa meno. Massimamente - si spingono i libertari - se non governa affatto. Perché la società ideale è fatta di individui che si governano da soli, mediante aggregazioni volontarie e d'impresa, secondo i principi della libera e pacifica concorrenza. E i conflitti si regolano in tribunali privati dell'arbitrato.
Il pluralismo, e non la riduzione ad uniformità, è la ricchezza dell'uomo. Persino l'egoismo individuale, creando un quadro di automatici pesi e contrappesi, agisce come una forza positiva al servizio della società di liberi.
Il fallimento dello Stato è evidente proprio là dove in genere si invocano maggiori interventi autoritativi: la giustizia sociale e l'ambiente.
In nome della giustizia sociale taluni Stati hanno commesso (e commettono) ogni sorta di crimine. Tutti, in diversa misura, mantengono costosi apparati burocratici ben più preoccupati di sé che dei bisognosi. Quanto all'ambiente, proprio Guglielmo Piombini ha divulgato in Italia l'ecologia di mercato, vale a dire le modalità con le quali le regole del libero mercato possono difendere l'ambiente meglio di quanto non facciano le pubbliche amministrazioni. Il bene pubblico è in genere sporco e trascurato mentre il privato è pulito e accurato. Quindi la cura dello scempio ambientale non passa dallo Stato ma da una maggiore privatizzazione dei beni da difendere. Gli elefanti dello Zimbabwue, affidati alle tribù, prosperano. Quelli keniani tutelati con leggi severissime dallo Stato diminuiscono inesorabilmente.
Le carrette del mare sversano contenuto untuoso delle stive nel mare di tutti. E nessuno, paga, nessuno risarcisce. Così non sarebbe se sul mare si costituissero diritti di proprietà. Può sembrare stravagante ma lo è meno di quanto si pensi. Ogni Stato, sulle proprie acque territoriali (in genere 24 miglia dalla costa) vanta diritti di sovranità. Solo che lo Stato, l'abbiamo detto, è per definizione inetto e incapace di difendere le sue proprietà.
Dal mare alle città. Le leggi urbanistiche e i Piani regolatori non hanno impedito l'imbruttimento dei centri antichi e l'abbrutimento delle moderne periferie.
L'ardita scommessa dei libertari è anche in questo campo - assai ostico per il nostro conformistico modo di pensare - l'emancipazione dallo Stato puntando invece al governo dell'ambiente mediante le regole del mercato.

Cesare Zilocchi

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