Sabato 26 Luglio 2003 - Libertà
Fo: monologhi sull'amor terreno
Intervista al premio Nobel, presente ieri a Vigoleno per le prove dei "Carmina Burana". Affini ai canti medievali. Un ricordo dell'amico Ciotti
L'anziano signore vestito di bianco, seduto nella platea sopraelevata montata davanti al Castello di Vigoleno, assiste in silenzio - alle prove dei Carmina Burana di Carl Orff trasformati da "cantata profana" da sala da concerti in un coloratissimo spettacolo teatrale. A prove terminate, il signore va a congratularsi con la regista Mietta Corli, unendo ai complimenti una proposta personale per "visualizzare" la selvaggia orgia ritmica di Veni, veni, venias: "Tutto molto bello - dice - Ma in quel pezzo quasi jazz non si potrebbe fare un po' di musical, così?".
E di colpo, come spiritato, il signore spalanca la bocca in un ghigno, rotea gli occhi azzurrissimi e si mette a ballare con frenesia insospettabile in un uomo della sua età. Il demone del teatro ha colpito di nuovo: tutti coloro che conoscono Dario Fo - è naturalmente di lui che si sta parlando - sono abituati a queste metamorfosi quasi sconvolgenti.
Il Premio Nobel per la letteratura più divertente del mondo sarà protagonista della prima metà del singolare "doppio spettacolo" che avrà luogo al Castello di Vigoleno domani alle 21.30 (con un'anteprima a inviti stasera e una replica martedì 29, sempre alla stessa ora) a conclusione della stagione estiva organizzata dalla Fondazione Arturo Toscanini con la Provincia, il Comune di Vernasca e la Fondazione di Piacenza e Vigevano. Nella prima parte, l'attore interpreterà due dei suoi monologhi più amati, presi ad altrettanti cavalli di battaglia del suo teatro: La parpaja topola (che, con Il tumulto di Bologna e La Madre, compone il trittico del Fabulazzo osceno) e Rosa fresca aulentissima (da Mistero buffo).
La seconda parte sarà invece occupata dai Carmina Burana nell'allestimento scenico di Corli, con Massimiliano Caldi a dirigere l'Orchestra Toscanini, il Coro del Cìrculo Portuense de Ópera e il Coro di Voci Bianche "Ars Canto Giuseppe Verdi".
Il nostro incontro con Fo comincia a cena e passa anche per un mesto ricordo dell'attore: quello dell'amico Sandro Ciotti, recentemente scomparso ("Povero Sandro - ha detto - Alla sua morte tutti hanno ricordato che aveva scritto Veronica con me ed Enzo Jannacci, ma non sapevano che era stato tra gli autori di una canzone di Enzo ben più famosa: Vengo anch'io - No, tu no").
C'è un legame tra i suoi monologhi e lo spettacolo musicale che seguirà?
"Direi di sì. "La parpaja topola", che elabora alcuni fabliaux medioevali francesi nel mio grammelot padano-arcaico e che fin dal titolo allude al sesso femminile, narra le comiche avventure di un giovane ingenuo cui la moglie, amante di un prete corrotto, fa credere sin dalla prima notte di aver dimenticato il proprio sesso in una casa lontana: ci saranno molte peripezie, ma l'amore vincerà. E "Rosa fresca", classico della letteratura del Duecento attribuito al poeta siciliano Cielo d'Alcamo, è un altro componimento intriso di doppi sensi sessuali di cui la critica desanctisiana e crociana ha fatto l'impossibile per negare l'origine popolare e non colta. In comune coi "Carmina Burana" questi testi hanno la visione di un Medio Evo carnale e terreno, che canta l'amore fisico e non solo quello spirituale".
Sarà uno spettacolo isolato oppure lei è in tournée?
"Non è il mio unico spettacolo di questa estate: a Siena, pochi giorni fa, ho fatto "Il Santo Jullare Franzesco". Comunque non sono in tournée".
Qualche mese fa lei annunciò uno spettacolo nuovo, basato sugli scontri tra un Berlusconi raffigurato come un nanerottolo e il suo Angelo Custode. Il lavoro procede?
"Sì. Pur non avendo ancora un titolo, in un certo senso ha perfino debuttato, perché ho tenuto una pubblica lettura di alcuni passi. Ma per le scene è ancora presto: quel che mi ha bloccato è l'oggettiva difficoltà di rincorrere Berlusconi in tutte le cose pazzesche o ridicole che fa. Siamo davanti a un personaggio che, tanto per usare una citazione dotta, "fa rapina d'ogni legge", garantendosi l'impunità penale, controllando l'accesso ai mezzi di comunicazione, accrescendo il suo potere politico ed economico con ogni mezzo".
Il giurista Franco Cordero, che per descrivere Berlusconi non manca di immagini inventive, lo ha paragonato una volta a Bonifacio VIII. Lei, che in teatro ha li interpretati entrambi, vede qualche analogia tra i due personaggi?
"Sul piano teatrale, non saprei. Su quello storico no, per il semplice fatto che Bonifacio era maggiore. A modo suo, aveva una grandezza di cui Berlusconi mi pare sprovvisto".
Quale sarebbe la prima cosa che farebbe se fosse presidente del Consiglio?
La risposta arriva con una grande sghignazzata: "Mi dimetterei dopo dieci minuti".
Una collega a un certo punto chiede: "Chi è la sua donna ideale?".
E la risposta è quella che tutti si aspettano: "Per il momento, è sempre mia moglie Franca Rame".
Oliviero Marchesi