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Sabato 28 Febbraio 2004 - Libertà

Velocista o maratoneta? Lo sa il Dna

All'auditorium S. Margherita lo studio sull'influenza genetica negli atleti

"Il campione è quello che ha saputo scegliersi i genitori". Un'affermazione dal determinismo quasi paradossale, ma nella quale - ha spiegato ieri all'auditorium Santa Margherita la giornalista scientifica Barbara Paltrinieri - c'è qualcosa di vero. L'incontro conclusivo del ciclo di conferenze organizzato dal liceo della comunicazione "San Benedetto", in collaborazione con la Fondazione, si è mosso tra scienza e sport, tra ricerche ancora in corso di biologia molecolare e record sportivi consegnati ormai alla storia (alle Olimpiadi di Roma, il tedesco Armin Hary, dul podio dei 500 metri grazie alla sua eccezionale velocità di riflessi oppure i record di un "purosangue della velocità" come Livio Berruti).
Ad introdurre la conferenza, don Luciano Ravetti, presidente dell'istituto San Benedetto, e la docente Luisa Follini. La relatrice, modenese, laureata in astronomia e collaboratrice di varie testate, è partita dalla tesi di fondo della predisposizione sportiva già scritta nei geni: "Il Dna ci dice che alcune persone riusciranno con estrema facilità in uno sport di resistenza, anziché di velocità". Sul futuro di sprinter o maratoneti giocherebbe un ruolo dunque il corredo ereditario. Le miofibrille del tessuto muscolare sono infatti costituite da due proteine, miosina ed actina, alla base del funzionamento del muscolo: "Nell'uomo finora sono stati identificati tre tipi di miosina, la I o lenta, la II X o veloce e la II detta anche intermedia". Le fibre II X, che rispetto a quelle I si accorciano a una velocità 10 volte superiore, sviluppano una potenza 10 volte più grande e consumano 4 volte più energia, sono quelle che favoriscono le prestazioni negli sport di velocità.
Paltrinieri ha spiegato come nei grandi maratoneti la percentuale di fibre I raggiunga il 95 per cento, mentre la prevalenza di fibre I equivalga a migliori prestazioni nello sprint. "Un centometrista - ha affermato - nasce centometrista perché, alla luce degli ultimi studi, l'allenamento non porta a un significativo spostamento della composizione di tipo cellulare II X". La giornalista ha comunque sottolineato come un atleta sia frutto non solo di doti naturali, ma anche di pazienza, coraggio, dedizione e passione. Inoltre, non è ancora del tutto noto il funzionamento della "macchina" umana. La biologia molecolare sta aprendo prospettive concrete per la cura di malattie, ma si agitano contemporaneamente i timori di una nuova era del doping, alimentata dalle applicazioni della ricerca genetica.

Anna Anselmi

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