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Mercoledì 26 Novembre 2003 - Libertà

Quella "Manon" necessaria

Tampa lirica - Bel concerto-conferenza per il ciclo su Puccini in Fondazione. L'analisi di Bussi, bravi Orlova e Montanari

Giacomo Puccini e la giovane scuola l'altra sera al secondo appuntamento, all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, a cura della Tampa Lirica. Francesco Bussi, noto musicologo e critico, ha reso con abbondanza di dettagli il clima in cui il giovane Puccini venne a trovarsi al suo terzo appuntamento con il melodramma. Dopo Le Villi e Edgar, opere di alterne fortune, l'idea di confrontarsi con il testo di Francis Prevost, ma ancor più con il successo indiscusso di Massenet, parve piuttosto azzardata. "Confronto alla partenza impari - ha evidenziato il relatore - se si tien conto che Massenet sentiva il soggetto da francese, vivendo quello spirito parigino che farà dire a Poulenc nel 1963: "Manon è necessaria al cielo di Parigi come la torre Eiffel"". Puccini non ascoltò giustamente ragioni, forte di soluzioni musicali che gli premevano. Tormentatissima la gestazione del libretto che vide alternarsi, ha ricordato Bussi, prosatori e poeti: da Leoncavallo a Praga a Giacosa, chiamato dall'editore Ricordi, a Ricordi stesso, per arrivare all'arquatese Luigi Illica.
La predilezione del compositore per le vicende con già una consolidata espressione letteraria conferma l'esigenza di poter musicare su un testo poetico forte, di sicura tenuta. La vicenda di Manon, ovvero la "Storia del cavaliere Des Grieux", parte del corposo Memorie e avventure di un uomo di qualità, collima con una propensione all'inquietudine e alI'avventura che fu certamente caratteristica dell'abate benedettino piuttosto indisciplinato, accusato di collaborazioni a pubblicazioni scandalose, e fornì un soggetto particolarmente congeniale al compositore Puccini per grazia e seduzione.
Puccini vi colse l'ardore della donna dibattuta fra amore e fasto, abbandonata alla passione di chi le può garantire la ricchezza e il lusso, ma pronta a correre l'avventura amorosa. De Maupassant ebbe una felicissima e sintetica definizione di tal donna, ha ricordato Bussi. "Sincera nell'inganno e franca nell'infamia". Puccini viveva in quegli anni di fine Ottocento la Scapigliatura milanese accanto a Praga e Boito, allievo di Ponchielli. Veniva da un'esperienza familiare, ha ricordato il relatore, tutta di segno femminile. Orfano di padre era vissuto con madre e sorelle (una di queste prenderà il velo) in un clima "languoroso senza pietà", in cui si instaura, per riscatto al vittimismo, un accento di sadismo.
Manon fornisce al giovane compositore quanto basta di erotismo, sfinimento morboso, per innescare la ricchezza di soluzioni musicali.
Puccini fa sua la drammaturgia per farne musica. Affrontando al pianoforte i vari passaggi, Bussi ha messo in bella evidenza la capacità di Puccini, sostenuta da idee chiare, determinata da freddo e sapiente calcolo, oltre l'inventiva per certo rivoluzionaria rispetto aIl'andazzo, del "canto di conversazione". Non il frammentato fraseggio recitato, ma un dispiego di arie, una dopo l'altra che ha il suo massimo esempio nel primo atto di Bohème. Con una tavolozza minima Puccini innesca il "colpo di fulmine", Donna non vidi mai simile a questa!, abile a riprendere riminiscenze rossiniane da un esercizio di scuola (1883).
A Parigi (2° atto) nel salotto elegantissimo di Geronte, Manon si guarda intorno e si rattrista per il "silenzio gelido mortal.. un freddo che m'agghiaccia". Ed ecco, a rompere l'atmosfera cupa, l'ingresso dei musicisti per il "madrigale", pura invenzione drammaturgica e musicale. Qui Francesco Bussi ha ricordato l'abilità di Puccini nel ricupero dalla "messa di gloria" (1880) per una felice soluzione profana. (Una giovanissima Fiorenza Cossotto primeggió nella parte).
Nell'alternarsi dei momenti, verso il dramma, Puccini fa sua anche la lezione wagneriana dell'esasperato cromatismo (intermezzo). Terzo atto, atmosfera cupa ( Bussi ne ha colto gli accenti del Tabarro, con l'insistenza del motivo ripetuto tre volte), con una sapiente pausa recata dal "lampionaio", figura di contorno particolarmente cara al compositore e resa con cura "maniacale". Atto monolitico il quarto, un duetto di congedo in un'atmosfera di "scoramento esistenziale". Puccini abilmente riprende il tema di Manon del primo atto. Ricco di sottolineature e di ricordi personali (gli interventi di Toscanini alla Scala, l'interpretazione ineguagliata di Gigli), il racconto di Francesco Bussi ha trovato nell'interpretazione di Olga Orlova e Stefano Montanari conferma di fiammeggiante passione. In ordine Donna non vidi mai, In quelle trini morbide, poi in duetto Tu amore tu, ancora Montanari in Pazzo son e Orlova in Sola perduta e abbandonata.
Molti applausi per tutti.

Gian Carlo Andreoli

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