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Giovedì 27 Novembre 2003 - Libertà

Il mito Kennedy rimasto intatto dopo quarant'anni

Testimoni del tempo - Alla Fondazione serata speciale dedicata al presidente ucciso a Dallas

"John Fitzgerald Kennedy e l'idea di America: società, potere, immagine", questo il titolo della serata speciale di "Testimoni del tempo" che si è svolta martedì sera per commemorare JFK a 40 anni dalla sua morte.
All'incontro, organizzato dal Comune e dalla Provincia di Piacenza con la collaborazione della Fondazione di Piacenza e Vigevano, erano presenti l'assessore ai servizi cuturali del Comune di Piacenza Stefano Pareti e l'assessore ai rapporti con i cittadini della Provincia di Piacenza Alberto Fermi e i docenti universitari Paolo Pullega, Guido Martinotti e Valtz Mannucci, ovvero "tre autorevoli conoscitori della società americana", come li ha definiti il critico Eugenio Gazzola aprendo la serata.
Prima dei tre ospiti, sono intervenuti i due assessori Fermi e Pareti. Il primo ha inquadrato la figura dell'uomo John Fitzgerald Kennedy e del presidente americano, mentre il secondo ha parlato di Kennedy nella propria percezione, quella di un giovane che faceva politica negli anni della sua presidenza.
"Il 3 agosto 1937 - ha esordito Fermi - due ragazzi americani in viaggio per l'Europa si fermarono a dormire una notte a Piacenza". Ventisei anni dopo, uno di loro, il 35° presidente degli Stati Uniti, venne ucciso da tre colpi di fucile a Dallas. Da qui, dalle scene di quell'assassinio che sconvolse il mondo, Fermi ha raccontato la vita di Kennedy e la nascita del suo mito. Un mito che oggi, a 40 anni dalla sua morte, viene in parte rivisto e corretto, ma che, ha concluso Fermi, rimane di grande fascino per quanto riguarda i valori di democrazia e libertà da lui portati avanti.
Anche Stefano Pareti è partito nel suo intervento da una data precisa: il 26 settembre 1960, giorno del dibattito televisivo tra Kennedy e Nixon, "durante il quale - ha ricordato Pareti - cominciammo a guardare con interesse alle idee di quell'uomo nuovo. Il programma della Nuova Frontiera, la lotta per l'emancipazione razziale, la fermezza nella questione dei missili a Cuba - ha spiegato Pareti - erano tutte istanze con cui colmava i vuoti della società di allora, seguendo le aspirazioni della gioventù. L'obiettivo di Kennedy - ha concluso l'assessore - era combattere la tirannide, la miseria, la malattia e la guerra. Per averli combattuti è morto, perché purtroppo il mondo è pieno di amici della tirannide, della miseria, della malattia e della guerra".
Non di John Fitzgerald Kennedy, invece, ha parlato Paolo Pullega, docente di estetica all'Università di Ferrara e Bologna, ma della sua rappresentazione. E ha cominciato analizzando la fotografia che campeggiava dietro al tavolo dei relatori. "La fotografia di un uomo giovane, sorridente, che segna una grande rottura con il passato, fatto di presidenti ritratti come figure scure, vestite di nero, che sembrano ancora più anziani di quello che sono". E'un'icona, ha detto Pullega, ovvero "una rappresentazione dietro la quale abbiamo la percezione di sapere tutto di colui che è rappresentato". Il problema però, ha precisato, è questo: "Siamo certi che la persona che vi sta dietro sia proprio come ciò che rappresenta"?. La risposta è no: Kennedy, ha detto Pullega, è stato la persona giusta al momento giusto, un momento in cui avevamo bisogno di credere in un uomo che incarnasse certi valori, avevamo bisogno di un mito, e ce lo siamo creati.
Dopo Pullega ha preso la parola Guido Martinotti, docente di sociologia urbana all'Università di Milano Bicocca, che ha analizzato la figura del presidente Kennedy nella società americana, spiegando, in particolare, che fu il primo presidente a circondarsi di uno staff di grandissimo livello, la "Camelot, il castello magico fatto di amici intellettuali, persone ricche e aperte che parlavano di cose buone. L'America di Kennedy - ha detto Martinotti - era l'America di nuove aspirazioni e prospettive. Oggi l'America è molto cambiata, ha perso queste grandi speranze e, per chi ha vissuto quegli anni, è decisamente deludente".
E a proposito di delusioni, grandi sono state quelle vissute a proposito del "mito Kennedy" dalla professoressa Valtz Mannucci, docente di storia degli Stati Uniti d'America all'Università Statale di Milano, il cui intervento è stato praticamente una demitizzazione di JFK. "Il presidente americano incarna la coscienza della nazione - ha detto la Mannucci - è una sorta di faccia umana per la bandiera". Kennedy fu il primo ad avere dei "gestori dell'immagine", ma dietro il lavoro di questi esperti, ha concluso la relatrice, dietro la teatralità di quei suoi gesti che hanno contribuito a renderlo un mito, Kennedy è stato un uomo e un politico ben al di sotto di quello che ha rappresentato.

CATERINA CARAVAGGI

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