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Venerdì 6 Marzo 2015 - Libertà

Nietzsche, pensiero nomade e fecondo

Per "Lezioni letture" una giornata di studi dedicata al filosofo tedesco

piacenza - E se l'oltre uomo di Nietzsche fosse un essere capace di accoglienza, ospitale, non bellicoso, in grado di non aggrapparsi a nessuna identità; in grado di riconoscersi sempre straniero, persino a se stesso? E' una delle proposte interpretative emerse dall'intensa giornata di studi su Nietzsche proposta nell'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano per il ciclo "Lezioni Letture", organizzata dai professori liceali Daniele Bonelli, Attilio Finetti e Franco Toscani, che hanno introdotto i relatori, i docenti universitari Federico Vercellone, Giorgio Brianese e Domenico Losurdo.
Titolo dell'evento: "Nietzsche. Lo scriba del caos", in omaggio a Feruccio Masini, traduttore del filosofo tedesco. Il quale, come evidenziato da Toscani in apertura, ha un pensiero nomade, aforistico e frammentario e sfugge a ogni definizione assoluta, senza tuttavia cadere nel relativismo soggettivistico.
Per dirla con il prof. Brianese: «Il pensiero per mantenersi tale ha bisogno di movimento, di un sovrappiù di forza muscolare. E' un oltrepassamento interminabile dei luoghi comuni, di se stesso. Nietzsche si pone al di là delle pretese stesse della filosofia, dell'episteme come sapere incontrovertibile. In Così parlò Zarathustra, scrive: "La vita mi ha confidato un segreto: Io sono il continuo, necessario, superamento di me stessa"».
Il docente, rifacendosi alla metafora del viaggio, cita passi de La gaia scienza: "Non mi costruirei mai una casa ed è parte della mia gioia non avere una casa. Niente ripari, niente false certezze. Ma un camminare, in bilico tra l'essere e il niente". «Il viandante - spiega Brianese - non ha navigatori né guide turistiche, il viandante assaggia, annusa l'aria. E diventa ciò che è. Questo il fascino dell'impresa filosofica ed esistenziale: inventare una via che sia la propria, non mettersi su quelle fatte da altri. Un peregrinare inesauribile».
Parole che dette a una platea di studenti suonano come esortazione alla vita, rovesciando il "memento mori". «Ricordati di vivere! Non guardare altrove, non aspettare domani, ma afferra l'istante (carpe diem). Non rimanere aggrappato alla tua identità, riconosciti straniero».
Di energia e arte dionisiaca parla il prof. Vercellone, rifacendosi all'opera giovanile La nascita della tragedia e lo spirito della musica e spiegando come in Nietzsche si rintracci la «necessità di una giustificazione estetica dell'esistenza» che lo avvicina alla sensibilità del Romanticismo. Qualche suggestione offerta dal docente: la predilezione di Nietzsche per la plasticità della parola viva, rispetto alla fissità della parola scritta. L'attenzione per il dionisiaco che abita nel teatro tragico, quello di Eschilo e Sofocle, prima che arrivasse l'intellettualismo etico attribuito da Nietzsche a Socrate. L'amore per la musica, pura estensione della volontà di vivere. Vercellone interpreta la volontà di potenza non già come una sopraffazione (come vollero le manipolazioni naziste del pensiero nietzschiano) ma come energia da cui scaturisce la forma: «Nietzsche è l'ultimo figlio dell'età di Goethe che guarda alla natura come incessante produzione di forme. Un potenziale poietico e simbolico che affiora nell'arte». Nietzsche era un viandante, ma anche un veggente. Perché il suo progetto è di una forte critica sociale, che riavvicina l'uomo alla natura e al suo sistema simbolico».
Losurdo, nel pomeriggio, ha indagato le interpretazioni politiche, anche di segno opposto, che sono state offerte di Nietzsche. E ancora una volta invita a leggere e mantenere tutta la contradditorietà del suo pensiero. Un pensiero nomade. E ancora fecondo.

Donata Meneghelli

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