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Venerdì 25 Luglio 2003 - Libertà

La regista Corli: "Per i Carmina un allestimento a sorpresa"

Vigoleno - Il direttore Caldi: uno dei più grandi attacchi della storia della musica

"Cantiones profanae cantoribus et choris cantandae cominatibus instrumentis atque imaginibus magicis". Ovvero, "Canti profani per solisti e coro con accompagnamento di strumenti e immagini magiche". Fin da questa epigrafe, apposta dall'autore alla partitura, i Carmina Burana di Carl Orff - che musicano i versi di alcuni dei canti goliardici medioevali latini e altotedeschi custoditi - sembrano dichiarare quel carattere enigmatico che costituisce ancora oggi una delle ragioni del loro irresistibile fascino.
Domenica alle 21.30, con un'eccezionale "introduzione" affidata a Dario Fo alle prese con due suoi celebri monologhi (La parpaja topola e Rosa fresca aulentissima), i Carmina Burana chiuderanno la stagione musicale organizzata al castello di Vigoleno dalla Fondazione Arturo Toscanini con la collaborazione di Provincia, Comune di Vernasca, Fondazione di Piacenza e Vigevano e Cariparma & Piacenza. Questo doppio spettacolo (che avrà un'anteprima a inviti domani sera e sarà replicato martedì 29 alle 21.30) presenta un tratto di notevole originalità: non offrirà una convenzionale esecuzione dei Carmina in forma di concerto, ma una versione scenica affidata alla regista-scenografamilanese Mietta Corli (che ha preso alla lettera l'indicazione orffiana circa le "immagini magiche"), che ha già debuttato in primavera con enorme successo al Teatro Coliseu di Ópera, in Portogallo. Coprodotta dalla Fondazione Toscanini col Cìrculo Portuense de Ópera, questa esecuzione "in forma scenica" dei Carmina vedrà il direttore Massimiliano Caldi alla guida dell'Orchestra della Fondazione Toscanini, con la partecipazione del soprano Danielle de Niese, del baritono Gabriele Viviani e del tenore Massimiliano Barbolini, oltre che del Coro del Cìrculo Portuense (diretto da Palmira Troufa e Cristovao Luis) e del Coro di Voci Bianche Ars Canto Giuseppe Verdi. I Carmina Burana sono oggetto di giudizi contrapposti: capolavoro di Kitsch o classico del Novecento? "Classico del Novecento, non ci sono dubbi", risponde il maestro Caldi, giovane e brillante direttoremilanese "in carriera" (è stato - nel '91, a 24 anni - il più giovane debuttante a salire sul podio della Sala Verdi di Milano e nel '99 ha vinto il primo premio al concorso internazionale "Fitelberg" di Katowice).
"Nei Carmina Burana - continua Caldi - l'enfasi sul ritmo, sugli effetti percussivi ottenuti anche grazie alle minute prescrizioni per ottenere dagli archi un suono "cattivo", sui "colori" dell'orchestra, crea un'atmosfera musicale incredibilmente moderna, che anticipa Bernstein. Ma il capolavoro di questa partitura "dantesca" è all'inizio: uno dei più grandi attacchi della storia della musica, paragonabile per la sua forza a quello della Quinta di Beethoven. In questa edizione guido un'orchestra di 70-75 elementi, costituita in gran parte da allievi del corso per professori d'orchestra: il prodigio è che sono bravissimi, del tutto all'altezza dei più navigati professionisti".
Già nota al pubblico di Vigoleno per le regie "multimediali" di Trovatore (2001) e Tosca (2002) e qui assistita da Andrea Graf, Mietta Corli non vuole scoprire troppo le carte di un allestimento (forte anche delle coreografie di Marcelo Ferreiram e delle luci di Marco Filibeck) che annuncia come "una sorpresa".
"Oltre agli 80 cantori - si limita ad anticipare - saranno in scena 20 danzatori e 8 figuranti. Le azioni sceniche delle figure umane saranno integrate da proiezioni di immagini della più varia estrazione, da Simone Martini a Gustave Doré. Mi affascina il simbolismo esoterico, ermetico dei Carmina, in cui le immagini sembrano scaturire dalla stessa forza delle parole ma in cui le parole celano spesso significati oscuri. I colori alchemici del nero, del bianco e del rosso dominano la mia messinscena, che ha tratto ispirazione dal nesso - suggerito dallo stesso Orff - fra questa cantata e un barocco "theatrum emblematicum": un teatro di simboli".

Oliviero Marchesi

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