Fondazione di Piacenza e Vigevano Stampa
  Rassegna Stampa
spazio
  Comunicati Stampa
spazio
  Eventi Auditorium Piacenza
spazio
  Eventi Auditorium Vigevano
spazio
  Comunicazione
spazio

 
Home Page     Rassegna Stampa   


Mercoledì 3 Dicembre 2003 - Libertà

"Puccini e la giovane scuola" a cura della Tampa

Successo in Fondazione per il terzo incontro sull'operista. Cataldo: quel finale postumo di "Turandot" firmato da tre geni

Quel che successe alla prima esecuzione di "Turandot" (nel 1926, alla Scala e con Arturo Toscanini) è noto. "Turandot" era l'ultimo lavoro di Giacomo Puccini, l'ultimo re dell'opera italiana. La partitura, in cui l'autore aveva risposto le sue più alte aspirazioni artistiche, era incompiuta: morto nel 1924, era arrivato a musicare il libretto solo fino alla "Morte di Liù", a metà dell'ultimo atto. Toscanini incaricò il compositore Franco Alfano (le cui successive opere liriche come "Resurrezione" e "Sakuntala", retrospettivamente, ne fanno l'ultimo grande epigono della Giovane Scuola) di stendere un finale. Alfano lo fece, lavorando su appunti e indicazioni dello stesso Puccini. Ma la reazione del "committente" Toscanini fu per lui una doccia fredda.
Alla citata prima scaligera, dopo la "Morte di Liù", il grande direttore posò la bacchetta sul leggio, si volse verso il pubblico e disse: "Qui il maestro è morto". Quindi uscì. Questa è la storia del primo dei "tre finali" di "Turandot" cui l'illustre compositore concittadino Glauco Cataldo ha dedicato l'altra sera un'avvincente - e in molti tratti illuminante - dissertazione nell'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, chiudendo il ciclo di conferenze della Tampa Lirica Giacomo Puccini e la Giovane Scuola. Cataldo ha evidenziato con forza (accompagnando il suo discorso con eloquenti esempi eseguiti al pianoforte) un elemento che distinse Puccini dagli altri maggiori operisti post-verdiani: "Puccini
- ha detto - era molto più aggiornato di Mascagni, Leoncavallo, Giordano: conosceva e ammirava non solo Debussy, ma persino Schönberg. Dopo che Puccini ha passato la vita a maneggiare la tavolozza armonica con eccezionale sensibilità drammatica, il suo estremo capolavoro "Turandot" recepisce in
pieno la dissoluzione dell'armonia tradizionale".
Secondo Cataldo, la moderna educazione continentale (su classica base napoletana) di Alfano fornì a quest'ultimo gli strumenti per sviluppare al meglio questa dimensione della scrittura pucciniana ("Le idee sono di Puccini, Alfano vi mise solo la sua scienza", afferma Cataldo).
L'onnipotente Toscanini - direttore d'orchestra inarrivabile, ma ascoltatore retrogrado - non avrebbe però gradito le audaci novità di questa scrittura, costringendo Alfano a riscrivere il suo lavoro: questo "secondo finale" è quello di uso corrente in pressoché tutte le Turandot che ciascuno di noi ha visto in teatro o ascoltato in disco.
E il "terzo finale"? E'quello approntato dal compianto Luciano Berio, il più noto musicista "colto" italiano degli ultimi decenni, per il Festival di Salisburgo del 2002. Qui Cataldo ha parole severe; ma, più che severità, è la franchezza che si potrebbe avere con un vecchio e stimato amico: "Berio e io fummo compagni di studi - dice - avrei preferito discutere di questo con lui quando era vivo, che parlarne in pubblico ora che è morto. Ma considero il suo finale di
"Turandot" niente più che un'abile operazione commerciale, promossa da Casa Ricordi per tornare a possedere i diritti d'autore su una delle opere più eseguite al mondo".
Il crudo giudizio diventa purtroppo credibile all'ascolto della registrazione "live" del finale di Berio: musica "piaciona" e fasulla, a tratti apertamente Kitsch, come non ce la si sarebbe mai aspettata dal maestro di Oneglia".
Secondo Cataldo, il "finale perfetto" non sarebbe, gira gira, che il primo di Alfano. E la provvidenziale, rara registrazione del "primo finale" eseguito a Glasgow nel 1989 (nonostante uno spiritello maligno - o lo spettro di Toscanini? - abbia seriamente disturbato l'amplificazione) sembra dargli ragione.

Oliviero Marchesi

Torna all'elenco | Versione stampabile

spazio
spazio spazio spazio
spazio spazio spazio