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Domenica 25 Aprile 2004 - Libertà

Testimoni diretti, voci più giovani e canzoni d'epoca la veglia dei poeti

Rievocata con le poesie l'appassionata partecipazione collettiva alla Liberazione. Versi per trattenere la memoria. La maratona iniziata al "Filo" e conclusa alla Volta del vescovo

Con "La veglia dei poeti", al teatro dei Filodrammatici, organizzata dall'assessorato alla cultura del Comune di Piacenza in collaborazione con l'associazione Coming out e il contributo di Fondazione di Piacenza e Vigevano, si è dato inizio ieri alla celebrazione del 25 Aprile, festa della Liberazione. Nel saluto augurale, l'assessore Stefano Pareti ha sottolineato il momento di "veglia" come condivisione di quei giorni di appassionata partecipazione collettiva. La poesia trattiene la memoria - ha ribadito l'assessore - e pronto gli ha fatto eco Ferdinando Cogni con i versi del poema "I nos cavaj". Aldo Acerbi si è incaricato di presentare prima i testimoni diretti dell'evento 25 Aprile 1945, Ferdinando Cogni e Franco Loi. Come più volte raccontato, il poeta Cogni scrisse in sestine, in piacentino per la prima volta, un canto che gli venne d'impeto alla notizia della restituzione dei Cavalli del Mochi alla piazza centrale della città. I monumenti bronzei erano stati prudentemente nascosti per proteggerli dalla violenza della guerra. Pur tra tanta miseria e distruzioni, che il popolo piacentino si preoccupasse dei suoi monumenti, dell'arte, fu per il poeta segno evidente d'una volontà di rinascita forte, esaltante. La poesia ripercorre quei momenti, il giorno di festa e la speranza. Anche Franco Loi, poeta milanese, visse quei giorni e i successivi, e ne ha dato testimonianza ampia in più lavori: "Strolegh" e " L'Angel". Milano, ha ricordato Loi, semidistrutta dai bombardamenti ritrovava uno slancio straordinario e il poeta ne colse il segno nel desiderio di musica diffusa per le strade e in tutto quel ballare che si faceva, come una frenesia di vita ritrovata nella nuova primavera. Alberto Bellocchio, (1938), appartiene anagraficamente alla generazione che la guerra ha subito, impotente. E' poeta d'impegno civile, d'una stagione successiva di lotte operaie, con i romanzi in versi: "Le Sirene Operaie" e "La banda dei revisionisti". L'esperienza nel sindacato gli consente di affrontare la "storia minore", senza Eroi, delle migliaia di "tute blu" impegnate a fondare un rapporto di lavoro e non solo di lavoro, dignitoso, civile. Ricorrono nomi d'imprese piacentine anche, e di personaggi anonimi che pure hanno contribuito, "invocando l'era della benevolenza e spendendo moneta di saggezza e d'ironia", a rendere migliori le condizioni di vita per tutti. Duccio Demetrio, docente all'Università Bicocca di Milano, è protagonista con Saverio Tutino di una singolare iniziativa, la Libera Università dell'Autobiografia ad Anghiari. L'intento pedagogico "resistenziale" è di conservare la memoria come scrittura di sé, occasione di educazione alla vita, colta nelle esperienze più disagiate. Con il contributo di Fabio Milana, "Com'è possibile una poesia civile", Aldo Acerbi ha poi presentato Tiziano Rossi, milanese, autore di "Il Cominciamondo" e "Gente di Corsa"; Gianni d'Elia, più giovane, da Pesaro, impegnato ne "Il congedo dela vecchia Olivetti" e Antonella Nedda, romana, con il suo ultimo lavoro "Il catalogo della gioia". Maddalena Scagnelli (voce) e Roberto Marcotti (chitarra), hanno proposto suggestive canzoni d'epoca.

GIAN CARLO ANDREOLI

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