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Sabato 17 Aprile 2004 - Libertà

"Il romanzo, una dimensione diversa"

L'inizio del romanzo - Tiziano Scarpa, ultimo ospite delle conferenze alla biblioteca Passerini Landi. Lo scrittore parla del suo ultimo romanzo, che si può aprire ad una pagina qualsiasi. Le prime righe non sono particolarmente importanti

Si è conclusa ieri sera, nel Salone Monumentale della Biblioteca comunale, la rassegna "L'inizio del Romanzo", organizzata dalla biblioteca Passerini Landi in collaborazione con il Comune di Piacenza e la Fondazione di Piacenza e Vigevano, una serie di incontri letterari con scrittori e poeti venuti a Piacenza per parlare di cosa significhi per loro l'incipit nella narrazione.
Ultimo ospite della rassegna è stato Tiziano Scarpa, scrittore veneziano ancora catalogato (con suo disappunto) tra i "giovani" (classe 1963), che dopo aver scritto per diversi anni di critica letteraria, nel 1996 ha esordito nella narrativa con il romanzo "Occhi sulla graticola", seguito poi da una raccolta di racconti ("Amore") e da altri due romanzi ("Cosa voglio da te" e "Kamikaze d'occidente").
Cosa pensa dunque Tiziano Scarpa dell'inizio del romanzo? "Per me le prime righe di un romanzo non rivestono un'importanza particolare - ha detto lo scrittore -, perché un romanzo è come una città, e in città si può entrare da varie parti: da nord, da sud... l'importante è sentire che sei entrato in un altro mondo, in una dimensione diversa". A questo proposito, Scarpa ha spiegato che secondo lui inizi deflagranti, funebri, come per esempio quello di "Un cuore così bianco" di Javier Marías, in cui si racconta di una sposa che si suicida nel giorno del suo matrimonio, sono come ipoteche che danno subito un tono grave a tutto il libro, avvertendo il lettore che questo tono non cambierà fino alla fine della narrazione. "Questi inizi presuppongono una forte stilizzazione del mondo - ha detto Scarpa - come se stessimo vedendo un film tutto in color seppia, e questo a mio parere è poco romanzesco, perché il romanzo è totale: nel romanzo può succedere di tutto, vi si può trovare il funerale e la barzelletta, le cialtronerie e i trattatelli filosofici, vi si usano tutti i timbri musicali e tutti i colori della tavolozza, per cui l'inizio non è meno importante di un qualsiasi altro punto della narrazione. A conferma di questa convinzione di Scarpa, in una recensione al suo ultimo romanzo, "Kamikaze d'occidente", si dice che questo libro si può indifferentemente aprire a pagina 137, leggere fino a pagina 140, poi saltare a pagina 285, poi tornare indietro da pagina 30 a 32 oppure si può leggere normalmente da pagina 7 a pagina 309. "In questo ultimo caso, però - ha avvisato ieri l'autore - tenetevi forte, perché l'inizio è un vero e proprio fuoco di sbarramento: venti pagine di sesso crudo, che scoraggerebbero qualunque persona sana di mente". Perché? "Da una parte perché - ha spiegato scherzosamente Scarpa - darwinisticamente volevo che restassero solo i lettori miei fratelli e mie sorelle, perché non mi interessa portarmi dietro tutti, ma soprattutto perché si tratta di un libro che racconta quello che mi è successo in due, tre mesi della mia vita nel 2001, è un tentativo di rappresentare la vita in scala 1:1, di fare qualcosa che verso la vita avesse meno filtri possibili, in quello che i francesi chiamano "autofinzione"".
Così Scarpa per un anno ha tenuto un diario e poi ha riscritto tutto, rielaborando quello che gli è successo e creando un'opera in cui, una volta tanto, a dispetto di quelle "deprimenti estetiche novecentesche" che dicono che tra il lettore e l'autore di un libro ci sono diversi schermi che fanno sì che il lettore non arrivi mai neanche a sfiorare l'autore reale leggendo il suo riflesso letterario, una volta tanto qui il lettore potrà "toccare", leggendolo, il vero, reale, Tiziano Scarpa, ridendo insieme a lui, commuovendosi con lui e vivendo la sua passione.

CATERINA CARAVAGGI

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