Martedì 1 Aprile 2003 - Libertà
Esotiche malìe, ecco un raro Bizet
Municipale - Venerdì e domenica per la stagione lirica arriva "I pescatori di perle" da Reggio. Parabola sulle insidie dell'amicizia, quattro voci in scena
Con Les pêcheurs de perles (I pescatori di perle), l'opera lirica di Georges Bizet che andrà in scena al Teatro Municipale venerdì 4 aprile alle 20.30 (turno A di abbonamento) con replica in matinée domenica 6 alle 15.30 (turno B di abbonamento) come penultimo appuntamento della stagione lirica 2002-03, farà la sua comparsa sulle scene liriche piacentine un titolo raro e prezioso, ancorché diversi suoi momenti siano ben familiari agli appassionati e siano stati, per la splendide figure che questa partitura consente alle belle voci di mietere, pezzi forti dei concerti di molti grandi interpreti (tenori, soprattutto). Basti dire che quello del prossimo fine settimana è solo il quarto allestimento dei Pêcheurs - contando anche le versioni in italiano - che il nostro Municipale abbia ospitato nei suoi due secoli di vita (l'ultima risale al 1969-70, col soprano piacentino Gabriella Mazza nella parte di Leila). Coprodotta dal Municipale con I Teatri di Reggio Emilia e il Municipale di Ferrara, questa edizione dei Pêcheurs vede il direttore Reynald Giovaninetti alla guida dell'Orchestra della Fondazione Arturo Toscanini e di una compagnia di canto composta dal tenore Stefano Secco (Rodolfo nella Bohème andata in scena al Municipale nella stagione scorsa) nella parte di Nadir, il soprano Doina Dimitriu (Leila), il baritono Alessandro Corbelli (Zurga) e il basso Enrico Iori (già nel Tancredi che ha aperto questa stagione piacentina) nei panni del sacerdote Nourabad. Franco Sebastiani è maestro del Coro "Claudio Merulo" di Reggio Emilia. La regia è firmata da Pier Francesco Maestrini, le scene e i costumi da Alfredo Troisi. C'è, nei Pêcheurs, un numero giustamente celeberrimo. E' Je crois d'entendre encore, l'aria di Nadir che da 140 anni è - anche nella sua versione italiana Mi par d'udire ancor - un cavallo di battaglia per tenori grandi e grandissimi: una delle melodie più fatate di tutta la musica francese, riscoperta dal grande pubblico un paio d'anni fa grazie al film di Sally Potter The man who cried - L'uomo che pianse (in cui era un Salvatore Licitra in stato di grazia a prestare la voce, in doppiaggio, all'attore John Turturro che impersonava un cantante italiano). Ma questa meraviglia (così come i grandi duetti del primo e secondo atto) non è certo l'unico pregio di quest'opera composta nel 1863 da un Bizet venticinquenne, e che non sarebbe forse mai finita in ombra se il suo autore non avesse firmato una dozzina d'anni dopo quell'Opera per Eccellenza che è Carmen. Ambientata fra pescatori di perle nell'isola di Ceylon (un tributo all'esotismo imperante nel gusto francese a metà dell'Ottocento), la trama congegnata dal libretto di Eugène Cormon e Michel Carré è costruita attorno al classico triangolo amoroso, complicato dal motivo del rimorso e della gelosia che nascono dal tradimento di un'amicizia virile: quella fra il pescatore Nadir e il suo capo Zurga, entrambi innamorati della sacerdotessa Leila, votata alla castità ma a sua volta innamorata di Nadir (l'edizione in scena a Piacenza conserva il primo - e più bello - dei diversi finali scritti per l'opera: quello in cui Zurga salva l'amata e il rivale dalla pena capitale per sacrilegio e contempla tristemente la loro barca che si allontana sul mare). Ma questa esile trama viene trasfigurata dal fascino straordinario della musica creata per l'occasione dal genio precocissimo di Bizet: avvolgente, sinuosa, sensuale, animata da magici effetti coloristici e languidi indugi, sospesa in un clima irreale fra estasi e sogno. E' come se, in queste pagine, l'impressionismo musicale di Debussy bussasse alle porte con decenni di anticipo.
Oliviero Marchesi