Giovedì 30 Ottobre 2003 - Libertà
Mosconi, pittore senza rimedio
Inquiete stelle. Nelle sale di Palazzo Gotico alla vigilia dell'inaugurazione dell'antologica. Tutto è ormai quasi pronto: ad accogliere i visitatori una foto dell'artista bello e magnetico. 84 opere e un video che accompagna la mostra
Gli 84 dipinti sono tutti appesi alle pareti. Le didascalie ci sono quasi tutte. La fotografia dell'artista omaggiato, bello e magnetico come un attore (ma con una mortale ritrosia negli occhi che un attore non avrebbe mai) è già stata predisposta per accogliere i visitatori futuri. Nelle sale di Palazzo Gotico è ormai quasi
tutto pronto per "Inquiete Stelle. Ludovico Mosconi
1948 - 1986", la mostra su Ludovico Mosconi organizzata dall'assessorato a cultura e turismo del Comune con la Fondazione di Piacenza e Vigevano che sarà inaugurata domani pomeriggio alle 16.30 e resterà aperta fino a domenica 18 gennaio.
La più grande mostra (insieme con "Viaggio nel cuore della pittura", l'imponente esposizione curata da Renato Barilli e allestita nell'inverno 1984-85 al Castello Sforzesco di Milano) mai dedicata a questo magico pittore piacentino, scomparso a soli 59 anni nel maggio 1987 nel suo appartamentomilanese. Il primo vero omaggio che la città di Piacenza abbia dedicato a uno dei suoi maggiori artisti del secondo Novecento giunge ampiamente postumo, a 16 anni dalla morte: e sembra anche che questo progetto, come altri tentativi precedenti, abbia incontrato tenaci resistenze in diversi ambienti cittadini, poco in sintonia con la personalità tagliente di un artista e un uomo che non conobbe compromessi. In queste tele selezionate dal criticomilanese Luigi Cavallo, curatore di "Inquiete Stelle", c'è tutta la parabola di Mosconi. Lo stile alternativamente figurativo e informale ma già personalissimo degli anni '50 (col ricorrente tema dei giunchi e delle canne), che aveva le sue ascendenze nella formazione che Mosconi aveva ricevuto alla Grande Chaumière di Parigi (dove aveva scoperto Picasso, ma soprattutto Matisse e Braque) come pure nei ricordi di un amatoriale apprendistato piacentino (la frequentazione di Ricchetti, lo studio delle opere della Ricci Oddi), e che spinse il critico Franco Russoli a parlare di "un accordo sottile e difficile tra spunto naturalistico e fantasia formale".
Ci sono i grandi temi ciclici che si impongono negli anni '60, come quello degli omaggi a Proust, coi loro fitti tessuti di segni. Ci sono le variazioni (Barilli avrebbe sottolineato la natura "musicale" dell'arte del Nostro) sui classici: vedi il ciclo del "Sogno di Sant'Orsola" ispirato al Carpaccio, il cui elaborato gusto scenografico (che spinse molti ad accostare Mosconi a Savinio) deriva dall'incontro più importante per gli anni giovanili del pittore: quello con Alberto Aspetti, uno degli ultimi epigoni della grande scuola dei decoratori piacentini. Ci sono i suoi celebri "cuori". C'è l'imprevedibile evoluzione degli anni '70. C'è il conturbante ciclo sulla parola "morire". C'è la matura vocazione paesaggistica, coi "Deserti" nati dopo un viaggio in Sahara e, all'opposto, l'espolosione di vivi colori acrilici del "Mare di Salugropi".
Mosconi godette della stima di scrittori eccelsi come Giovanni Arpino e Dino Buzzati, che di lui scrisse negli anni '70: "Trent'anni fa sarebbe stato definito poeta ermetico. Oggi, l'ermetismo essendo stato ormai digerito, semplicemente poeta". Una frase bellissima: ma al metaforico appellativo di "poeta", Mosconi (formidabile caso di vocazione artistica fiorita in ambiente proletario e resistente a ogni frustrazione: figlio di un ferroviere del quartiere popolare di Sant'Agnese, marinava la scuola di avviamento professionale per seguire le lezioni d'arte all'Istituto Gazzola; e quando finalmente disse ai genitori che voleva fare il pittore, la madre andò in lacrime dal parroco mentre il padre, fraintendendo, lo mandò a fare pratica da un imbianchino) preferì sempre, con fierezza, quello materialissimo di "pittore". "Pittore senza rimedio" era la sua autodefinizione preferita. E' anche il titolo del documentario del regista piacentino Roberto Dassoni che, grazie a una video-installazione, sarà parte integrante di "Inquiete Stelle".
OLIVIERO MARCHESI