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Giovedì 5 Marzo 2015 - Libertà

Fondazione "grandi mostre"
Debutto con sculture e Bot

Il presidente Toscani: si è ripartiti bene. A Piacenza più di 5 milioni

di PATRIZIA SOFFIENTINI
Anche di sabato, anche di domenica. A testa bassa sulle carte.
Il consiglio d'amministrazione della Fondazione di Piacenza e Vigevano ha consacrato non pochi week end (oltre al resto della settimana) per rimettere l'istituto sui binari. Un lavoraccio, si sente dire. A cinque mesi dall'insediamento del nuovo presidente e dopo dieci mesi di battaglie per quest'ambita poltrona, abbiamo intervistato il notaio Massimo Toscani.
Ci dica subito, viene tanta gente a chiedere, presidente?
«Sì, vengono in tanti. Ci hanno presentato centocinquanta progetti, estremamente eterogenei».
E quel complesso lavoro di regolazione delle procedure che molti vi chiedevano? A che punto siete?
«In silenzio e con poca visibilità, abbiamo fatto molto. Si trattava di ricostruire una Fondazione rimasta ferma a lungo e con difficoltà operative, di garantire la ripartenza e di ricostruire un'immagine. A mi avviso, questi primi cinque mesi sono andati molto bene».
L'immagine si era guastata.
«Probabilmente sì, guastata verso l'esterno. Abbiamo cercato di capire quanto si andava ad amministrare e ne abbiamo riferito in audizioni in Comune e Camera di Commercio. Il quadro del patrimonio ora è chiarissimo, monitorato settimana per settimana. Il patrimonio si attesta sui 350 milioni di euro. Nel frattempo c'erano risposte da dare al ministero, si è lavorato anche su questo. Inoltre si doveva favorire la ripartenza della Fondazione su basi solide, cercando di superare le incomprensioni emerse».
Un'ampia fetta del consiglio generale a 25 membri inizialmente non l'ha votata. E ora come vanno i rapporti? C'è il disgelo?
«Guardi, nel corso della mia elezione ho avuto quattordici voti, con voti contro e astenuti, alla nomina del cda abbiamo avuto tredici voti, il resto tutti astenuti. Ora posso dire con piacere che abbiamo fatto due riunioni successive del consiglio generale, una per approvare il documento programmatico previsionale su come distribuiremo i fondi e l'altro sul Codice etico e altri documenti fondamentali per organizzare la struttura: i consiglieri hanno votato all'unanimità, facendo tante domande, con grande partecipazione. Mi sembra che ci sia stato il superamento di incomprensioni, che si stia lavorando tutti per il bene della Fondazione, in un bel clima».
Che documenti avete votato, può dirci meglio?
«Abbiamo pensato di dover dotare la Fondazione di una struttura e di una regolamentazione stabile, il nostro mandato durerà ancora due anni, abbiamo fatto in modo che la Fondazione dopo di noi possa funzionare e che non siano necessari altri ordinamenti. Inoltre, si sono rinnovati alcuni organi. E' stato selezionato, fra i sedici che si sono proposti, un nuovo advisor, Deloitte Financial Advisory. Abbiamo un nuovo consulente fiscale in Pricewaterhouse Coopers e una nuova società di revisione, Kpmg, una delle cosiddette Big Four. Sono soggetti ai massimi livelli, fuori da qualsiasi logica locale per dare alla Fondazione una struttura totalmente trasparente. In Comune ci avevano chiesto di approvare il Codice etico e il modello organizzativo interno. C'era già una bozza del Codice predisposta dallo Studio Portale, sulla quale abbiamo lavorato modificandola secondo le nostre esigenze. Il Codice è un insieme di doveri e di responsabilità etico-sociali».
E sul funzionamento interno, che passi state facendo?
«E' stato approvato il modello organizzativo in base al decreto legislativo 231 sulla responsabilità penale degli enti, in modo che l'ente non abbia responsabilità penale in proprio. E' molto importante per limitare i rischi. Con procedure molto trasparenti che reggono l'esercizio delle attività della Fondazione si evitano incidenti di percorso. Abbiamo poi il regolamento delle attività istituzionali e si sono istituite cinque commissioni consultive, non è stato semplice tutto questo».
Sul fronte "investimenti", quali novità? E' è ancora aperta la causa con Prometeia per l'acquisto dei Fresh Monte Paschi?
«E' noto che abbiamo venduto la partecipazione in Monte Parma per 28,5 milioni, poi si è chiuso il Forward Unicredit, abbiamo sottoscritto per 25 milioni un'obbligazione solidale con Cariparma e stipulato investimenti a capitale garantito, privi di rischio e con possibilità di riscatto anticipata, abbiamo stipulato polizze di capitalizzazione della durata massima di cinque anni e quindi abbiamo sempre una liquidità che può essere ripristinata. Si sono diminuiti i costi di gestione. La causa con Prometeia (in gioco 13 milioni, nda) che abbiamo ereditato si chiuderà a maggio, vedremo. Si è cercato di fare pulizia nel bilancio e si sono fatti dei risparmi, il sottoscritto si è più che dimezzato i compensi, come il cda e anche il consiglio generale si è autoridotto».
Avete un meccanismo di vigilanza?
«Sì, sia il Codice etico che il modello 231 prevedono la nomina di un organismo di vigilanza. E' composto da tre membri, il vigevanese avvocato Roberto Zanellati e due piacentini, il presidente dell'ordine dei commercialisti Carleugenio Lopedote e il presidente Mauro Paladini, ex magistrato, docente universitario. Ci era stato chiesto che la presidenza fosse affidata a un ex magistrato».
Passiamo alle erogazioni, 5,250 milioni. Quale "bussola" utilizzerete?
«Non ci sostituiamo ad enti preposti ai finanziamenti, né copriamo spese correnti di un ente o di un soggetto beneficiario. La Fondazione ha attività sussidiaria, non sostituiva, attuiamo dei cofinanziamenti su attività che abbiano raccolto consensi e abbiano una progettualità ben definita, non generica. Chi presenta un progetto usa un modulo molto chiaro, il progetto viene esaminato da una delle commissioni che abbiamo istituito su welfare, arte e cultura, istruzione e ricerca scientifica, impieghi delle risorse, più la commissione sulla attività di Vigevano. C'è un'istruttoria e un parere, in ciascuna commissione un membro del cda funge da trait d'union con il cda, il presidente presenta i progetti scelti con una sua relazione, il consiglio li rivaluta. La decisione è del cda, ma il lavoro delle commissioni è importantissimo, entusiasmante. Il presidente comunica al soggetto interessato che il progetto è stato approvato, il soggetto deve poi esibire i documenti giustificativi per dimostrare che il progetto è stato eseguito e con quale spesa, la rendicontazioni viene verificata dal direttore e dal vice e il pagamento viene effettuato a firme congiunte dal presidente e da uno dei vicepresidenti, per evitare qualsiasi ipotetica iniziativa non condivisa».
Una procedura molto codificata, quasi "ministeriale", mi permetta.
«Tra le novità, abbiamo deciso anche tre periodi per evitare che la Fondazione esaurisca presto i propri fondi, come è successo in altri momenti: si possono presentare richieste entro la fine di marzo con risposte entro maggio, entro fine giugno con risposte a settembre, entro fine ottobre con risposte a novembre. Così, se arriva un progetto buonissimo a fine anno, i fondi ci sono».
Renderete pubblico l'elenco delle erogazioni e dei fornitori?
«Le erogazioni sono già su Internet, non l'elenco di quelle rifiutate, per non pregiudicare altri finanziamenti. Mettere l'elenco fornitori? Non è un problema, ci siamo dati la regola che per qualsiasi appalto o spesa da affrontare occorrono almeno tre preventivi su cui decidere, non sarebbe obbligatorio, ma si fa così».
Altre novità in vista, eventi speciali?
«Oltre a collaborare con altri soggetti e altri enti, ci sono iniziative proprie promosse dalla Fondazione e poi contributi su domanda. Tre filoni. Sulle iniziative nostre abbiamo già lavorato. Invece di contribuire a costi altrui, pensiamo di gestire direttamente con risparmio di costi. Ne abbiamo due in campo su arte e cultura, una a brevissimo termine (oggi stesso è prevista una conferenza stampa, nda), si tratta di una mostra d'arte contemporanea C. Ar. D. in città
Percorsi d'arte tra passato e presente, si snoda nel tessuto storico della città, con dodici installazioni di scultori italiani e stranieri contemporanei in luoghi molto significativi, nei cortili di palazzi antichi, come il nostro. Si metterà in evidenza la bellezza dei palazzi concentrati in centro, una situazione unica in Emilia Romagna. Un nome fra tanti? Ron Gilad, ha vissuto a New York e ora vive a Tel Aviv, porterà una scultura splendida in marmo. La manifestazione si tiene dal 14 maggio al 12 luglio, in pieno Expo. Poi abbiamo in progetto, che segue sempre Giorgio Milani (membro del cda, nda), un'importante mostra sul pittore Bot, amatissimo dai piacentini, per i centoventi anni dalla nascita, con centoventi opere. Il taglio mi ha entusiasmato, è totalmente innovativo, non il Bot del secondo Futurismo, più noto, ma l'artista anticipatore che ha, in certo modo, precorso la Pop Art usando materiali di scarto, poveri. Dovremmo essere pronti per settembre per essere presenti ancora su Expo. Vorremmo ogni anno fare un'iniziativa nostra che valorizzi gli autori del territorio e una di più ampio respiro».
A proposito di Expo, dove investirete i 500 mila euro messi a bilancio per i progetti?
«Come si è già detto, partecipiamo generosamente al restauro del Duomo (150 mila euro su tre anni, nda), non solo per l'ascensore panoramico ma per il Museo del Duomo, per il restauro della cattedrale e per riscoprire due percorsi che portano sotto la cupola del Guercino, sul 2016 pensiamo anche a una mostra. Su Expo la Fondazione non finanzia in via esclusiva dei progetti ma cofinanzia, ci sono il Vivaio Giovani, i Venerdì Piacentini, il documentario sulla filiera del pomodoro e il Festival sul pomodoro, che rientra nella nostra mission per l'aspetto scientifico e le iniziative per le famiglie. Investiamo sul percorso dei Castelli, su Africa Mission, diamo un contributo a un'iniziativa della Ricci Oddi, alla Half Marathon, a Terre Traverse in Valdarda e al Verdi Jazz, musica di Verdi messa in chiave jazz, molto interessante».
Ultimo capitolo, gli immobili: Santa Chiara, palazzo ex Enel? Come procedete?
«Su Santa Chiara liberata dal vincolo stiamo esaminando un'ipotesi di recupero parziale, ne sacrificheremmo una parte con cui finanziare il recupero ad uso pubblico, attraverso un concorso di idee da lanciare a fine anno. Serve un accordo con la Soprintendenza. Invece su Palazzo ex Enel, acquistato vent'anni fa, l'idea è mantenere la proprietà dell'immobile per farne una centro culturale, stiamo valutando. Il palazzo è strategico per la città, accantonata l'idea di annetterlo al Ricci Oddi, una possibilità era quella di alienarlo, ma si trova vicino al conservatorio Nicolini, alla Galleria Ricci Oddi, al Teatro, c'è una cittadella dell'arte in cui creare percorsi per tenere un turista a Piacenza, almeno per un giorno».

PATRIZIA SOFFIENTINI

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