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Martedì 24 Maggio 2005 - Libertà

"Mangiare, gesto elementare della vita"

I peccati di gola. Approfondimento con l'autore de "La struttura originaria"

"A Piacenza torno volentieri". Così esordisce il filosofo Emanuele Severino, che è stato un graditissimo ospite, nei mesi scorsi, della rassegna Testimoni del tempo all'auditorium della Fondazione.
"Proprio domenica - prosegue Severino - ho partecipato a un convegno milanese dedicato a Franco Fornari, noto psicanalista di origini piacentine, morto vent'anni fa".
Un gradito ritorno anche per i piacentini, il suo. Ieri Moni Ovadia, che ha aperto il Viaggio Telecom, ha suggerito che il cibo può favorire l'integrazione tra i popoli. Qual è il suo punto di vista?
"Credo che l'integrazione tra i popoli sia un argomento importante, però non è il più importante perché se sfugge il concetto di integrazione si sfugge per aria. L'intenzione della mia conversazione ha avuto piuttosto l'intento di capire che cosa si muove nel sottosuolo fondamentale che sottiene a quei gesti elementari della vita: mangiare, bere, unirsi sessualmente, uccidere. Andando in questa direzione, si vede che i popoli sono integrati in quel sottosuolo che vuol dire che noi possiamo vivere diventando altro da ciò che noi siamo".
Oggi, in Occidente, il cibo è visto non solo come un business ma anche come causa di mortalità, quando è carente, o malattia, quando eccede.
"Oggi il cibo, in un processo di de-sacralizzazione, diventa nutrizione. Si sostituisce al mito passionale e religioso di un tempo il mito tecnico e scientifico".
La tecnica è un argomento sul quale, a pochi giorni dal referendum sulla procreazione assistita, lei è intervenuto più volte nei suoi articoli sulle pagine del Corriere della Sera.
"E' un argomento importante. In realtà, lo sviluppo della tecnica è una vecchia preoccupazione che risale a Goethe. Poi, con Heidegger e gli Heideggeriani, è cresciuta la paura che la scienza sterilizzi la vita e che la tecnica sia un pericolo per l'umanità. Io non condivido questa critica alla tecnica ma credo che la tecnica è in grado di resistere ad ogni critica".
Quindi, secondo lei c'è speranza per l'uomo nell'età della tecnica?
"Così come in passato c'era un rapporto tra l'agire umano e il sapere filosofico, che ne stabiliva i limiti, allo stesso modo, negli ultimi 200 anni e fino ad oggi, c'è un rapporto tra la tecnica e la filosofia. Se per tecnica s'intende consonanza tra apparato tecnologico e sapere filosofico, allora tutte le obiezioni vecchie e nobili del passato sono destinate a fallire. Questo non significa che la tecnica abbia l'ultima parola. Si tratta di imparare a convivere con questo suo potere straordinario, che ancora non conosciamo fino in fondo".

e. bag.

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