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Giovedì 12 Marzo 2015 - Libertà

«La tv massacra l'immaginazione»

Stefano Benni ha parlato agli studenti del "lavoro della scrittura"

piacenza - «Il mondo del Bar Sport non esiste più. Esiste talvolta un'Italia a cui piace trovarsi insieme a raccontare storie. Ma il mondo della narrazione orale rappresentato da quel libro è finito». Parola di Stefano Benni. Lui, il padre del Bar Sport e del Bar sotto il mare resi celebri da due conosciutissimi romanzi, lo scrittore rivelato grazie all'intuizione editoriale della piacentina Grazia Cherchi, a Piacenza è tornato ieri mattina: lo ha fatto in occasione della rassegna Lezioni Letture che si è focalizzata su "Il lavoro della scrittura" e che, all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, ha visto intervenire appunto Benni e l'illustratore Luca Ralli.
Argomento del dibattito è stato "Testo e immagini" e ha offerto agli studenti delle scuole superiori piacentine la possibilità di confrontarsi con una coppia di professionisti che singolarmente e assieme hanno dato vita a delle opere conosciute e interessanti.
«In Italia la tv è servita a massacrare l'immaginazione», ha spiegato Benni durante l'incontro che è stato coordinato dalla docente Antonella Tampellini. «Per questo il mondo della narrazione orale raccontata anche da Bar Sport non esiste più. Certo resta un'Italia in cui talvolta ci si ritrova assieme a raccontare storie: però l'immaginazione è stata massacrata. Ed è un peccato perché l'immaginazione è un dono che tutti possediamo: a un certo punto però qualcuno cerca di farcela perdere anche se senza immaginazione molte cose, come la scienza ad esempio, non vanno avanti. Per questo non credo che sia necessario stimolare l'immaginazione con alcol o droghe: questa è un'idea che viene dall'ambiente americano della beat generation, ma io da ubriaco non ho mai scritto niente di buono. Al massimo cantavo e anche molto male. La mia immaginazione l'ho coltivata fin da piccolo parlando con gli animali, facendo delle lunghe conversazioni da solo: è il modo giusto insieme a quello di leggere o fare lunghe camminate al buio. E' l'immaginazione infatti a provocare la vera paura: la porta chiusa fa paura, non tanto il mostro che ci sta dietro».
Il compito di chi scrive o di chi disegna allora, in questi termini, è presto detto: «Il rischio costante di scrittori e illustratori è di svelare il mostro dietro la porta, bruciare l'equilibrio della tensione data dall'immaginazione», ha spiegato Ralli. «Per rovinare un libro ci vuole un attimo». Per crearlo invece ci vuole più tempo: «Io sono uno che riscrive molto, ma per me è una buona cosa perché significa essere esigenti: Andrea Pazienza era uno che invece non correggeva mai i suoi disegni, ma una volta io ricordo di avergli visto fare 50 facce di lupi prima di arrivare al risultato», ha spiegato Benni. «Avere l'idea è abbastanza facile, tutti ci svegliamo e abbiamo un capolavoro in testa: è più difficile sviluppare il progetto, per me diventa un'ossessione perché scrivere mi emoziona ancora, ma poi c'è anche la paura, l'agitazione, l'ansia. Faccio l'amore con le parole ma arrivo al punto in cui devo smettere: quel punto lì è arrivato con l'ultimo libro quando mio figlio, dopo l'ennesima notte di scrittura accompagnata dalla musica, mi ha detto: "Papà, hai rotto il c... zo". Lì ho capito che era ora di mettere la parola fine».
«Anche io entro abbastanza dentro i miei lavori» ha continuato Ralli. «Mi piace l'idea materica del disegnare, la matita che gratta sul foglio, la superficie ruvida della carta: mi piace il momento della creazione artistica». «E' anche il momento in cui si affronta la propria verità - ha chiosato Benni - dietro la scrittura non ci si nasconde».

Betty Paraboschi

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