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Mercoledì 31 Dicembre 2003 - Libertà

Tesoro d'arte in dono alla Curia piacentina

Un benefattore non piacentino ha destinato un lascito di quattrocento lavori dei massimi autori italiani del '900. La nostra città scelta per un "corpus" di opere da Sironi a Boccioni

Il lascito - che avrebbe il valore di diversi miliardi di vecchie lire - è stato citato durante la permanenza piacentina del ministro Giuliano Urbani, nel corso di un incontro a porte chiuse

Un dono grande fatto alla Curia piacentina potrebbe cambiare il destino cultural-turistico di Piacenza. Si è avuta notizia che uno sconosciuto benefattore non piacentino, vivente, ha disposto un lascito clamoroso di opere d'arte, più di quattrocento, alla Chiesa locale. Si tratterebbe di una prestigiosa collezione di autori italiani del Novecento, e si fanno tra gli altri i nomi di Sironi, di Boccioni e De Chirico. E per quanto la vicenda sia avvolta nei colori scuri della riservatezza, qualcosa è trapelato già a margine della visita del ministro Giuliano Urbani (Beni Culturali).
E proprio durante la permanenza piacentina di Urbani, un mese fa, nel corso di un incontro a porte chiuse con esponenti del mondo istituzionale e culturale piacentino a Palazzo Farnese, la famosa donazione è stata citata: per l'alto valore, per l'eccezionalità del lascito prospettato e naturalmente per gli obblighi legati alla valorizzazione di un simile patrimonio d'arte, stimato in diversi miliardi di vecchie lire.
Poi è sceso il silenzio. Chi sa, tace. "Abbottonato" è mons. Domenico Ponzini, lungimirante responsabile dei beni culturali diocesani, che insieme al vescovo Luciano Monari è sicuramente il più informato. Ma gli Uffici della Curia, a domanda precisa, non smentiscono, anche se le prospettive - si lascia intendere - sono tutte da costruire. Pare che il donatore abbia scelto Piacenza in virtù di legami e relazioni personali, ma avrebbe posto forti e del resto comprensibili "paletti" ad un simile passaggio di beni. Facile intuire che una delle condizioni sia quella di costruire una cornice adeguata a queste opere d'arte, quindi di risolvere al meglio il "nodo" della collocazione museale.
E proprio durante la visita di Urbani, che fece tappa anche al Collegio Alberoni, si sarebbe ventilata la possibilità di una valorizzazione della splendida raccolta alberoniana in cui primeggia l'Ecce Homo di Antonello da Messina unitamente a quella privata di cui si va discutendo. E da tempo il Collegio Alberoni punta al recupero del cosiddetto "edificio portici" sulla via Emilia. Abbiamo chiesto alla presidente del Collegio, Anna Braghieri, se si è già avviato un confronto su questo progetto espositivo unitario. "Ho sentito della donazione, ma per ora non è stata avanzata alcuna valutazione in merito" è lo stringato commento.
Peraltro, pare che la Curia - chiusa nel massimo riserbo - sia in attesa di sapere dalla Cei (Conferenza Episcopale Italiana), come vuole la prassi, se potrà accettare il prezioso dono. E c'è il capitolo "Soprintendenza" da affrontare.
Resta intatta la curiosità per l'ignoto mecenate, i motivi che lo spingono e il perché della scelta della Curia piacentina. Comunque sia, se il progetto andrà in porto, come ci si augura, Piacenza avrà un impareggiabile "asso nella manica" da giocare sul piano della promozione turistico-culturale. La nostra città, con la Galleria d'Arte moderna Ricci Oddi rinnovata e ampliata (grazie anche alle sede-bis acquisita dalla Fondazione in via Santa Franca) e questa prestigiosa collezione può diventare una piccola capitale d'arte, armonizzando proposte diverse ma complementari. Senza rivalità, si spera.

Patrizia Soffientini

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