Martedì 18 Marzo 2003 - Libertà
Zulian: io, seguace di Corelli
Municipale - Il tenore si racconta. Venerdì e domenica sarà Calaf nella Turandot. "Amo questa lettura astratta dell'opera"
Fervono i preparativi per la Turandot di Puccini in scena al Municipale venerdì 21 alle 20.30 (turno A di abbonamento) con replica in matinée domenica 23 alle 15.30 (turno B). Prodotto dal Teatro Comunale di Modena in collaborazione con Municipale, il Comunale di Ferrara e i Teatri di Reggio Emilia, questo allestimento è firmato dal direttore d'orchestra greco Lukas Karytinos alla guida dell'Orchestra della Fondazione Toscanini ed è stato ripreso a Ferrara nello scorso fine settimana dopo aver debuttato a Modena. Protagonista, nella parte della gelida e altera principessa cinese eroina il cui nome dà il titolo all'opera, sarà una delle Turandot oggi più acclamate dalle platee liriche di tutto il mondo: la bravissima e bella Francesca Patanè, un soprano che il pubblico piacentino ben ricorda come Lady nel Macbeth di Verdi inscenato al Municipale due anni fa. Il tenore Renzo Zulian interpreterà il ruolo del principe Calaf, mentre la parte di Liù sarà cantata a turno dai soprani Cristina Barbieri (venerdì) e Susanna Branchini (domenica). Il resto del cast comprende Riccardo Ferrari (Timur), Paolo Borgogna (Ping), Gianluca Floris (Pang), Alessandro Cosentino (Pong), Stefano Consolini (Altoum), Lorenzo Muzzi (un mandarino), Roberto Carli (principe di Persia). Il Coro del Comunale di Modena sarà diretto da Stefano Colò, il Coro di voci bianche Schola Puerorum di Modena sarà guidato da Daniele Bononcini. Regia e scene sono di Giuseppe Frigeni, regista lirico che dopo aver lavorato a lungo in Francia firma con questa Turandot il suo primo grande allestimento in Italia. Lo assistono Marina Frigeni (per la regia e le coreografie) e Lucia Goj (per la scenografia). I costumi sono di Amélie Haas, le luci di Guido Levi. Capolavoro tra i massimi del teatro lirico del Ventesimo Secolo (e di tutti i tempi), Turandot (basata su un libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni ispirato a Turandotte, fiaba teatrale di Carlo Gozzi datata 1762) è l'ultima opera di Puccini, che morì senza aver fatto in tempo a terminarne la composizione. Il lavoro ebbe la sua "prima" postuma nel 1926; la partitura fu completata da Franco Alfano che, vistosi respingere da Toscanini il finale da lui proposto, ne preparò una versione rimaneggiata che (sebbene molti musicologi la giudichino inferiore alla prima) è entrata stabilmente in tradizione: quello che ascolteremo a Piacenza sarà appunto il "secondo finale" di Alfano. C'è un passo di Turandot che, grazie alla sfavillante incisione e alla popolarità mediatica di Pavarotti, è diventato familiare anche agli ascoltatori digiuni di lirica: è Nessun dorma, la suggestiva aria del tenore nell'ultimo atto (che il pubblico di massa ha ormai rititolato Vincerò). "Quando entri in scena per attaccare Nessun dorma ti tremano veramente le gambe, perché l'attesa degli spettatori è altissima - sorride il tenore Renzo Zulian - Per questo, quando ho ripreso l'opera a Ferrara dopo che Nicola Martinucci aveva cantato nelle recite di Modena, la caldissima risposta del pubblico mi ha riempito di gioia: questo allestimento sta riscuotendo un magnifico successo e io sono molto felice di lavorare con questo cast". Originario del Lido di Venezia, Zulian ha debuttato in teatro nell'82; ma è in questi ultimi anni che ha ottenuto le più significative gratificazioni professionali, come il successo che nel 2001 ha salutato un suo Trovatore a Siviglia e un suo Andrea Chénier al Teatro Verdi di Trieste. Come si è misurato col personaggio di Calaf? "Rispettando scrupolosamente le indicazioni fissate da Puccini in partitura e facendo tesoro dei consigli del grande Franco Corelli, che è stato mio maestro per 4 anni. Quando mi ascoltò per la prima volta, Corelli mi disse: "Tu potresti cantare in teatro già adesso. Ma, se verrai da me, ti insegnerò le tecniche vocali dei grandi maestri del passato, che ti saranno molto utili". Dal punto di vista teatrale, poi, mi sono attenuto alle direttive del regista Frigeni, che ha dato vita a una messa in scena astratta in cui ogni personaggio vive la storia a suo modo, e che a me ha raccomandato il massimo distacco". Più di un critico ha parlato di lei come di uno dei pochi tenori drammatici italiani della sua generazione. Si riconosce in questa definizione? "No: per me l'unico tenore drammatico oggi attivo in Italia è Giuseppe Giacomini. Sono un tenore lirico-spinto, ma considero la parte di Calaf perfettamente alla portata di una vocalità come la mia". Ci sono tenori del passato che per lei rappresentano un modello? "Oltre al mio maestro Corelli, Del Monaco e Pertile. E Francesco Merli, il grande tenore degli anni Trenta che, come Calaf, preferisco anche a un mostro sacro come Giacomo Lauri-Volpi".
Oliviero Marchesi