Venerdì 27 Febbraio 2004 - Libertà
Scrivo per denunciare ciò che non va
Testimoni del tempo - Ieri sera in Fondazione folto pubblico per l'incontro con la scrittrice. Dacia Maraini - Il mestiere di romanziere: "I personaggi bussano alla porta della mia fantasia". "Ho cominciato in forza di un'eredità familiare"
Il freddo e il cattivo tempo non hanno impedito la riuscita della ripresa di "Testimoni del Tempo", la serie di incontri organizzata dall'assessorato alla cultura del Comune di Piacenza con la collaborazione della Fondazione di Piacenza e Vigevano.
Tantissime le persone all'auditorium di via Sant'Eufemia venute ad ascoltare Dacia Maraini, la "Signora della letteratura italiana", come l'ha definita Eugenio Gazzola, curatore della manifestazione, presentandola al pubblico.
Intervistata da Roberta Fantinato, insegnante di letteratura italiana al Liceo "Melchiorre Gioia", Dacia Maraini ha così raccontato con la grazia e l'eleganza che contraddistinguono la sua prosa, le proprie esperienze, dirette e indirette, che ha poi riportato nei suoi libri.
A cominciare dal suo approccio alla scrittura, che - ha detto - è avvenuto quasi in forza di un'eredità famigliare. Il padre, Fosco Maraini, è infatti, oltre che un famoso etnologo e fotografo, un grande scrittore, e scrittrici erano anche la nonna e la bisnonna paterna di Dacia. "Nell'immediato dopoguerra - ha raccontato la Maraini - quando tornammo in Italia dal Giappone eravamo poverissimi. Mancavamo di tutto, dai vestiti, alle scarpe, al cibo. L'unica ricchezza che avevamo in casa erano i libri, tantissimi libri, di cui mi sono nutrita fin da bambina".
E di libri Dacia ne ha poi scritti tanti anche lei: romanzi, racconti, testi teatrali e poesie. "Il mio genere prediletto rimane comunque il romanzo - ha però precisato -. Mi considero infatti una raccontatrice di storie, mi piace ascoltare le storie e poi raccontarle". E a raccontare le storie alla Maraini sono direttamente i suoi personaggi: "I miei romanzi nascono sempre da un personaggio che viene a bussare alla mia porta - ha detto la scrittrice -: gli offro un caffè, lui si mette a raccontarmi la sua storia e poi se ne va. Quando invece non se ne va, quando pretende di fermarsi a cena, poi mi chiede un letto per dormire e poi, la mattina dopo, pretende di fare colazione, quando cioè sento che quel personaggio si è "accasato" nella mia testa, allora capisco che è arrivato il momento di scrivere un romanzo".
Così è capitato, per esempio, con Marianna Ucrìa, la protagonista del suo romanzo più famoso. "Il personaggio di Marianna mi aveva seguito dalla Sicilia, dove vidi un suo ritratto nella villa dei miei nonni a Bagheria, e pretendeva di essere raccontato. Io opponevo una certa resistenza, perché scrivere quella storia avrebbe comportato lunghi anni di ricerche per conoscere nei dettagli come si svolgeva la vita quotidiana nel '700 in Sicilia, ma Marianna ha insistito tanto che alla fine mi sono arresa".
Ma Marianna è solo uno dei tanti personaggi femminili creati dalla penna della Maraini, che da sempre descrive nei suoi libri l'universo femminile, raccontando storie di donne, spesso vittime di violenze e di soprusi, in un cammino che sta portando, lentamente, verso la loro emancipazione. Viviamo in un mondo in cui alberga tanta violenza, tanta infelicità e tanto malessere, un mondo in cui si è perso il senso della sacralità dell'essere umano - ha detto, con un velo di tristezza e di indignazione nei grandi occhi azzurri, la scrittrice - Anche se io personalmente sono stata fortunata, ho visto tragedie compiersi vicino a me. E dato che quando si scrive non si può parlare solo di sé, ho cercato di raccontare nei miei libri quelle tragedie, quello che succede intorno a me".
"Lo scrittore ha un compito critico - ha concluso la Maraini - si sofferma su ciò che non funziona, per denunciarlo e per combatterlo. In questo senso penso di essere un testimone del mio tempo: per denunciare quello che non va nella nostra realtà".
CATERINA CARAVAGGI