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Venerdì 9 Aprile 2004 - Libertà

Quell'Aquilone di Pascoli che scuote l'animo

Bella performance dell'attrice Cornalba in Santa Margherita con intervento di Frontini

C'è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d'antico: io vivo altrove, e sento / che sono intorno nate le viole.
La terzina iniziale de "L'aquilone" di Giovanni Pascoli, delicata celebrazione della fanciullezza ormai lontana, ha racchiuso il filo conduttore della serata dedicata al poeta romagnolo, ospitata alla Fondazione di Piacenza e Vigevano. Protagonista l'attrice Isabella Cattano Cornalba, che ha ideato ed interpretato un racconto scenico, il cui testo nasceva da una consequenziale concatenazione tra poesie e prose del Pascoli, con l'aggiunta di ricordi della sorella Mariù. Sulla parete di fondo dell'Auditorium Santa Margherita era appeso l'aquilone, una delle "molte bianche ali sospese" tornate alla mente del poeta, in una tersa giornata primaverile a Messina, dove era stato nominato docente di letteratura latina all'università.
Il Pascoli si riferiva però alla collina urbinate e agli anni sereni trascorsi in Collegio, prima della disgrazia che lo segnerà per sempre: l'omicidio del padre, seguito da altri dolorosi lutti familiari. Isabella Cattano si è presentata al pubblico (molto numeroso ed attento) in un lungo abito nero, che la faceva assomigliare a Mariù, la severa sorella di Giovannino ritratta in alcune fotografie. In mano l'attrice reggeva un cesto di frutta, emblema di quelle "poesie nate quasi tutte in campagna", composte da un colto professore universitario che si compiaceva di essere definito "poeta contadino". Sul tavolo, una tovaglia bianca sulla quale erano disseminati con ordine mazzetti di viole e, in un angolo, due bambole, quelle che papà Ruggero, intendente della tenuta La Torre dei principi Torlonia, avrebbe voluto portare in dono alle sue bambine. Lo ascoltiamo in "X agosto", festa di San Lorenzo e giorno dell'assassinio, rimasto senza un colpevole. Giovanni aveva allora undici anni e mezzo e tornerà in più occasioni a quel tragico evento, nella commovente "La cavallina storna", ma anche nelle prefazioni alle Myricae del 1892 e del 1894, ai Canti di Castelvecchio del 1903. Il sentimento della morte resterà motivo ricorrente della sua produzione, nel dialogo sommesso e continuo con chi non c'è più. L'attrice non si è affidata solo ai versi: per raccontare il mondo tardo ottocentesco di Giovanni Pascoli ha chiamato a raccolta vecchi oggetti. Il dondolio di una culla in legno, sottofondo al canto delle rime di "Orfano", tradotte in una familiare ninna nanna. La seduta presso l'arcolaio, rievocazione di quel passato di affetti, semplicità, piccole cose, sul quale si era soffermato Fausto Frontini, organizzatore della serata, nel suo intervento introduttivo.
"Se rileggere le poesie di Pascoli per molti di noi - aveva spiegato - significa riannodare il presente agli studi scolastici negli anni della preadolescenza, oggi equivale anche a sfidare il mondo dell'uomo tecnologico, nella sua brama di controllare tutto, confondendo spesso l'essere con l'apparire". Per Frontini, "ascoltare Pascoli è accostarsi alla parte più vulnerabile dell'uomo, che rischia di rimanere soffocata ed esclusa". Il linguaggio della poesia rimane "un antidoto contro la prosopopea e l'arroganza". In chiusura, Frontini ha accennato ad altre letture possibili dell'opera pascoliana, la cui sensibilità interpreta angosce e paure che sono anche quelle del nostro tempo. "La poesia - ha concluso - rimane fondamento del vivere e dell'essere su questa terra".

ANNA ANSELMI

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