Venerdì 7 Marzo 2003 - La Voce Nuova di Piacenza
Einstein, a cavallo d'un raggio di luce
Pasquale Tucci, ingegnere ed epistemologo, è professore di Storia della Fisica presso l'Università degli Studi di Milano. E' specializzato sui temi della fisica dell'Ottocento e del Novecento. Nell'ambito dei mercoledì della scienza, organizzati dal Dipartimento di Fisica del Liceo scientifico e dall'associazione Amici del Respighi, all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, ha tenuto una conferenza dal titolo "Per mezzo secolo a cavallo di un raggio di luce. Lo sviluppo del programma relativistico di Einstein dall'adolescenza fino alla vecchiaia". L'argomento è molto vasto - si consideri che in una prossima pubblicazione l'opera integrale dello scienziato occuperà ben 25 volumi di almeno 600 pagine ciascuno - per cui il prof. Tucci ha dovuto operare dei ridimensionamenti radicali per concentrare nel breve spazio di un'ora i punti salienti della vita di Einstein. Quell'immaginarsi a cavallo di un raggio di luce, riflessione di un Einstein sedicenne, da lui stesso ricordata nel tentativo di ricostruire i percorsi che lo avevano portato alla sua teoria più famosa, quella della relatività, già rivela la genialità di una mente straordinaria, acutissima, capace di andare molto al di là del senso comune e di portare avanti i suoi ragionamenti con stringente logica.
Einstein, dice Tucci, è un'icona. Tutti conosciamo Einstein coi capelli al vento, Einstein che suona il violino, Einstein che fa le boccacce, Einstein che ispira la costruzione della bomba atomica, Einstein pacifista.
Einstein è stato un autodidatta. Spirito ribelle, non seguiva le lezioni. Neppure nel periodo italiano, a Milano e a Pavia, a scuola non andava. Appena dopo la laurea conseguita il 27 luglio del 1900 al Politecnico di Zurigo, fallito il tentativo di ottenere un posto di assistente all'Università, ottiene un impiego all'Ufficio Brevetti di Berna. Nel 1905 Einstein ha 26 anni. Entra nel suo periodo d'oro, che durerà una quindicina d'anni. Quell'anno pubblica sulla più prestigiosa rivista scientifica, gli "Annalen der Physik", diretta da Max Plank, tre famosi saggi, uno sull'effetto fotoelettrico e la natura corpuscolare dei quanti di luce, l'altro sul moto browniano e infine quello più famoso sulla relatività ristretta, in cui dimostra che materia e energia sono equivalenti. E = mc2 è un'altra icona dei nostri tempi. Einstein è allora un illustre sconosciuto. Gli articoli esprimono idee solo sue. Non contengono nessuna citazione, nessun riferimento ad altre pubblicazioni, solo i ringraziamenti al suo amico Michele Besso, l'ingegnere italiano che gli farà sempre da spalla nei suoi ragionamenti. Nel 1916 pubblica, sempre sugli Annalen, la sua teoria della relatività generale.
Con quegli articoli Einstein ha cambiato le strutture concettuali della fisica. Non solo ha introdotto il concetto di fotone, andando a rispolverare la teoria corpuscolare della luce, quando era ormai assodato che la luce era un'onda, un'onda elettromagnetica, ma ha scardinato i concetti di spazio e di tempo, non più assoluti, ma legati al sistema di riferimento. La luce e la sua velocità, sono la chiave di volta della costruzione della sua teoria. La velocità della luce non solo è costante, non solo rappresenta la massima velocità lecita nel nostro mondo, ma ha anche una velocità indipendente da quella della sorgente. Se io cammino nel corridoio di un treno, la mia velocità, rispetto alla stazione è la somma della velocità del treno e della mia velocità sul treno. Ma la velocità della luce emessa da una candela è sempre la stessa, sia che la candela sia ferma alla stazione sia che si trovi sul treno in corsa.
Einstein è un teorico. Quando pubblica la sua teoria della relatività generale indica tre fenomeni cosmologici che possono confermarla. Il primo riguarda l'orbita di Mercurio, il pianeta più vicino al sole, che mostra una strana inspiegabile anomalia nella sua orbita. La sua teoria la spiega. Il secondo è il "red shift" cioè l'allungamento della lunghezza d'onda della luce di una stella quando si sta allontanando da chi la osserva, il terzo è l'incurvamento dei raggi di luce al loro passaggio vicino a una grande massa gravitazionale. Occorreva un'eclisse di sole per poter osservare il fenomeno. La prima eclisse utile si era verificata durante la prima guerra mondiale e non poté essere sfruttata. Attorno al problema si era generata una grande attesa. L'eclisse di sole del 1919 consente finalmente le misure, che confermano pienamente la teoria di Einstein. Sì, la luce di una stella lontana viene deviata quando passa nelle vicinanze del campo gravitazionale del Sole. E' la gloria. Einstein diventa improvvisamente famoso, più di una star internazionale. Diventa un mito. Inossidabile, che continua a resistere al tempo. Nel 1921 gli viene assegnato il Nobel. Curiosamente, non per la teoria della relatività che gli aveva dato la fama, bensì per l'effetto fotoelettrico. Tucci spiega che mai il Nobel per la fisica era stato assegnato a un fisico teorico. E non si intendeva rompere la tradizione. Qualcuno suggerì un escamotage. Perché non premiare il suo lavoro sull'effetto fotoelettrico del 1905? E così farà la Reale Accademia delle Scienze di Stoccolma. Anche il "red shift" verrà confermato.
Dopo quegli anni straordinari, Einstein si dedica alla teoria unificata del campo, che non sarà mai acclarata. Ma è questa teoria, cinquant'anni dopo la scomparsa di Einstein a suggerire ancora oggi le linee di ricerca della fisica. E' ancora il pensiero, la genialità di Einstein a vincere. Che è convinto che le leggi della fisica debbano avere validità universale, che la natura abbia una sua profonda unità e che possa essere descritta con leggi analoghe, similmente strutturate, anche quando si riferiscono a campi d'indagine diversi, quali possono essere la meccanica e l'elettromagnetismo.
Altra convinzione di Einstein circa la scienza è il suo ruolo sociale, quale elemento unificante, di pacificazione e di civilizzazione dei popoli. Ma nel 1939, sotto l'incubo nazista, firma la famosa lettera a Roosvelt indicando il pericolo concreto che gli scienziati nazisti costruiscano per primi la bomba atomica, ispirando così il progetto Manhattan. Finì la vita da convinto pacifista. Si oppose, infatti, al lancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Insieme a Bertrand Russel fu uno degli ispiratori dell'ONU. L'11 di aprile del 1955 firma, insieme al filosofo, un manifesto per il disarmo nucleare. Una settimana dopo muore.