Giovedì 6 Marzo 2003 - Libertà
Braghieri, inseguendo il mito di Sisifo
Da sabato la personale del pittore piacentino alla Rosso Tiziano: esposti dipinti e disegni
Dopodomani, sabato 8 marzo, alle ore 18, alla Galleria Rosso Tiziano apre una mostra dedicata a Giancarlo Braghieri. Nei suggestivi spazi della ex chiesa dei SS. Nazzaro e Celso sono esposti dipinti recenti, della serie dedicata a Sisifo, e diversi significativi disegni che rappresentano un tutt'uno con l'opera pittorica perché è attraverso di essi che l'artista ha sempre sviscerato il proprio "Io" prima di affrontare la tela. Disegni che non hanno però nessun scopo preparatorio al dipinto ma che vivono in maniera autonoma alla stessa stregua delle opere più complesse di Braghieri. In essi l'incanto del colore lascia il posto all'ineffabile bellezza del segno che si materializza mantenendosi sempre vigoroso ma allo stesso tempo leggero, incisivo ma in egual misura armonioso, concreto nella sua materia pregna di significati ma etereo per quella poesia che pervade ogni tavola, anche la più drammatica e cupa. Il mistero del segno è il titolo che Braghieri ha voluto per il volume antologico che esce in occasione della mostra. Un volume, edito da Tipleco con il sostegno della Fondazione di Piacenza e Vigevano, nel quale sono contenuti scritti di persone che con Braghieri hanno avuto una comunanza di esperienze e di amicizia. Da Pier Luigi Peccorini Maggi, che ne ha seguito tutta la vicenda non solo artistica ma anche umana, a Stefano Fugazza, legato al pittore da una stima che non è mai venuta meno, da Laura Gavioli, il cui "innamoramento" per la pittura di Braghieri si deve alla realizzazione della mostra sul "Fantastico a Palazzo Gotico", al sottoscritto, che lo ha conosciuto nel 1995 in occasione dell'antologica al Castello di Travo. In quell'occasione Fugazza mi disse di lui: "E' un artista umanissimo, capace di riconoscere all'inconscio e alla fantasia i loro diritti ma anche ostinato ad esercitare la propria potente volontà costruttiva". Ed era vero. In questo decennio ho imparato ad apprezzarne le doti artistiche ed umane che ne fanno un uomo semplice, legato alle cose semplici di tutti i giorni: agli affetti, al vigneto di Vicobarone, alle amicizie e a quella voglia di ridere dietro la quale, forse, nasconde un po' di malinconia dovuta alla consapevolezza del tempo che a poco a poco scorre via e che tutto inghiotte. "Guido Reni diceva che dipingere è fatica, non intendeva la fatica fisica, ma la fatica dell'occhio della mente" ha scritto Braghieri sul risguardo di copertina del volume dedicato al suo lavoro. "Cercare in pittura un proprio stile è fatica, io ho cercato di elaborare un linguaggio semplice, che parte dall'uomo mito (Sisifo, il simbolo) trasfigurato tra simbolismo della figura umana e armonia del segno". Che aggiungere a questa riflessione di un Braghieri che, come ha bene sottolineato il prof. Arisi in occasione della recente inaugurazione del ciclo di opere destinate all'Università Cattolica, si trova ormai completamente a suo agio sia con la penna che con i colori? E' questa armonia del segno che gli permette di fondere elementi eterogenei per riportare a galla il significato intrinseco delle cose, l'appartenenza al campo della realtà visibile, la trasmissione di un'idea in un impulso che si trasmette in un gesto producendo quell'imperscrutabile realtà costruita di fantasia e colore. In un vecchio catalogo lo stesso artista richiama un pensiero di Plotino: "Quanto più la materia perde forma, tanto più è simile al modello originale, l'idea". Nel suo cammino di pittore Braghieri sembra aver seguito questa frase raggiungendo nelle opere più recenti una astrazione quasi totale (ma già presente in certi lavori dei primi anni Settanta come Paesaggio autostradale, Salomè o Il padrone del tempo): caotiche geometrie - ma caotiche solo all'apparenza, essendo ben costruite sia sul piano compositivo che strutturale - richiamano il nostro mondo contemporaneo fatto di fretta e di microchips dove però l'uomo continua il suo eterno peregrinare spingendo il greve masso della sua esistenza lungo una china che sembra non aver mai fine. Anche i cromatismi più delicati dei lavori sulla mitologia a poco a poco si sono caricati di rossi sanguigni (già nella serie dedicata al Tempo) ed ora portano la tavolozza di Braghieri ad accendersi in un dinamismo carico di pulsioni. Dai dipinti ai disegni, dai disegni ai dipinti. Non vi è né un prima né un poi. Il disegno come il dipinto fa parte di Braghieri, il disegno come il dipinto nasce da un'esigenza espressiva, dalla voglia di fissare in immagini un'idea, da un desiderio di rendere partecipi gli altri del proprio io più profondo. "Tu sarai solitario... Sarai come la gru, che le sorelle han lasciata nella cruda stagione, mentre vanno a cercare in lontane contrade la primavera" recitavano i versi di Holderlin riportati su un catalogo dell'artista per una mostra torinese. Braghieri ha superato la propria indole (apparentemente) solitaria attraverso i suoi lavori, che diventano il viatico di un pensiero che si fa forma e colore.
Carlo Francou