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Sabato 7 Maggio 2005 - Libertà

Dal dolore la forza di ricominciare grazie alla fede

Il libro di Mauro Molinaroli

In sessantatre pagine grondanti emozione pura e palpabile l'autore ricostruisce la sua vita: momenti dolorosi ma anche molti gioiosi.
Un'affollata platea ha assistito l'altra sera alla presentazione del nuovo libro di Mauro Molinaroli, intitolato "Lettera a un vescovo su mia madre" (Berti editrice). Il testo, uno scritto di poco più di sessanta pagine, è stato presentato dall'autore stesso e da una serie di invitati illustri: innanzitutto l'editore (l'assessore Paolo Dosi) e a seguire il sindaco Roberto Reggi e l'ex primo cittadino di Piacenza, l'avvocato Gianguido Guidotti; presente inoltre anche l'interlocutore dichiarato della "lettera" di Molinaroli: il vescovo di Piacenza, monsignor Luciano Monari.
Come inequivocabilmente tradisce il titolo, ad essere trascritta sulle pagine di "Lettera a un vescovo su mia madre" è una missiva indirizzata dall'autore appunto al vescovo Monari, all'indomani della morte della madre, gravemente malata. Nell'arco di sessantatre pagine grondanti emozione pura e palpabile, Molinaroli ricostruisce la sua vita, individuando nella tragica morte del padre e nella successiva perdita della madre due coordinate di svolta all'interno della propria esistenza. Tra i versanti opposti di questi due poli mortiferi si dipanano però mille memorie dolci e serene di altrettanti momenti gioiosi che la vita ha riservato all'autore, ed è del resto una nota piena di fede e speranza a fare da congedo al testo. Vita e morte, sofferenza e gioia costituiscono la materia prima del libro; ma sorge una domanda - che è stata poi anche quella dell'editore Dosi all'indomani della prima lettura della lettera -: perché rendere pubblici fatti così intimi della vita privata del protagonista? Al proposito risuona chiara ed inequivocabile la risposta di Molinaroli: "Non c'è un perché; solo ho pensato fosse giusto così. Ho provato la sofferenza e, nel buio, ho riscoperto la fede. Mi ha ridato speranza e voglia di vivere. Ed è questa svolta della mia vita, questo percorso di crescita che mi sento di condividere con gli altri".
Se il filo rosso del testo è infatti la sofferenza straziante di un figlio che (a che età poco importa) perde la madre, altro leit motiv della narrazione è la presa di coscienza della non sterilità di questo dolore, e anzi la rinascita ad esso seguente, raggiunta proprio a mezzo della fede e della religione. Ecco il perché del vescovo come interlocutore elettivo del testo; ed ecco il perché di frasi come "Io ho avuto una formazione laica e ora rimpiango di non aver coltivato autori cattolici". Del resto, come ha ricordato Monari, non sono gli autori a determinare la cattolicità di un individuo, ma la fede, il sentire. E da questo punto di vista, Molinaroli già attinge quella vicinanza a Dio che sembra ricercare.
A colpire, nel testo, come il vescovo ha giustamente intuito, è senza dubbio "il grande pudore e al contempo la schietta voglia di scrivere" che anima ogni singola pagina. Pertanto, se la qualità strettamente letteraria non pare sempre altissima, il livello generale di lettura si mantiene discretamente alto. A destare l'interesse del lettore non è tanto la più o meno riuscita qualità stilistica dunque, ma il sentimento, il senso di vita vissuta, la sincera emozione che animano ogni paragrafo, riga, parola.

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