Martedì 19 Agosto 2003 - Libertà
A lezione con un fantasista spazzino e il buffo contenitore
Teatro e natura - Chiuso il festival al Monte Moria con Arcelloni e i suoi "Rifiuti a manovella". Arturo, il sacco amico dei bambini
C'era una volta un bambino, felice e contento, a spasso nel bosco più bosco dei boschi. Nel verde, però, si nasconde uno strano mostro, tutto nero, con due grandi occhi cerchiati bianchi e candide mani, nella vita di tutti i giorni un semplice sacco della spazzatura. Eppure insieme a lui, il piccolo vivrà una straordinaria e magica avventura. Rifiuti a manovella, la favola a lieto fine di Arturo Polimero, ha concluso l'altra sera al Parco del Monte Moria la prima edizione del festival internazionale Teatro e Natura, organizzato dall'associazione culturale PKD (Piacenza Kultur Dom) con il sostegno del Consorzio per la tutela e la valorizzazione del Parco provinciale del Monte Moria, la Comunità Montana delle Valli del Nure e dell'Arda, il Comune di Morfasso, la Regione Emilia Romagna e la Provincia di Piacenza.
Quattro spettacoli per raccontare e far riflettere sui temi dell'ambiente e dello sviluppo sostenibile. Per il commiato, così come per l'esordio, sono stati i rifiuti a salire alla ribalta. In scena, Filippo Arcelloni, anche autore e regista di Rifiuti a manovella, nonché fondatore dell'associazione PKD e artefice della rassegna nel Parco morfassino. Un'idea che si è riconfermata felice anche l'altra sera: parlare di insoliti incontri lungo fatati sentieri silvestri diventa un'esperienza ben più interessante, quando si sta seduti al centro di un prato, circondati dal silenzio di vasti boschi.
La vicenda di Arturo Polimero, così si chiama il sacco nero dell'immondizia, casualmente conosciuto dal bambino (Filippo Arcelloni), si sviluppa a partire da tre parole, sul cui significato Arcelloni si sofferma nel prologo. Una è "spazzino", la cui etimologia - racconta Arcelloni - deriverebbe dal latino "fare spazio, ripulire un angolo di spazio". E ricorda il suo proposito infantile di intraprendere quel mestiere, che richiede "pazienza e fantasia". L'altro vocabolo è "rifiuti", per il quale Arcelloni suggerisce l'etimologia latina, con il significato di "rifiutare ciò che non mi serve più e dunque non è più mio". In un anno, quest'operazione dà origine a ben 350 chilogrammi di rifiuti a testa. Il terzo termine, tutto "nuovo", frutto di "una lingua non ancora masticata" è invece "riciclaggio", all'insegna del motto "Tutto si trasforma e tutto si ricicla".
Un concetto poco digeribile per Arturo Polimero, nato sacco della spazzatura indifferenziata, abituato a trangugiare rifiuti di tutti i tipi. Da un giorno all'altro, si trova a dover condividere i suoi lauti "pasti" con tre fratellini: i sacchetti per la plastica, il vetro e la carta. Dopo un po', stravolto e affamato, Arturo impazzisce e fa strage dei consanguinei. Scoperto, si rifugia nel bosco dove incontra il bambino. Grazie a lui, Arturo potrà essere ripulito dalle scorie che ancora lo "inquinavano" e, dopo aver risposto esattamente all'indovinello del Totem del Riciclaggio (un buffo parallelepipedo giallo con grandi orecchie a sventola), imparare la semplice regola che "la carta va con la carta, il vetro con il vetro, la plastica con la plastica", cioè le basi della corretta raccolta differenziata. I due si salutano tra gli applausi del pubblico, mentre i bambini presenti salgono sul palco e si accalcano incuriositi per un incontro ravvicinato con il simpatico Arturo Polimero.
Anna Anselmi