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Giovedì 13 Febbraio 2003 - La Voce Nuova di Piacenza

Diario dalle grotte di Rocca D'Olgisio

Mercoledì prossimo, 19 febbraio, alle 17,30, all'auditorium Santa Margherita della Fondazione di Piacenza e Vigevano (via Sant'Eufemia 12) sarà presentata la pubblicazione "La scoperta delle grotte di Rocca d'Olgisio" del piacentino (della Val Tidone) Antonio Zucconi, ricercatore e appassionato conoscitore di preistoria. Interverranno lo storico del Centro studi romei di Firenze, Gian Carlo Alberto Baruffi e l'archeologa Piera Saronio, della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia - e funzionario di zona per il Piacentino della Soprintendenza ai Beni Archeologici dell'Emilia Romagna dal 1984 al 2000 -, di cui di seguito pubblichiamo l'introduzione al volume:
Antonio Zucconi, abitante a Pianello Val Tidone, originario di Strà, in comune di Nibbiano, dedica ogni momento del suo tempo libero alla ricerca archeologica, paleontologica e mineralogica nella Val Tidone.
Frutto delle sue ricerche di superficie, che segnala accuratamente, volta per volta, ai funzionari della Soprintendenza per i Beni Archeologici, è il notevole ampliamento delle conoscenze su una serie di siti preistorici, protostorici, romani, altomedievali. In questa estesa attività si inserisce la sua ricerca sulle grotte di Rocca d'Olgisio, condotta a partire dal 1996.
La Rocca d'Olgisio, castello di origini altomedievali circondato da sei cinte murarie aggiunte al nucleo originario fra basso Medioevo ed età rinascimentale, si erge su pareti a picco di calcare, verso le valli del Chiarone e del Tinello, tributari del Tidone, traforate da una serie di grotte, di origine naturale, di cui molte recano segni di lavorazioni umane. Si tratta di una serie di manufatti, da fori per pali quadrati o circolari nella superficie pavimentale o in quella sommitale della grotta, a adattamenti del piano di calpestio, a piccoli anfratti ricavati nelle pareti, forse usati come ripostigli, a gradini scavati nella roccia che mettono in comunicazione le grotte una con l'altra, a veri e propri giacigli, banchine parietali, imponenti gradinate interne (fino a venticinque gradini in una delle grotte più grandi).
Questo complesso di lavorazioni, che si estende anche ad alcune rocce a cielo aperto, che recano fori per pali, gradini, vasche per la conservazione dell'acqua, alcune con canalette di scolo, denota un'imponente attività umana nella zona, che si estende presumibilmente per un lungo periodo.
La maggior parte delle grotte sono rimaste aperte attraverso i secoli e sono state riusate in svariati periodi, alcuni molto vicini a noi, come il periodo della Resistenza, che ebbe un importante centro in Val Tidone; le opere umane in tali grotte naturalmente non sono databili.
Alcune grotte erano state ostruite dalla sabbia dovuta alla disgregazione della roccia calcarea; due di queste sono state esplorate e hanno restituito, dal piano basale al disopra della roccia, ceramiche d'impasto attribuibili rispettivamente all'età del Bronzo recente e alla seconda età del Ferro.
Nei camminamenti presso alcune grotte sono venuti in luce una perla in pasta vitrea gíalla e blu, di età gallica, e un frammento con orlo di coppetta di vetro soffiato di età imperiale romana. Il complesso delle grotte è attualmente in fase di rilevazione e di studio.
Che le grotte fossero utilizzate parte come abitazioni, parte come necropoli, parte per il culto, è una suggestiva ipotesi di lavoro, che necessita ancora di conferme. Un indizio dell'uso funerario di alcune di esse può essere il rinvenimento di simboli funerari, come le palette da ossilegio, incisi sul fondo di una grotta.
L'abitato preistorico rinvenuto sul pianoro alla base delle pareti rocciose potrebbe essere in rapporto con l'utilizzazione delle grotte, anche se le datazioni dei materiali litici rinvenuti nell'affioramento non corrispondono a quelle delle lavorazioni umane nelle grotte, che, essendo state eseguite con strumenti metallici, risalgono ad età protostorica, non preistorica. Non è escluso che alcune delle lavorazioni si possano attribuire ad età alto medievale.
L'interpretazione è resa più difficile dal fatto che lavorazioni della roccia entro grotte sono note, nella zona, solo a Rocca d'Olgisio, sito con caratteri geologici, oltre che naturalistici, del tutto particolari.
La scoperta delle grotte, con i suoi aspetti avventurosi, è comunque un merito di Antonio Zucconi; l'esplorazione continua, e porterà a risultati per ora solo parzialmente ipotizzabili.
Si deve ad Antonio Zucconi anche un rilevamento fotografico di buon livello delle grotte e un'opera di divulgazione attraverso visite guidate, conferenze, e ora attraverso la pubblicazione del diario delle sue ricerche.
Al diario delle scoperte di Antonio Zucconi farà seguito l'edizione delle grotte, di cui è in corso il rilevamento grafico.

Piera Saronio da "La scoperta delle grotte di Rocca d'Olgisio" (edito dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano)

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